23. Do you believe me?

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Era stata una giornata lunga, stancante, piena. Prima il lavoro, poi la deposizione alla centrale, la live e il commento su Weverse, e ancora il momento in auto insieme a Taehyung, l'accusa contro di lui.
Jimin stava male fisicamente ed emotivamente, gli sembrava di aver fatto un volo dal trentesimo piano ed essere sopravvissuto per miracolo. Colpi e frastuoni gli riempivano la testa e sapeva che l'unica cosa in grado di far tacere tutto sarebbero state lebraccia del suo migliore amico.

Quando sentì la porta aprirsi e lo vide rientrare nell'appartamento avrebbe voluto fiondarcisi tra quelle braccia. Non gli sarebbe importato degli altri, di Davis, dell'avvocato Lee, ma fu costretto a frenarsi perché l'abbraccio che avrebbe donato a Taehyung quella sera non sarebbe stato quella di un semplice amico preoccupato; sarebbe stato di più e si sarebbe notato.
Jimin poté solo fare come tutti gli altri, stringendosi intorno a Tae per chiedergli come stava, com'era andata, mentre il cuore gli scoppiava di ansia e di un'emozione a cui non sapeva dare ancora un significato preciso.

Jimin incontrò i suoi occhi molte volte mentre l'avvocato Lee spiegava come si era svolto l'interrogatorio, i sospetti che purtroppo la polizia nutriva e il timore che Taehyung non potesse venir scagionato se non con una nuova dichiarazione da parte di Jimin.

"Domani vi vorranno rivedere tutti e due, uno alla volta. Andremo di sera, quando avrete finito le prove".

Jimin e Tae annuirono all'unisono, il biondo senza mai staccare gliocchi dal viso del moro. Taehyung teneva la testa bassa per non mostrare il suo stato d'animo ma Jimin sapeva come si sentiva, lo capiva. Lo capiva dai movimenti tormentosi delle sue dita le une contro le altre, dal continuo umettarsi le labbra e stringerle tra loro, dal fatto che Tae non riuscisse ad incrociare il suo sguardo per più di pochi secondi perché rischiava di scoppiare.

"Dovranno incontrare anche il giudice?" chiese Davis.

"Ancora non lo so, ma è probabile. Come dicevo, non hanno prove certe che sia stato Taehyung, ma non ne hanno nemmeno per affermare che non sia stato lui". Lee ossservò l'ora sull'orologio al suo polso. "Cercheremo di concludere questa faccenda il più in fretta possibile, abbiate fiducia ragazzi. Taehyung, prendi le tue cose ora, dobbiamo finire il nostro discorso ed è già tardi, e io devo preparare dei documenti per domani".

Il ragazzo dai capelli ricci annuì, osservando i Bangtan e le loro espressioni tese, confuse.
"Stanotte non rimango", mormorò convoce stanca.

"E dove vai?" chiese subito Jungkook, i grandi occhi scuri increduli, come quelli di tutti.

"Taehyung starà per un paio di giorni giù al secondo piano" spiegò ancora Lee, "fino a quando non potremo dimostrare che non è un pericolo per Jimin".

La testa di quest'ultimo scattò in direzioni diverse, dal migliore amico, all'avvocato, a Davis.
"Non parlate sul serio?" domandò a tutti e nessuno. Quando vide l'espressione pacata della guardia del corpo capì che se lo aspettava. "Tae non è un pericolo perme!"

"Jimin..."

"Non potete tenerlo lontano da casa sua, dai suoi amici!"

"Solo per poco tempo".

"Ma è assurdo!" I capelli gli finirono davanti agli occhi per quanta forza mise nel girarsi verso Namjoon. Aspettò che facesse qualcosa, qualsiasi cosa, perché era il leader e avrebbe saputo come agire, come impedirlo.
Tae non poteva andarsene di casa, neanche per sogno. Doveva restare con loro. Doveva restare con lui.

"Jimin, se tutto va bene questa storia finirà domani, o al massimo tra qualche giorno" cercò di farlo ragionare Davis, chiedendogli scusa con lo sguardo.

"Dimmi che non sei stato tu a pensare a questa soluzione", mormorò il ragazzo. Si sentì tradito, pugnalato alle spalle dalla persona che subito dopo Taehyung era stato il suo punto di riferimento dall'inizio di quella storia. Ma ora Steven Davis lo fissava con quello sguardo mesto, trattenendo parole di rassicurazione che non avrebbe potuto pronunciare.

I'm Your Angel (Vmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora