26. Quel che resta dell'umanità / Parte II

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All'improvviso Tabita si trovava sott'acqua, con una morsa alla gola, e vedeva il fondo della barca allontanarsi sempre di più. Si dimenò, presa dal panico, immersa in quel verde grigio gelido. Riuscì a tranciare il tentacolo che la incatenava e il demone si dileguò nelle profondità. Si diede la spinta con le gambe verso la superficie, ma un altro tentacolo le avvolse la caviglia e la trascinò ancor più giù, senza che lei riuscisse ad opporvisi; con l'altra gamba cercava di colpirlo, ma più si agitava, più la riserva d'aria rimpiccioliva e la paura aumentava. Ora Tabita riusciva a vederlo bene, un polpo striato, di un verde-blu che si mimetizzava con il fondale; vide i tentacoli sinuosi e così lunghi che avrebbero potuto avvolgerla in un bozzolo, e la bocca, un nero cerchio dentato in tutto il suo perimetro. Gli occhi rossi scintillavano nel buio. Tabita scalciò ancora, provò ad allungare il kartika per conficcarlo nel demone, ma quello tirava e di quel passo l'avrebbe attirata così in basso che nemmeno se si fosse liberata sarebbe riuscita a tornare a galla in tempo. Altre ombre danzavano, più in giù, tutt'attorno alla barca come un vortice; Tabita agitava inutilmente il kartika per tenerle lontane.

All'improvviso l'acqua venne smossa, qualcuno si era tuffato.

Ali...

Ali aprì un pugno e rilasciò una manciata di polvere che reagì frizzando; all'istante il demone la lasciò andare, ritirandosi. Il ragazzo afferrò Tabita per un braccio e riportò a galla entrambi.

Tabita riemerse e tossì in modo spasmodico; Ali la sostenne, finché lei non lo spinse via, travolta dall'ossigeno che le bruciava i polmoni. Ansimante, scoprì che l'uomo scelto come portatore aveva slegato la barca e nuotava verso la riva, tirandosela dietro.

«Lui non ci serve più, ho trovato un modo per trasportare la cassa oltre la linea.» Disse Ali.

«Non c'è nessun ci, nessun noi!» ringhiò Tabita. Goffamente, arrancò verso di lui con l'intenzione di spingerlo sotto, ma lui le rivolse l'accenno di un sorriso e si allontanò.

«Come vuoi tu» le diede le spalle. «Ti ha ferita al collo. Ritirati e vai a medicarti» le urlò, iniziando a nuotare verso la barca.

Tabita ricordò all'improvviso quanto avesse sofferto suo fratello della ferita alla gamba, eppure, toccandosi il laccio in rilievo che le segnava la pelle, percepì un lieve bruciore sopportabile; la caviglia, fortunatamente, era ben coperta dai pantaloni. L'aveva notato, però, il modo confuso in cui Ali l'aveva scrutata, appena riemersi. Tabita capì che la droga aveva fatto effetto, e funzionava, perché ora che si era calmata percepiva con ancor più intensità i luoghi pregni di energie demoniache e quelle invece sicure. E come ogni droga, ne avrebbe sentito il peso più tardi. Non aveva molto tempo.

Nuotò verso la riva, studiando la situazione. Sulla terraferma pareva essere avvenuto un sodalizio. Due donne, molto simili per abbigliamento e aspetto, entrambe indossavano un mantello nero, attendevano l'arrivo della cassa. Se due di loro erano alleati, allora era meglio che Tabita si assicurasse di arrivare sulla spiaggia in buona compagnia.

Ali raggiunse la chiatta e ci salì. L'uomo, che ancora non toccava ed era costretto a nuotare, s'infuriò; di nuovo Ali srotolò la sua sciarpa, la aprì come se volesse stenderla al sole e poi saltò in acqua, atterrando in modo che la stoffa coprisse l'intero volto del suo avversario e riuscendo così facilmente a spingerlo sotto. S'immerse insieme a lui. Per diversi minuti Tabita non vide nulla, solo un gorgogliare di bolle, e pensò che quello fosse il momento giusto per rubare la barca. Dall'altro canto, però, non aveva idea poi di come affrontare da sola le ultime due concorrenti, che avidamente scrutavano la scena a braccia conserte, e soprattutto di come trasportare la cassa da sola.

Vorrà dire che li ucciderò tutti, così avrò il tempo di pensarci.

Sperò quasi che Ali e il portatore si ammazzassero a vicenda, levandole un pensiero, ma Ali riemerse, riprese fiato e diede uno sguardo a Tabita, che roteava gli occhi. Aspettò che la raggiungesse, e insieme salirono sulla barca per un minuto di riposo. Si sedettero sulla cassa, dandosi le spalle. Tenevano d'occhio la spiaggia, che pareva essere stata bombardata, con tutte quelle buche e i morti. Per la prima volta, Tabita fu felice che Sofia non fosse con lei, non avrebbe mai sopportato una visione del genere.

Il canto della civetta. La Signora della Morte (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora