Capitolo venti

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Io e il professor Downey ci eravamo trovati in un mare di guai nell'arco di un secondo. Speravo di passare un compleanno tranquillo, almeno per quest'anno, ma le cose non erano andate esattamente secondo i miei piani.
<<Qual è il suo nome, signore?>>
Ci trovavamo alla centrale di polizia, erano appena le due di notte e pregavo tutti i Santi esistenti che mia madre non venisse a sapere una cosa del genere, anche se, legalmente, ero indipendente e toccava a me cavarmela.
<<Robert Downey.>> rispose il professore piuttosto seccato.
Era la prima volta che sentivo il suo nome. Ed era un gran bel nome.
Sedevamo l'uno accanto all'altra, dall'altro lato della scrivania un agente di polizia ci stava schedando per capire quali reati avessimo compiuto in passato.
<<Non ci sono reati gravi. Solo due denunce per aggressione aggravata. A quanto pare è uno a cui piace alzare le mani, signor Downey.>> scherzò.
<<Vuole vedere?>>
Subito lo guardai di traverso, zittendolo.
<<Era una minaccia?>>
<<No.>> risposi io. <<Non intendeva dire quello che ha detto. È soltanto un po' brillo ed è stanco morto.>>
L'agente lasciò perdere e si concentrò sullo schermo del computer. Digitò qualcosa per poi alzarsi e chiederci di seguirlo. <<Vi spetta una notte nella cella provvisoria. Domani mattina potrete uscire.>> tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e aprì una cella con l'aiuto di una di queste.
Entrai senza fare storie, seguita dal professore. C'erano due panche poste l'una di fronte all'altra e le occupammo immediatamente. Il professore si stese e mi diede le spalle, pronto a passare una nottataccia. L'agente di polizia richiuse la cella a chiave e si allontanò, tornando alla sua postazione.
Mi strinsi nelle mie spalle per via del freddo. Quello spazio era congelato e il mio vestito corto non aiutava affatto.
<<Professore.>> lo richiamai.
<<Mmh?>> non si voltò.
<<Mi dispiace.>> sospirai.
Era tutta colpa mia se eravamo finiti in quella situazione. Innanzitutto, non avrei mai dovuto convincere il professore a farmi guidare. Tra l'altro avrei dovuto lasciarlo vagare da solo e ubriaco, non prendermi la briga di preoccuparmi per lui. Avrei potuto chiamare un taxi e lasciarlo andare, sarei tornata alla mia festa e a quest'ora starei mangiando una fetta di torta al cioccolato.
Lo vidi voltarsi verso di me. Rimase qualche secondo a guardarmi, poi si tirò su, mi raggiunse e si sedette al mio fianco. Si tolse il giubbotto di pelle e me lo posò dolcemente sulle spalle, restando con quella t-shirt che gli evidenziava i bicipiti.
Sapeva farmi accaldare anche con il freddo polare.
<<No, è stata colpa mia. Per cominciare non sarei neanche dovuto venire, non so cosa mi sia saltato in testa!>> si strofinò la fronte, appoggiando i gomiti sulle gambe.
<<In realtà mi ha fatto piacere vederla. Non sarà stato il compleanno perfetto, ma di sicuro é stato davvero indimenticabile.>> risi seguita da lui.
<<Sopratutto perché ti ho baciata.>>
<<E mi ha palpato il sedere.>> aggiunsi.
<<Non è vero.>>
<<Invece sì.>> ridacchiai.
Il professore mi sorrise per poi tornare a guardare il muro di fronte a noi. Ci fu qualche minuto di silenzio, poi decisi di rompere il gelo. <<Allora... dunque il suo nome è Robert.>> osservai tenendo lo sguardo fisso sul grembo.
<<Mi sembri sorpresa.>> appoggiò la testa al muro, guardandomi.
<<Non lo sono. È un bel nome, tutto qui.>> mormorai.
Ci fu ancora silenzio e mi servì per riflettere a lungo. Il suo nome mi risuonava in testa, lo associai al suo titolo e pensai a tutte le volte in cui mi ero chiesta come si chiamasse.
Poi ebbi un'improvvisa illuminazione.
<<Lei si chiama Robert.>> mormorai.
<<Mi sembra di avertelo già detto.>>
<<E conosce la poesia di Leopardi dedicata alla sua Silvia.>> lo guardai. <<Allora è lei "R".>>
<<Cristo, credevo che non ci arrivassi più!>> scoppiò a ridere mentre elaboravo quello che era successo.
Era stato lui fin dall'inizio. Come avevo fatto ad essere così stupida? No, io non conoscevo il suo nome prima di adesso, non ci sarei mai arrivata da sola. Ma chi, meglio di lui, avrebbe conosciuto Giacomo Leopardi? Mi era tutto chiaro, non poteva essere altrimenti.
Ma mi sfuggiva il suo scopo.
<<Perché? Perché l'ha fatto?>> alzai la voce. <<È stato lei a dirmi di non continuare con questa storia, eppure ha continuato a mandarmi le strofe della poesia, le rose e questo vestito.>> gli diedi un pugno sul braccio, cercando di fargli del male, ma senza successo.
<<A proposito, ti piace? È stato difficile indovinare la tua taglia, infatti è piuttosto corto.>> osservò l'orlo, accarezzandomi la coscia con la punta delle dita. <<Ma non ho fatto altro che immaginarti con questo indosso per tutto il giorno. E, devo ammettere, che la realtà è migliore della mia immaginazione.>>
Sospirai. Improvvisamente tutta la rabbia sembrava svanita. <<Sì, mi piace molto, ma voglio sapere perché!>>
Si alzò dalla panca in modo teatrale e si passò nervosamente una mano tra i capelli. <<Perché sei perfetta. Sei la ragazza che non infrange mai le regole ed è per questo motivo che voglio portarti al limite. Mi piace provocarti, so cosa ti passa per la testa ogni volta che ci troviamo in una stanza da soli. E, da quando ci siamo scontrati quella mattina in libreria, non ho fatto altro che immaginarti con me nel mio letto. Tutto questo è sbagliato, totalmente sbagliato, ma se anche tu vuoi portare avanti questa storia, non me ne pentirò.>> appoggiò le mani ai lati delle mie gambe, chinandosi all'altezza del mio viso. <<Vuoi farlo? Devo saperlo e devo saperlo subito. Mi stai facendo impazzire, Silvia.>>
Deglutii rumorosamente, sentii il mio respiro farsi sempre più pesante e il mio battito cardiaco accelerare. Volevo davvero iniziare una relazione clandestina con il mio professore? Lui non era certamente il principe azzurro, né un uomo che avrebbe iniziato una storia d'amore duratura. Ma non lo conoscevo abbastanza bene per poterlo giudicare. In fondo aveva ragione, amavo infrangere le regole e farlo con lui mi avrebbe fatto sentire viva più che mai.
<<Qual è il suo piano, esattamente? Cosa intende fare con me se le dirò di sì?>>
<<Mettiamola così: dopo che avrò finito con te, la letteratura sarà la tua vita.>> avvicinò le labbra alle mie, ma senza unirle del tutto. <<E poi... ci divertiremo, te lo garantisco.>>
Posai le labbra sulle sue per poi tirarlo per la maglietta verso di me. Mi spostò i capelli dal viso e approfondì il bacio insinuando la lingua nella mia bocca in modo lento e sensuale. Non mi aveva mai baciata così e, nonostante il freddo, mi accaldai parecchio a quel contatto con le sue labbra. Mi morse delicatamente il labbro inferiore per poi accarezzarlo con il pollice.
<<Avevo detto di non voler giocare con te, e non lo farò. Di qualsiasi cosa siano fatte le anime...>>
<<...la sua e la mia sono uguali. Cime Tempestose. Non credevo l'avesse letto.>>
<<Emily Brontë merita un posto speciale nella mia libreria. E ora puoi anche smettere di darmi del lei.>>
Ridacchiai. <<Scusami, è l'abitudine.>>
Si sedette nuovamente al mio fianco, prendendomi la mano. <<Staremo qui tutta la notte. Tanto vale conoscerci meglio, non credi?>>
<<È un'ottima idea.>>




Spazio me:
Finalmente Silvia ha aperto gli occhi! Non ci voleva tanto eh?

𝐴 𝑆𝑖𝑙𝑣𝑖𝑎 - 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡 𝐷𝑜𝑤𝑛𝑒𝑦 𝐽𝑟.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora