La conquista di Pantelleria

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San Felice Circeo, 10 giugno 1943

La produzione era ricominciata a pieno ritmo, ai Cantieri Navali Belmonte: Enrico si divideva tra l'amministrazione e la catena di montaggio, e i suoi operai lo amavano proprio perché era sceso tra le loro fila, ascoltando tutti i bisogni che li avevano portati allo sciopero.
I veterani rivedevano in lui non solo il comunista Maurizio Filomusi, il figlio dell'oste siciliano, ma anche Corrado e Pietro Belmonte, il padre e lo zio di Enrico, i quali erano stati mandati dal padre Arnaldo a conoscere l'azienda dal basso, dal suo cuore pulsante; il primo era cardiopatico, il secondo aveva avuto una delusione amorosa da Gisella Marini, ma se l'erano cavata egregiamente mentre il loro fratello minore Alessandro passava la maggior parte del suo tempo al circolo del tennis.
In quei giorni l'erede dei cantieri navali era particolarmente nervoso: il ragionier Olivieri e la segretaria Silvia Bigazzi giuravano di vederlo sempre attaccato al telefono, a parlare con gli industriali della provincia di Latina.
Quell'ultima parte di Lazio che sfociava nella Campania era praticamente quasi Sud, ed era giunta voce che gli Americani stessero partendo alla volta della Sicilia per liberare l'Italia a partire dal suo Meridione.
In quel momento Belmonte era al telefono con Franco Mirabella, discendente di una famiglia di Gaeta che produceva telai e coperte: era una delle persone più informate sulla situazione oltreoceano che il giovane conoscesse.
<< Pantelleria? Hai detto che sono sbarcati a Pantelleria? >> domandò sbigottito non appena il collega gli comunicò lo sbarco degli Americani in un'isola intorno alla Sicilia.
<< Sì, Enrico. E presto saranno anche nelle città. Prevedo il loro arrivo nel Continente entro la fine del mese >> sostenne Mirabella, senza ombra di dubbio.
<< Non vedo l'ora che arrivino qui, nella nostra provincia. Ma sai che casino che succederà? Mussolini con le bonifiche dell'Agro ha ricostruito tutta la provincia e fidelizzato la maggior parte degli abitanti... Praticamente sono quasi tutti fascisti! >> esclamò il sanfeliciano.
<< E allora ti dico che gli faranno cambiare idea a suon di bombe. Non ci andranno per il sottile... >> replicò il gaetano.
<< Saranno cazzi... >> commentò l'uno.
<< E anche amari... Io ti saluto, ci si sente in seguito! >> lo salutò l'altro.
Enrico attaccò, spiazzato dall'argomento della conversazione: gli Americani sarebbero arrivati anche al Centro e al Nord, e pur di liberare tutta la penisola non avrebbero esitato a bombardare città e paesi.
A un certo punto sentì bussare alla porta del suo ufficio.
<< Avanti >> fece, e la Bigazzi ubbidì.
<< Signor Belmonte, vi vedo preoccupato. Cos'è successo? >> domandò la segretaria.
<< Gli Americani sono a Pantelleria. Dobbiamo tenerci pronti >> decretò, lasciando la donna a bocca aperta.
Era necessario arrivare preparati, quando sarebbe arrivato il momento.

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