Ritorno a casa

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San Felice Circeo, 5 novembre 1941

L'Ape con cui Rinaldo era tornato da Terracina a San Felice Circeo con le spoglie di suo padre sottobraccio si fermò nei pressi della piazza del paese: quando il ragazzo scese, si guardò intorno, constatando che fosse passata una vita invece che quasi un anno, da quando era partito per il fronte.
<< Arrivederci, signor Gavasso! >> disse, salutando il suo accompagnatore.
<< Arrivederci a voi, sior Marini. E condoglianze vivissime! >> rispose l'uomo, rimettendo in moto il suo mezzo e proseguendo per la sua strada.
Non appena rimase solo, respirò l'aria del paese, ripensando a tutti i momenti passati lì: il ricordo di Iris, partita per Roma con Gianfranco Menotti, era stato soppiantato da quello di Giada, che pretendeva da lui l'ultimo ballo, qualche giorno prima che il giovane andasse al fronte.
Girò la testa verso ovest, dove si trovava la collina in cima alla quale svettava la villa degli Spinelli; era tentato di correre fin lassù a salutare Giada, ma si disse che era più corretto andare da sua madre.
Passò come sempre accanto alla Taverna Filomusi, dove Elsa stava spazzando il pavimento antistante.
Sembrava non essere passato neanche un giorno, da quando l'aveva vista l'ultima volta spazzare per terra; in quel momento però correva da Iris, e la guerra ancora non riguardava l'Italia.
<< Certo che alcune cose non cambiano mai... >> affermò, per attirare la sua attenzione.
<< Rinaldo! Allora è vero che eri sulla strada del ritorno... >> replicò la Filomusi, correndogli incontro.
<< Te l'ha scritto tuo padre? >> domandò lui.
<< Maurizio. Mi parla sempre di te nelle sue lettere, oltre che di quanto ama Elena Belmonte >> raccontò lei.
<< Hai visto mia madre? >> chiese l'uno.
<< È una donna ammirevole. Si è rialzata in una maniera che molte altre se la sognano, qui. Penso che le farà molto piacere vederti >> commentò l'altra, riprendendo a spazzare.
Rinaldo la salutò e corse fino alla tipografia, dove sopra c'era casa Marini; trovò il pianoterra molto diverso da come se lo ricordava: vi erano delle tende a strisce verdi e bianche, alcuni tavoli con dei fiori di lillà dove sedevano alcune persone, e due giovani donne dal volto familiare servivano vassoi pieni di pietanze.
Il giovane stentò a riconoscere il luogo dov'era nato e cresciuto, ed entrò a chiedere spiegazioni.
<< Rinaldo! >> esclamò una delle due. Era Claudia Tagliaferri, una ex collega di Iris al forno.
<< Claudia, che ci fai qui? >> domandò Rinaldo.
<< Tua madre mi ha assunto. Ha assunto me e Maddalena >> spiegò la ragazza, indicando poco più in là Maddalena Iorio, un'altra giovane che aveva lavorato con lei ed Iris.
<< Ciao, Rinaldo! >> lo salutò quest'ultima.
Marini non stava capendo molto: nessuno gli aveva detto che sua madre era diventata un'imprenditrice.
<< Dov'è mia madre? >> chiese allora.
<< È dentro >> rispose Claudia, cosicché Rinaldo si addentrò in quella che non riconosceva più come casa sua.
Alla fine della scala che portava al primo piano, suonò a lungo al campanello.
Fu sua madre ad aprire: Gisella Marini era vestita di nero, ma non era affatto trascurata; nel suo lutto, infatti, era addirittura elegante.
<< Rinaldo, sei tornato... >> constatò, sorridendo debolmente ma in modo sincero.
<< Ho portato papà >> dichiarò il ragazzo, indicandole il vaso con le ceneri di Francesco Marini.
<< Quanto vi ho aspettati... Ma vieni dentro... >> si commosse la donna, guidandolo all'interno della casa.
Rinaldo si guardò intorno: l'abitazione, da sempre molto dignitosa, sembrava più sistemata, più gradevole, come se la sua proprietaria si potesse permettere qualcosa in più rispetto a quando era la moglie di un tipografo.
<< Come mai l'hai fatto? >> fece allora, sperando che rispondesse sinceramente.
<< Dovevo andare avanti. La morte di tuo padre mi ha annientata, ma dovevo sopravvivere. Lo dovevo a lui, e a te >> rispose Gisella, con semplicità.
Era fiera di ciò che aveva fatto, e sentiva di essere nel giusto per la scelta fatta.

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