24. A safest place

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La sera, dopo le prove, Jimin e Taehyung furono di nuovo alla centrale di polizia. Imbacuccati da capo a piedi per camuffarsi il meglio possibile, passarono oltre due ore in presenza del giudice, con l'avvocato Lee al fianco di Taehyung e l'avvocato Kang accanto a Jimin.

L'ispettore Choi fu presente al colloquio e continuò a lanciare occhiate che i due ragazzi non seppero codificare, col sospetto che nelle ultime ore avesse parlato con il figlio ma non si ritenesse soddisfatto di qualsiasi cosa gli avesse detto Minhyuk.

L'assenza di prove concrete era tutta a favore di Taehyung e i due avvocati cercarono di far leva sul legame di amicizia che c'era fra i due giovani idol. Il giudice ascoltò attentamente e alla fine chiuse il fascicolo che aveva davanti, facendo entrare nel suo ufficio entrambi i ragazzi, gli avvocati e l'ispettore.

"Quindi, signor Park, la scelta sta a lei" disse, puntando gli occhi in quelli di Jimin. "Ora, per quante ipotesi ci siano a portarci verso una soluzione, da quello che ho letto", indicò i fogli davanti a sé "e quello che ho ascoltato stasera, non abbiamo un vero colpevole ma solo un sospettato, il qui presente Kim Taehyung. Tuttavia, lei è l'unico che può continuare o finire questa storia. Mi dica, dunque, signor Park: vuole sporgere denuncia contro il signor Kim?"

"Assolutamente no".

"E allora, non c'è luogo a procedere".

Con quelle parole, ogni accusa a carica di Taehyung cadde, come le lacrime di sollievo che scavarono il suo viso non appena furono di nuovo in auto diretti verso casa.

Quella notte Jimin lo tenne stretto a sé, esattamente come aveva fatto Tae con lui quando si era sentito male, distrutto e debole. Ogni volta che loro figure si tenevano in quel modo era come tornare a casa, un modo per trasportare lontano ogni inquietudine, ogni difficoltà. Si addormentarono senza smettere di stringersi e il mattino seguente, anche dopo essersi lasciati, perdurò su di loro la sensazione di quell'abbraccio, come se potessero ancora sentirsi pur non toccandosi.

Quella spaccatura creatasi tra loro era stata riparata; forse dal tempo, forse dal destino o forse perché Jimin era stanco di respingerlo.

Se avesse dovuto dare un nome a quello che sentiva per Taehyung avrebbe deciso per 'inclinazione sentimentale'. Tae era una persona particolare e se non ti impegnavi per conoscerla non riuscivi a capirla davvero. Ma Jimin lo adorava com'era, in ogni sua sfaccettatura. Poteva diventare dolcissimo e altrettanto stronzo, innocente nei pensieri e pungente con le parole. Taehyung l'alieno, un cucciolo smarrito da coccolare che diceva cose strambe, e poi V, l'uomo che scaturiva una sensualità che ti mandava fuori di testa in due secondi netti. Questo era Kim Taehyung: un'anima buona, a volte un po' egoista, con la fissa per Gucci, le fragole e la luna, che ti urlava in faccia rabbioso e poi piangeva. Un amico leale impossibile da non amare, perché così speciale e unico. C'era tanto dentro di lui, tanti colori, tanta bontà. Taehyung aveva negli occhi una luce che illuminava Jimin ovunque andasse, lo inseguiva, non lo perdeva, e il biondino si faceva rincorrere e catturare senza sottrarsi, rassicurando i suoi sguardi con i propri.

Sto bene, alieno, gli diceva in silenzio e con un sorriso, sto bene, non preoccuparti.

E quando Taehyung interpretava quegli occhi tanto amati si calmava, buttava i timori dietro le spalle tornando a concentrarsi sul lavoro.

A parole, Tae si informava delle sue condizioni almeno dieci volte al giorno, ma Jimin lo scusava e non si innervosiva per l'insistenza, perché ormai accettava appieno quel sentimento che gli era sembrato tanto sbagliato, un sentimento al quale stava aprendo il cuore. Non si sentiva più soffocare ma avvolgere in una stretta morbida e confortevole.

C'era sempre stato quel di più a legarli, ed ora che le cose stavano prendendo una piega inaspettata, forse inevitabile, Jimin non pensava più che fosse un male. Inizialmente aveva voluto vedere solo i lati negativi di quel nuovo rapporto, ma la verità era che si sentiva davvero bene quando poteva vedere Taehyung, parlargli, sfiorarlo, farsi sfiorare, anche solo con uno sguardo e dall'altro capo di una stanza senza dirsi niente. Nei pochi giorni che mancavano allo spettacolo non avevano più avuto nessun momento intimo, ma a Jimin bastava che Tae fosse lì. Bastava.

I'm Your Angel (Vmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora