5. L'Uomo Ratto e i mercanti di capelli

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Tabita spalancò la porta del bagno e per lo stupore lasciò cadere la rete con dentro la vespademone tramortita. Gridò e insieme a lei anche Sofia, che per fortuna non era svenuta a causa della puzza.

«Che hai fatto!» Strillò Tabita.

«Quello che mi hai detto tu!» Ribatté Sofia, gli occhi gonfi di lacrime.

«Che cosa hai usato?»

Sofia lasciò cadere un frammento di vetro bello grosso e lo pestò con il piede.

«Beh...» Tabita si avvicinò all'amica e le sfiorò la testa bagnata. Provò una strana tristezza; dov'erano finiti tutti i suoi bei capelli biondi? Non ne restava che qualche ciocca disordinata, lunga due o tre centimetri. «Ti stanno bene.»

Sofia le tirò un pugno sulla spalla. «Bugiarda!»

«Hai trovato la pulcedemone?»

«Sì. È scappata a causa della puzza che hai messo sulla porta, però ormai i miei capelli... quella robaccia non veniva via... nemmeno con l'acqua... voglio uscire, sto per svenire.»

«Sei stata molto coraggiosa.» Convenne Tabita, sinceramente toccata da quell'avvenimento.

«E tu molto antipatica! Lasciarmi qui...»

Tabita le prese un polso e la portò fuori. In effetti, l'aria da quelle parti era insopportabile. Un po' ci erano abituate; avevano usato spesso dei sassi cosparsi di formiche delle paludi per tenere lontano i demoni durante la notte. «Andiamo. Devo raccontarti una cosa...»

«Dobbiamo vendere quella vespa prima che tornino Daniel e Sam. Se la vedono, i capelli li tagliano anche te.»

«Questo non succederà mai.»

Tornarono nel corridoio con i letti a castello e infilarono la vespa nella federa di un cuscino sudicio. Si erano aggiunti alcuni visitatori; una donna di mezza età dai cortissimi capelli bianchi e un uomo con un cappello nero a tesa larga. I due le guardarono storto, ma non diedero segni di volerle disturbare.

Tabita, seduta sul letto più vicino alla porta, bisbigliò a Sofia dell'incontro con Zampacorvo e le espose i suoi timori. Sofia, proprio come Tabita si era aspettata, la rassicurò: «Non hai nessuna zampa di corvo appesa al collo. Lo stregone voleva solo cacciarti nei guai.»

Anche se cercava di restare concentrata, Sofia continuava a toccarsi la nuca; sembrava ancora più piccola e fragile. Tabita, con il suo pugnale, l'aiutò a sistemare quel pasticcio.

D'un tratto le sue spalle sussultarono.

«Io lo so che simbolo è quello che ti ha mostrato Zampacorvo! È l'Uroboro. Daniel una volta me lo ha mostrato.»

«Ora abbiamo cose più importanti a cui pensare. Con questa vespademone andiamo a prendere un unguento per lavarti la testa. Sei appiccicosa.»

«Dovremmo aspettare i nostri fratelli...»

Tabita la guardò dritto negli occhi e con il mento indicò i due estranei, che restavano zitti in modo sospettoso, come se le stessero spiando. Sofia annuì e insieme si alzarono; in quel momento la donna le chiamò. Sedeva su un letto, rivolta con le ginocchia verso il compagno che stava sonnecchiando. La sua voce rauca faceva venire voglia di grattarsi le braccia.

«Noi conosciamo qualcuno che può aiutarvi.» Disse.

Tabita mise in bella vista il pugnale, poi chiese: «A fare cosa?»

Sofia le conficcò le unghie nel braccio, non voleva conversare con quelle persone, ma Tabita sembrava molto interessata.

«A trovare chiunque stiate cercando.»

Il canto della civetta. La Signora della Morte (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora