6. Donna Salamandra e l'Uroboro

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«Non ti daremo nessuna delle nostre dita!» Esclamò Tabita. Non aveva di certo rischiato la vita per poi consegnare la vespademone a un... uomo ratto. La strana creatura emise una risata agghiacciante, acuta, come se avesse dieci topi nella bocca. «Io baratto informazioni. Il vostro pegno è già stato pagato...»

«C-come?» Balbettò Sofia.

«Rosina ha ascoltato la vostra storia sulla nascita dei demoni. Mi è piaciuta molto. Venite, venite!»

Tabita, dubbiosa, guardò Sofia. «Un po' troppo facile... non credi?»

«A volte succede... – rispose lei – Che le cose siano semplici.»

Tabita decise di fidarsi – di Sofia – e insieme entrarono. Rimasero sconvolte dalla quantità di oggetti presenti in quella stanzetta; cumuli, montagne di oggetti: tazze, attrezzi, cartacce, barattoli vuoti e pieni, vestiti sporchi e tanti altri materiali, componenti non identificati, tendenzialmente viscidi e verdognoli. Anche lì, una sola lampadina blu e tremolante. Ma la forma più strabiliante restava quella dell'Uomo Ratto, che si era abbassato il cappuccio: aveva delle simpatiche orecchie a sventola, la pelle incredibilmente liscia e rosa, il nasino piccolo e un accenno di barba sopra il labbro che pareva quasi un paio di baffi. I denti erano larghi e sporgenti, i capelli lunghi e grigi. Sofia non riusciva a chiudere la bocca: sotto quel mantello di pelo di topo grigio, si agitava una... cosa.

«Secondo me è una coda...» Bisbigliò Sofia.

«Sì, lo è!» Ridacchiò l'Uomo Ratto.

Sofia arrossì, ma lui non si offese; si sedette a gambe incrociate in una specie di nido fatto di paglia e materiale di scarto. Teneva le mani strette al petto.

«Ti chiami proprio così? Uomo...» Si azzardò Sofia, che era troppo curiosa, ma Tabita le diede una gomitata.

«Oh! Che gentile» bofonchiò la strana creatura. «Mio padre e mia madre erano uomini e mi diedero un nome, ma dopo aver mangiato quel grosso demone topo me lo sono dimenticato.»

«Lo hai... mangiato?» Sibilò Sofia; la sola idea le dava la nausea.

L'Uomo rise, dondolando come un pendolo.

«Basta chiacchiere! Ho una domanda per te, poi ce ne andiamo» s'impose Tabita. Lui fece segno di parlare e una ventina di topini si affacciò a fissarle. «Mi raccomando, puoi farmi solo una domanda.» Sussurrò poi, sporgendosi in avanti. Tabita si chiese se per caso non ne avesse avute tre e due le avesse già bruciate Sofia.

«Voglio sapere cosa sai della missione Rubino Rosso.»

L'uomo rimase zitto; al suo posto si levò un fastidioso squittire, come se lui stesse pensando attraverso i suoi topi. In fondo, erano loro a gironzolare tutto il giorno per i sotterranei. Forse, ne sapeva più lui del Negromante. Il cuore di Tabita batteva forte: se l'Uomo Ratto avesse saputo rispondere alla sua domanda, non ci sarebbe stato bisogno di disturbare Donna Salamandra... non che Tabita fosse davvero intenzionata a tagliarle una mano, però... iniziava a chiedersi cosa fosse disposta a fare pur di raggiungere i propri obiettivi. Forse Sam sarebbe stato d'accordo con lei, per una volta. La gente che incontrava non si faceva alcuno scrupolo nei loro confronti ed era arrivato il momento di accettarlo: mors tua vita mea – niente di meno che il motto dell'Esercito dell'Arma. Quella era la vera iniziazione per accedere al mondo degli adulti, incisa a caratteri cubitali nella facciata principale di ogni sede dell'Arma situata nel continente di Atena.

«Mi dispiace, bocconcino.» Sentenziò l'Uomo. «Questa è un'informazione riservata.»

«Riservata?! Qui?!» Si agitò Tabita. Sofia le strinse il braccio, mormorandole di calmarsi.

Il canto della civetta. La Signora della Morte (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora