11. Sofia e le sabbie mobili

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«Lo Stregone commerciante sei tu?! Perché non mi hai detto niente?» Si lamentò Tabita. Danesh Gumpta ridacchiò, mentre la sua compagna aiutava Tara a salire a bordo della carovana.

«Non posso rispondere a quel che vuoi sapere tu.»

«Come fai a sapere quello che voglio sapere?» Non fece in tempo a formulare ad alta voce quella domanda che Tabita fu attraversata da un brivido di nausea. Proprio come Zampacorvo conosceva i segreti di chi camminava nella sua ombra, Danesh Gumpta conosceva i pensieri di chi gli stava attorno.

«Chi conosce le tue risposte non si trova qui. Se vuoi conoscere le risposte devi venire con me a Linguaverde.»

«Col cavolo che salgo su quel coso!»

L'uomo batté una mano sulla testa dello scorpione, che emise un verso acuto e raccapricciante. Tara, sconsolata, sbucava dalla carovana e salutava con la mano; solo Daniel ricambiò.

Sofia trattenne Tabita, che assieme agli altri stava per andarsene. «Potrebbe essere la volta giusta! Che ci costa andare a Linguaverde? Io ci voglio andare!» Esclamò con urgenza, senza staccare gli occhi dall'unico mezzo che avrebbe potuto aiutarla ad attraversare il deserto con Tara, in cerca della Città degli Alchimisti.

«Io non attraverso un deserto sconosciuto in groppa a un demone guidato da uno stregone che, occasionalmente, vende anche capelli ai Negromanti. – sottolineò Tabita – Troveremo quel che cerchiamo in modi più sicuri.»

«Da quando sei diventata così responsabile?» Sofia pareva molto delusa.

«E poi tu non hai nessun segreto da scambiare.» Daniel cercò di alleggerire la situazione, ma sua sorella aveva uno sguardo strano in volto, che non le aveva mai visto.

«Scusa...» mormorò Sofia. Poi estrasse da una tasca una pallina e la scagliò a terra: si sprigionò una nuvola di fumo bianco.

«Sofia!» Gridò Daniel, perdendola di vista. Quando Samuel spazzò via la coltre, la videro: aveva raggiunto lo scorpione, ingoiata dal turbine di sabbia che sollevava con le zampe, e ora Tara le porgeva le mani per aiutarla a salire. Samuel mirò allo scorpione, con tutta l'intenzione di farlo levitare in aria come un uccellino, ma Daniel lo atterrò. «Idiota! Danesh Gumpta può ucciderti semplicemente esprimendo un desiderio!»

«Allora uccidiamolo prima noi!»

Nel frattempo, Tabita inseguiva la carovana, gridando allo stregone di fermarsi. Udiva Gita ridere di pancia. Quando i suoi piedi iniziarono ad affondare nella sabbia, e il calore del deserto le arroventò bruscamente la pelle, come se avesse varcato la soglia di un'altra dimensione senza accorgersene, Tabita si sentì prosciugata da ogni energia e faticò a proseguire. Quale sortilegio era mai quello? Come aveva potuto Sofia abbandonarla così? Chi le aveva dato quella maledetta bomba fumo? Perché diavolo Tara l'aveva aiutata a salire? Tabita strinse forte l'impugnatura dei kartika; li avrebbe restituiti alla legittima proprietaria con gli interessi. Chiuse gli occhi e immaginò che ogni cosa divenisse nera, come si addice ai segreti.

Danesh Gumpta, io ti cedo il mio segreto più profondo. In cambio, voglio salire sulla tua carovana.

Tabita espresse intensamente la sua intenzione.

All'improvviso la sabbia sotto i suoi piedi s'indurì, attorno agli stivali e alle caviglie, e iniziò a trascinarla verso la carovana; Tabita scivolò sul sedere e poté solo coprirsi gli occhi e la bocca. Ora la sabbia l'avvolgeva completamente e non riusciva a vedere nulla. Capì quel che era successo solo dopo, dopo un grosso tonfo e una botta sulla testa. Fu sputata dentro la carovana, dritta dritta contro il fondo di legno, sopra un ammasso di casse piene di pellicce. Non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi attorno, che di nuovo le si oscurò la vista.

Il canto della civetta. La Signora della Morte (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora