Quando Tabita vide per la prima volta Mastro Sanat, pensò che fosse metà uomo e metà angelo. Solo il sole, il fuoco e gli angeli potevano emanare quella luce. Non era una vera e propria luce... la sua pelle era bianca, i capelli erano bianchi, le labbra velate di bianco e gli occhi altrettanto bianchi. Allo stesso tempo, però, li attendeva con un'espressione sospesa nell'incertezza, con il mento alto come se li fiutasse, seduto a gambe incrociate sopra un grande cuscino. Non era certo il portamento di un angelo, quello. Per raggiungerlo avevano dovuto salire una lunga scala, senza alcun corrimano. Si alzava nel vuoto e conduceva verso una piattaforma circolare fatta di pietra. Nel soffitto le corrispondeva un altro cerchio luminoso, fatto di vetro. Ecco, riuscì a pensare Tabita, è quella luce misteriosa a far sembrare quell'uomo un santo. Bisogna sempre stare attenti a non farsi ingannare. Sofia invece pazientava, fremendo nella sua veste nuova; si sedette con le ginocchia sotto il corpo su uno dei cuscini per gli ospiti, disposti ad arco attorno all'uomo.
Mastro Sanat, che sembrava davvero molto vecchio, parve riconoscerla perché distese le labbra in un sorriso tenero.
In silenzio, ognuno prese posto. Tabita sentiva che suo fratello le lanciava delle occhiate, ma le ignorò ostinatamente. Daniel era particolarmente cauto, come se si trovasse di fronte a una potenziale scoperta scientifica rivoluzionaria, per esempio l'esistenza di Dio. Tara si muoveva goffamente, a disagio; d'un tratto si era scoperta impreparata di fronte a tutto ciò che aveva sempre desiderato.
Anche Tabita continuava a studiare Mastro Sanat. Profonde rughe gli solcavano il viso, come se fosse rimasto impigliato nella ragnatela di un demoneragno. La veste era così ampia che a stento si riconosceva l'esistenza di un paio di gambe, là sotto. Mastro Kumara andò a sedersi alla destra di suo fratello. «Ponete pure le vostre domande. Uno alla volta.»
Tabita si schiarì la voce. «Pensavo che Mastro Sanat – abbassò la voce pronunciando il suo nome – dovesse interrogarci.»
«Lo ha già fatto.» Rispose Kumara, in tono amichevole.
Nessuno seppe come interpretare quelle parole.
Ad aggiudicarsi la prima domanda fu Sofia. «Mastro Sanat, qual è stato il primo demone a mettere piede sulla Terra?»
Daniel arrossì; Tabita avrebbe voluto strozzarla. Come si può porre una domanda tanto ingenua?!, avrebbe voluto gridarle.
«Bambina, il primo demone a mettere piede sulla terra... fu l'essere umano.» Rispose Mastro Kumara.
«Siamo una cosa tanto brutta?» Sussurrò Sofia, dopo un istante di timidezza. Tabita notò che lei non guardava Kumara, che le stava rispondendo, ma Sanat. Allora le baluginò nella mente un'idea, ovvero che Kumara sapesse leggere nel pensiero del fratello per dargli poi voce. Forse, per qualche motivo Sanat non poteva più parlare.
«Sei brutta nella misura in cui ti vedi brutta. Perché crei sempre quel che pensi, e se non lo accetti il tuo pensiero diventa un demone che continuerà a inseguirti, finché non lo riconoscerai come parte di te. Entrare nella carne è troppo doloroso per lui, e vorrà divorarti. Entrare nel male è troppo doloroso per te, e vorrai eliminarlo. Ma se resterà solo uno di voi due, allora non esisterà più niente.»
Ancora una volta, Tabita non capì. Sofia era sull'orlo del pianto. D'un tratto, Mastro Sanat volse pazientemente la testa proprio verso Tabita. Quegli occhi bianchi le parvero uno specchio e le vennero le vertigini. Si sentì smarrita. Dopo sei lunghi mesi di viaggio, in cui aveva rischiato di morire più volte, sei mesi in cui non aveva pensato nemmeno una volta di rinunciare e di mettersi al sicuro, pur di conoscere la verità, dopo così tanto tempo Tabita era arrivata a destinazione e non se n'era accorta, stordita dal lusso e dal cibo, dal buon sonno. Sarebbe stata, ora, altrettanto coraggiosa da ascoltare la risposta? Strinse forte le mani sulle ginocchia. Lo desiderava con tutto il cuore. Eppure... il cuore le batteva forte, un senso di paura le agguantò la gola; conosceva già la risposta, era sempre stata lì. A darle il colpo di grazia fu l'ennesima preoccupazione: l'idea che quel terrore sconosciuto stesse generando un demone gigante, che un giorno sarebbe venuto a prenderla.
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Il canto della civetta. La Signora della Morte (Vol. 1)
FantasyDa secoli i cacciatori di demoni tramandano un motto: benedetta dove poggia, maledetta dove guarda. Tabita aveva sempre sognato di udire il canto di una civetta. Ora che è successo, però, la sua casa è distrutta e i suoi genitori sono scomparsi, e n...