Cassino, 13 febbraio 1942
La linea di confine era letteralmente il ventre della vacca, come dicevano a San Felice Circeo per indicare quando ci si andava a ficcare in situazioni pericolose: Rinaldo si accorgeva dai malumori dei suoi commilitoni che gran parte dell'esercito italiano non ce la faceva più, di quella guerra.
Mussolini aveva detto che doveva essere veloce, che non doveva durare più di qualche mese e che l'Italia ne sarebbe uscita vincitrice; la verità era che la Campagna di Grecia era stata disastrosa per il Belpaese, l'assedio di Mosca aveva finito di bastonarlo e l'attacco di Pearl Harbor aveva stuzzicato gli Stati Uniti, cosa che avrebbe creato diversi problemi all'asse RO.BER.TO.
La maggior parte dei soldati era sfiduciata nei confronti del fascismo, e l'altra parte, comunista convinta, meditava la diserzione e la fuga in Unione Sovietica: ovviamente Maurizio era a capo di questa infervorata minoranza; Marini lo sorvegliava, controllando che non facesse azioni scellerate: per Oreste Filomusi, due figli e fratelli fascisti a Roma e una crocerossina, in partenza per chissà dove erano già troppo da sopportare; un altro eventualmente disperso in Russia era l'ultima cosa di cui avrebbero avuto bisogno.
Ma quello che più lo premeva erano le notizie da casa; sua madre gli aveva scritto che Giada aveva tentato la fuga nella Capitale, e che Enrico si era preso la briga di andarla a riprendere.
Si diceva che avessero pernottato lì: non aveva certezze su quello che era davvero successo, ma sapere che la Spinelli era stata nelle mani di Belmonte, e l'idea lo riempiva di agitazione e sgomento.
Giada non gli aveva più scritto, ragion per cui Rinaldo non poteva far altro che pensare che la giovane ed Enrico fossero diventati amanti.
Maurizio aveva notato che il suo amico d'infanzia non dormiva più e mangiava a malapena; se ne stava attorno al fuoco, la sera, a fissare le fiamme che danzavano.
<< Che pensi di trovarci, dentro alle fiamme? Giada ed Enrico che fanno robe? >> lo sfottè, sedendosi vicino a lui.
<< Tu non saresti geloso, se Elena avesse un altro che le ronza attorno mentre sei lontano, e l'altro fosse il tuo migliore amico? >> gli fece presente il diretto interessato.
<< L'amore mio per Elena è in pericolo tutti i giorni, se è per questo. Pensi davvero che la signora Viola voglia per sua figlia un futuro accanto a un comunista? >> lo delucidò Filomusi.
<< Viola Belmonte era la figlia di un ragioniere, quando ha sposato il signor Corrado. Se lo dovrebbe ricordare, prima di criticare la figlia, e sorvegliare di più il figlio... >> ribatté Marini, rimuginando sui suoi tormenti.
<< Rinaldo, ascoltami. Conosciamo entrambi Enrico, e se voleva Giada se l'è presa, senza se e senza ma. Si sono divertiti. Cazzo, c'è la guerra e magari volevano sentirsi vivi. Ma con te ha capito di avere delle passioni, degli interessi. Tu le parlavi, ai tempi delle feste in villa, me lo ricordo come se fosse ieri! Non è amore, questo? >> replicò allora l'uno.
L'altro lo guardò, come se gli avesse appena dato la chiave di lettura del suo dilemma.
<< Può darsi. Ma prima o poi chiedo un congedo. Devo capire che cazzo è successo >> decretò, rialzandosi in piedi e raggiungendo il resto dei commilitoni.
Maurizio prese un bastoncino da terra, lo guardò un attimo e lo gettò nel fuoco, immaginando che quelle fiamme avrebbero purificato il mondo, gettando le basi per uno completamente nuovo.
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Storia d'amore e di guerra - Il conflitto
Ficción históricaSan Felice Circeo, 1941. Rinaldo Marini, rimasto orfano di padre, torna al paese e scopre che tra Giada ed Enrico c'è una forte intesa. Iris Cataldo, pentita per aver seguito Gianfranco Menotti a Roma, cerca di mettersi in contatto con Cesare Belmon...