Roma, 26 novembre 1941
L'aria autunnale pizzicava il volto di Luciana, quella mattina di fine novembre: il tempo era coperto, ma non pioveva; la Belmonte pensò che in quel momento, a San Felice Circeo ci sarebbe stato un uragano.
Bernardo le diceva che non aveva ancora tagliato il cordone ombelicale con il paese: era nato in città, non poteva capire fino in fondo quello che provavano lei, suo fratello e i suoi cugini; tuttavia lei lo perdonava. Lei gli perdonava sempre tutto.
Da quando l'aveva incontrato, un mese prima nelle segreterie della Sapienza, non aveva potuto fare a meno della sua presenza: prima di conoscerlo, non aveva mai dato troppo peso all'amore, almeno non a quello concepito dalle donne di provincia come sua madre e le sue zie, che vedevano gli uomini come partiti da accalappiare per sistemarsi; Bernardo non era propriamente ricco, ma altoborghese, nonché intelligente, ironico e sarcastico al punto giusto, secondo Luciana: sapeva bene che per gli ebrei non erano tempi facili, ma sembrava non pesargli, né lo faceva pesare agli altri.
Quel mattino, però, aveva una sorpresa per lei; le aveva dato appuntamento in un luogo speciale, un luogo considerato da tutta Italia il tempio della scienza: Via Panisperna.
Lì un gruppo di studiosi - fisici, chimici, matematici, ingegneri - riuniti attorno alla figura di Enrico Fermi, lavoravano giorno e notte sugli elementi e sulle componenti necessarie alla costruzione di materiale ad uso prevalentemente bellico, ma non certo al fine di compiacere il regime fascista; in particolare lavoravano alla bomba atomica, come tutti gli scienziati in Europa e in America.
Giada raccontava che anche Giovanni Medina, il suo fidanzato, lavorava alla bomba atomica, ma lo faceva all'università di Oxford.
Mentre si avvicinava alla destinazione, Luciana si chiese se avessero mai visto una donna di scienza, i "ragazzi di Via Panisperna": già avevano dovuto sopportare lo scandalo della scomparsa del siciliano e geniale Ettore Majorana, proprio tre anni prima; probabilmente un'ingegnere in gonnella li avrebbe stesi: ma Bernardo le aveva detto che né a lui né ai suoi colleghi piaceva la noia; sarebbe stata curiosa di vederlo interagire con sua madre.
<< Ingegner Belmonte, finalmente siete arrivata! >> la salutò il giovane Levi, appoggiato ad un muro all'inizio della via.
<< Non chiamarmi così, potrei crederci... >> rise la ragazza.
<< Sei la migliore studentessa che io abbia mai conosciuto, stai sempre sui libri. Se continui così, di lauree te ne prendi due... >> sottolineò il giovane, avvicinandosi.
I battiti del cuore di Luciana accelerarono.
<< Vogliamo andare? >> si ricompose subito.
<< Ovviamente >> dichiarò Bernardo, facendole strada.
Il dipartimento di Fisica di Via Panisperna era una sede distaccata della Sapienza, ma alla ragazza sembrò di respirare la stessa aria della Città Universitaria.
Ciò che vide all'interno fu un gruppo di persone - tutti maschi - in camice bianco, presi a lavorare tra i becker e i decanter, tra i microscopi e i guanti di lattice.
<< Buongiorno a tutti... >> salutò Bernardo.
Gli occhi dei presenti si concentrarono tutti su Luciana, che si sentì profondamente in imbarazzo.
<< Buongiorno, Bernardo. Chi è quest'incantevole fanciulla? >> esordì un uomo alto e vigoroso.
<< Lei è Luciana Belmonte, e studia Ingegneria Metallurgica >> spiegò Levi, mentre altri uomini si avvicinavano a loro.
<< Belmonte, come i Cantieri Navali Belmonte di San Felice Circeo? >> domandò uno di questi, con gli occhi neri e le sopracciglia folte.
<< Sì, esatto >> commentò la giovane, con la voce che le tremava.
<< Edoardo Amaldi, chimico. Non ho mai conosciuto una donna ingegnere metallurgico, sono onorato di avere a che fare con la prima >> le strinse la mano il primo che le era venuto incontro.
<< Bruno Pontecorvo, fisico >> fece il secondo.
<< Oscar D'Agostino, fisico >> si presentò un terzo.
<< Poi ovviamente ci sono Enrico Fermi ed Emilio Segre, ma se ne sono andati per "ovvi motivi". Ed Ettore Majorana, che se n'è andato per motivi un po' meno ovvi >> aggiunse Levi.
<< Era un genio, più bravo anche di Fermi >> affermò Amaldi.
<< Forse un po' lo invidiava. Ma lo stimava. Lo stimavano tutti. Chissà che cosa gli è successo... >> rifletté Pontecorvo.
<< Anche Giovanni Medina era bravo, ma se n'è andato. All'università di Oxford. Me l'ha detto Giada, la sua fidanzata >> spiegò Luciana, sempre con una punta d'imbarazzo, che però cominciava a svanire.
Non vedeva pregiudizio, negli occhi dei ragazzi di Via Panisperna, ma sincera curiosità.
<< È un uomo coraggioso. La signorina Spinelli dovrebbe esserne fiera >> dichiarò D'Agostino.
<< E anche l'uomo che vi amerà, signorina Belmonte. Perché non è da tutte le donne intraprendere una carriera così maledettamente solo in mano agli uomini. Ma credo che siate venuta qui a parlare di scienza. Giusto? >> le disse Amaldi.
La giovane Belmonte sorrise: l'imbarazzo era svanito, adesso si sentiva a casa.
<< Giusto >> rispose, convinta di essere capitata nel posto giusto.
E all'improvviso le parole di sua madre e delle sue zie sull'amore come mezzo esclusivo per sistemarsi le parve un mucchio di provinciali sciocchezze.
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Storia d'amore e di guerra - Il conflitto
Historical FictionSan Felice Circeo, 1941. Rinaldo Marini, rimasto orfano di padre, torna al paese e scopre che tra Giada ed Enrico c'è una forte intesa. Iris Cataldo, pentita per aver seguito Gianfranco Menotti a Roma, cerca di mettersi in contatto con Cesare Belmon...