Dopo aver passato la notte insieme, a ridere e a scambiarci segreti, il mattino non sembrò arrivare così tardi come ci aspettavamo. Lo stesso agente che di aveva sbattuto dentro ci tirò fuori e ci chiese di recarci al banco per ritirare i nostri effetti personali. Il professore prese le chiavi della sua auto, il portafogli e il cellulare; l'unica cosa che avevo io era un telefono dalla batteria scarica e delle forcine per capelli che mi avevano sequestrato.
<<Devo fare una capatina a casa prima di riaccompagnarti al dormitorio. Non ci metterò molto.>> mormorò mentre uscivamo dalla centrale di polizia.
<<Grazie a Dio è domenica.>> borbottai iniziando a sentire i postumi della sbornia. Al contrario, il professore sembrava essere fresco come una rosa.
Il carro attrezzi riportò la macchina del professore fuori dal deposito della polizia, così si mise al volante, pronto a tornare a casa. <<Uccidimi e buttami da una scogliera se mi viene di nuovo la brillante idea di lasciarti guidare la mia auto.>> scherzò infilando poi le chiavi nel quadro.
<<Non me la sono cavata male, in fondo.>> allacciai la cintura, guardandolo.
<<Dobbiamo fare un po' di pratica. E quando farai l'esame per la patente andrai alla grande.>> mi sorrise per poi abbandonare quella strada e immergersi nel centro di Manhattan.
Mi aveva detto di aver comprato un appartamento qualche anno fa. Si trovava in uno degli alberghi più grandi di New York e in quel momento realizzai che i soldi gli uscissero perfino dalle chiappe. Mi aveva confessato tante cose quella notte, si era aperto molto con me senza che lo forzassi e mi aveva fatto davvero piacere sentirlo parlare così spontaneamente. Adesso conoscevo i suoi trascorsi, la sua vecchia vita da giocatore di poker incallito e come la madre gli avesse fatto amare la letteratura fin da quando era piccolo.
Infilò la macchina nel parcheggio sotterraneo dell'albergo, lasciandola nel posto riservato proprio a lui. Una volta scesi mi prese per mano e mi condusse fino all'ascensore.
Stava prendendo questa cosa molto sul serio. Non lo dimostrava a un primo impatto, ma era un inguaribile romanticone.
Quando le porte si aprirono entrai seguita da lui. Spinse il bottone per l'ultimo piano e le porte si richiusero. Improvvisamente mi spinse contro la parete fredda dell'ascensore, bloccandomi i polsi ai lati della testa. Premette il suo corpo contro il mio per poi unire le nostre labbra in modo possessivo. Mi baciò con voglia, lasciandomi i polsi per concentrare le mani sull'orlo del mio vestito. Mi strinse il didietro con fermezza mentre mettevo una mano sulla sua nuca per avvicinarlo ancora di più a me.
Sentimmo il tintinnio dell'ascensore, segno che le porte si stavano per aprire, così ci staccammo e mi aggiustai il vestito tirandolo verso il basso. Quando le porte si aprirono entrò un gruppo di persone, io e il professor Downey restammo in fondo senza proferire parola. Lo vidi sorridere lievemente e anch'io avevo un sorrisetto stampato in viso.
<<Che hai da sorridere?>> domandò a mezza voce.
<<Mi è piaciuto.>> lo guardai sorridendo sommessamente.
Il professore posò una mano sulla mia schiena facendola scendere lentamente fino al mio didietro. Infilò la mano sotto la gonna del vestito, giocando con i lembi delle mie mutandine. Si chinò al mio orecchio mentre rimanevo immobile per non farci beccare. <<So che ti eccita quando lo faccio. Non trattenerti, Silvia.>> mi irrigidii di colpo a quel suo gesto, ma per fortuna le porte dell'ascensore si aprirono subito. Sarebbe stato imbarazzante se qualcuno ci avesse visto. Mi prese nuovamente la mano e finimmo in un lungo corridoio tappezzato di quadri e vasi che sembravano molto costosi. Tirò fuori dalla tasca le chiavi della porta piazzata in fondo al corridoio e la aprì senza fare tante storie.
Mi fece accomodare e iniziai a guardarmi intorno per riuscire a inquadrare il mio professore e il suo stile di vita. Il suo appartamento sembrava essere tipico di un uomo d'affari di New York. Lo stile moderno era l'elemento prevalente in ogni stanza, così come i colori neutri come il grigio, il bianco e il nero in tutte le loro sfumature.
Lo seguii fino al soggiorno finché non vidi una donna seduta sul divano. In quel momento iniziai a sudare freddo.
<<Darcy?>> il professore sembrava sorpreso quanto me di vederla.
<<Finalmente! Ma dove ti eri cacciato? Ti ho cercato tutta la notte, pensavo ti avessero arrestato.>> rise. Si alzò dal divano e raggiunse il professore, ignorando volontariamente la mia presenza.
<<Sì, qualcosa del genere.>> mormorò grattandosi la nuca.
Mi sentivo a disagio a confrontarmi con una donna come lei. Era piuttosto alta, anche più del professor Downey. Aveva degli splendidi capelli neri che ricadevano lungo la sua schiena. Vestiva come un avvocato, scarpe col tacco e gioielli. Perfino il suo trucco sofisticato era impeccabile, a differenza del mio ormai scolorito. Aveva un viso meraviglioso e un sorriso perfetto, degno di lei.
<<Dobbiamo parlare di un po' di cose, ho prenotato questa sera al Royale. Solo noi due.>> gli lasciò un bacio a stampo per poi rivolgermi la sua attenzione. <<Lei chi è, Robert?>> lo guardò di traverso mentre avvolgeva un braccio intorno al suo collo, accarezzandogli la spalla con le sue unghie ben curate e smaltate.
Lui sembrava essere rimasto colpito da quel bacio, così come me. Avevo sentito qualcosa nel mio stomaco, come se un proiettile mi avesse trapassata in un secondo.
<<È una mia alunna.>> si schiarì la voce.
Ero solo la sua alunna davanti a una donna come lei? È chiaro, non avrei mai potuto competere, cosa mi aspettavo?
<<Vado a farmi una doccia. Intanto lascio voi due amabili signore conoscervi meglio.>>
<<No, è meglio che io vada.>> mormorai a testa bassa mentre mi avviavo verso la porta.
<<Aspetta, ti accompagno.>>
<<No, prendo la metro. Lei è impegnato e non voglio essere di troppo.>> uscii dall'appartamento per poi richiudere la porta alle mie spalle.
Stupida. Stupida. Stupida.
Aspettai che le porte dell'ascensore si aprissero e spinsi il pulsante del piano terra, sperando che il professore non mi seguisse. Ma cosa diavolo mi aspettavo? Lui era un uomo adulto, aveva certi interessi che andavano al di là le storie occasionali con le ragazzine. Forse mi ero montata un po' troppo la testa, mi ero immaginata di iniziare una storia d'amore con lui e che ricambiasse senza lamentarsi. A parte il fatto che fossimo professore e alunna, venivamo da due mondi totalmente differenti. Lui era il figlio di una nobildonna inglese, era ricco ed eccentrico; io ero una ragazzina che andava al college e che lavorava in una libreria da quattro soldi. E quella donna nel suo appartamento non faceva altro che disprezzarmi con lo sguardo.
Presi la metro come avevo preannunciato, non avendo soldi per un taxi, infine arrivai a qualche isolato dal campus. Finii nel dormitorio, sbattendo la porta della camera con forza. Jordan non c'era, probabilmente era rimasta a dormire a casa di Chris. Non avevo voglia di spiegarle dove avevo passato la notte e sicuramente il suo terzo grado mi avrebbe soltanto fatto innervosire di più.
Dopo essermi fatta una doccia e aver indossato qualcosa di più comodo, mi misi sotto con il tema assegnato dal professore. Non avevo alcuna ispirazione e la mia mente non faceva altro che vagare. Immaginavo cosa avevano fatto il professore e quella Darcy quando me ne ero andata via. In più non potevo togliermi dalla testa il fatto che avrebbero cenato insieme. Da soli.
Ma chi diavolo era quella donna? Era sua moglie, la sua fidanzata o la sua amante? E perché mi importava tanto? Forse perché il professor Downey mi aveva convinta che saremmo stati bene insieme. Non dovevo credergli.
Chiusi il quaderno e lo lanciai con forza contro il muro. Misi la testa sul cuscino e lanciai un urlo che venne ovattato. Scelsi la via più facile: non pensarci più, almeno fino al giorno successivo, quando l'avrei rivisto in classe.
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𝐴 𝑆𝑖𝑙𝑣𝑖𝑎 - 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡 𝐷𝑜𝑤𝑛𝑒𝑦 𝐽𝑟.
FanfictionSilvia è sempre stata una ragazza rigida alle regole, piena di passioni e sogni nel cassetto. Raramente capita che alzi la voce con qualcuno o che infranga le regole stesse, ma un uomo in particolare riuscirà a far crollare tutte le sue ambizioni e...