Ain-el Gazala, 5 marzo 1942
La Libia era diventata la grande fissazione dell'Italia da quando quest'ultima aveva tentato l'avventura del Colonialismo; forse solo la contessa Giuliana Orsini e le sue crocerossine si rendevano conto di quanto un tale accanimento fosse stato inutile: gli altri Stati europei, nei loro "posti al sole" in Africa avevano trovato terreni, diamanti, prodotti da raffinare; in quel luogo capitato loro non c'era niente, solo una gran quantità di sabbia.
E autoctoni che erano stati dipinti dal regime come degli esseri inferiori e bestiali, quando invece si trattava di gente che voleva difendersi dagli invasori.
Elsa non era mai stata fuori da San Felice Circeo, oltrepassare l'Italia era stato quanto di più incredibile lei potesse desiderare, sebbene dovesse occuparsi di morti, feriti e mutilati di guerra; prendere la nave era stata una grande avventura: la Filomusi aveva passato a contare le onde del mare con Luisa, ad ascoltare i racconti sull'Africa di Astrid, aveva tenuto la testa a Doriana mentre vomitava sul pontile a causa del mal di mare.
La contessa, poi, aveva ripetuto loro che il Continente Nero ti si insinuava nel cuore e ti portava a credere di trovarti al centro del mondo: non era retorica fascista, ma un nobilissimo sentimento di nostalgia secondo il quale l'uomo era indotto a tornare esattamente dove si era manifestato la prima volta.
Si chiamava Mal d'Africa e l'avevano praticamente inventato gli inglesi.
Quando erano arrivate, le ragazze si erano lamentate subito del gran caldo, delle zanzare-tigre, delle condizioni igieniche precarie dell'ospedale improvvisato alla periferia della città: i pazienti, poi, venivano a frotte tutti i giorni; Elsa non poté fare a meno di constatare che erano di diverse nazionalità e religioni; era come se la guerra avesse annullato le differenze.
Le giornate iniziavano molto presto e finivano molto tardi: le crocerossine si fermavano solo per i pasti principali; inoltre, a parte la cura dei pazienti, si occupavano anche di altre mansioni: lavare i vetri e i pavimenti, rimediare cibo e medicinali, ripulire i letti e cambiare le lenzuola.
Con quelle giornate piene di impegni, Elsa aveva modo di non pensare a ciò che stava succedendo in quel momento alle persone care che aveva tra San Felice Circeo, Roma e il fronte italiano: i Belmonte rimasti in paese mandavano avanti i Cantieri Navali come potevano mentre Enrico perdeva il senno appresso a Giada Spinelli, Cesare, sua sorella e i loro cugini aiutavano Iris a scoprire la sua metà di famiglia americana e presto Tiberio avrebbe raggiunto Maurizio e Rinaldo sui campi di battaglia.
Senza contare i suoi due fratelli maggiori Claudio e Mario, che avevano buttato la dignità dietro le promesse di Menotti, il quale aveva promesso loro una brillante carriera all'interno della gerarchia fascista.
La Filomusi ancora non si capacitava del fatto che tutti loro, i quali dovevano rimanere uniti, adesso erano sparpagliati ai quattro angoli della Terra.
Quella sera era andata fuori, sulla terrazza dell'ospedale di fortuna, dopo aver letto la lettera di Iris dove le raccontava di Jack Carter, il suo fratellastro americano.
Ricordava ancora quando Menotti aveva raccontato ad Iris di Richard Carter, il padre del ragazzo, e lei, che stava tornando con la Cataldo dal mercato, era stata certa che si trattasse di una finzione, di una trappola per adescarla.
E invece a quanto pare era tutto vero, e sapere che la sua amica aveva lasciato Rinaldo non per una bugia, ma per una strumentalizzata verità, la faceva sentire improvvisamente in colpa di aver pensato, anche solo per un momento, di avere una possibilità con Marini.
<< Mamma mia, che caldo... >> fece una voce dietro di lei. Era Doriana, seguita da Luisa e Astrid.
<< Questo perché sei torinese. Per te fa caldo ovunque... >> la prese in giro la Gritti.
<< E allora io che dovrei dire? >> si unì la Ødersen.
<< Mi sa che a qualcuno qui mica importa del caldo... Ancora notizie sconvolgenti da casa? >> domandò Luisa ad Elsa. La ragazza si girò verso le colleghe.
<< Alla mia amica Iris pare strano, che Jack Carter, il fratellastro americano, voglia conoscerla. Stava cominciando a pensare che fosse una bugia. Adesso che è la verità ha paura di aver fatto male, a lasciare San Felice Circeo e Rinaldo... >> raccontò la Filomusi.
<< ... Che però piace a te >> dedusse Astrid.
<< È una cosa assurda, lo so... Io ho sempre amato Rinaldo, anche quando stava con Iris. E adesso è innamorato di Giada >> continuò la sanfeliciana.
<< Certo che hai degli amici molto movimentati >> dichiarò Doriana.
<< A volte mi chiedo se non fossimo noi, a movimentare la vita del paese... >> rifletté Elsa.
<< Vabbè, adesso questo è proprio il Mal d'Africa che ci fa fare certi discorsi malinconici... Stiamo allegre, che abbiamo solo la sera per rilassarci! >> le esortò la Gritti, inducendole a seguirla dentro.
La vita era dura e la morte una compagna di viaggio perenne, ma loro erano giovani e sentivano che avrebbero superato anche questa prova.
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Storia d'amore e di guerra - Il conflitto
Ficción históricaSan Felice Circeo, 1941. Rinaldo Marini, rimasto orfano di padre, torna al paese e scopre che tra Giada ed Enrico c'è una forte intesa. Iris Cataldo, pentita per aver seguito Gianfranco Menotti a Roma, cerca di mettersi in contatto con Cesare Belmon...