7. Tara e la Città degli Alchimisti

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Daniel correva tirandosi dietro Sofia; Samuel chiudeva la fila, spingendo Tabita in avanti. All'improvviso, dal fondo del canale sbucò una ragazza. «Di qua! Venite!»

Con enorme sconcerto di Tabita, Daniel la seguì. Percorsero un altro lungo canale, poi la misteriosa apparizione svelò una scaletta di metallo da dietro un groviglio di cavi. Tabita si rifiutò, ma Samuel le pungolò le costole. «Vai! È nostra amica.»

«Amica

Dopo tutto, Tabita non aveva molta scelta. Si arrampicò, per poi trovarsi a strisciare in un cunicolo. Giunsero in un vero e proprio nascondiglio segreto, un buco nella terra, una tana di volpe, completamente al buio. Dovettero stringersi l'uno all'altro e tenere le ginocchia al petto. Tabita iniziò a soffrire di claustrofobia. «Questo posto ci crollerà sulla ...»

«Oh, no! È sicuro» bisbigliò la ragazza. Doveva avere la stessa età di Tabita e portava due graziose codine. Tabita notò uno scintillio e le si imperlò la fronte di sudore freddo; la sconosciuta stringeva in mano una lama a mezzaluna.

«Voglio uscire.» Pretese Tabita.

«Adesso usciamo, ma dobbiamo essere sicuri che non ci senta nessuno.» Rispose quella.

Daniel sbirciò nel cunicolo, facendo segno di stare zitti. «Via libera.» Disse poi.

«Bene, alzate le mani.» La ragazza sollevò le braccia sopra la testa.

Per qualche secondo non successe nulla, poi delle radici che penzolavano dal soffitto le si avvolsero ai polsi, un'altra le circondò la vita. Sofia, con gli occhi sgranati, eseguì l'ordine ma Tabita scacciò le radici con le mani; si ritirarono come animali spaventati. «Siete matti?! Che stregoneria è mai questa?!» Gridò.

Sam le tappò la bocca e Daniel si chinò su di lei. «Ci ha aiutati al mercato. Si chiama Tara e possiamo fidarci di lei.»

Tabita morse il dito di suo fratello. «Vi siete già dimenticati cos'è successo l'ultima volta che ci siamo fidati?»

Daniel le strinse le mani, con impeto e urgenza; Tabita ammutolì.

«Non permettere al male del mondo di spegnere il tuo cuore» le sussurrò. «Un uomo senza cuore è cibo per demoni.»

Daniel, continuando a stringere i polsi di Tabita, sollevò le braccia come aveva fatto Tara. Tabita chiuse gli occhi mentre le radici scendevano di nuovo, l'avvolgevano delicatamente e la sollevavano. Nel giro di pochi minuti si ritrovarono tutti e cinque all'aria aperta, nel bosco, in una zona inesplorata.

«È il tuo potere questo?» Chiese Sofia, meravigliata.

«Oh, no. Magari! Questo è un Albero Divoratore.» A quelle parole anche Daniele e Sam vacillarono. Tara ridacchiò – era impressionante quanto ridesse la gente di Vecchia Spina. «Non si nutrono di esseri umani, anzi. A forza di divorare piccoli demoni, come lombrichi o insetti, hanno... assorbito il loro potere e hanno sviluppato una coscienza. Con me quest'albero è molto buono. Lassù, guardate, c'è la mia tana!»

«Ma gli alberi non mangiano gli insetti.» Commentò Sofia, sospettosa.

«No, ma molte creature muoiono tra le sue radici. Il corpo diventa terra, e la terra diventa nutrimento.»

«Ma come fanno a sviluppare una coscienza se i demoni non ne hanno una?» Tabita era certa che quella domanda fosse lo scaccomatto, ma Tara scrollò le spalle ed entusiasta esclamò: «Appunto! Non è incredibile? Non possedere una coscienza, ma essere materiale utile per produrne una. Quant'è triste la vita di un demone.»

La risposta accontentò tutti, e Tabita notò un certo stupore negli occhi di Daniel, che non la misero per niente di buon umore. L'Albero era un tasso molto grande e nodoso; non troppo alto, ma grosso come dieci o quindici Donna Salamandra messe insieme, e i rami erano così vasti da sembrare una casa.

Il canto della civetta. La Signora della Morte (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora