47- Fuga

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Midoriya non sapeva che giorno fosse, non sapeva se era mattina o sera o che ora fosse. Era facile, perdere la cognizione del tempo, quando si è rinchiusi all’inferno:

Le mura bianche sembravano guardarlo male, giudicarlo, o forse era la sua immaginazione? Erano sempre più vicine, lo stavano per schiacciare, ne era sicuro. Volevano fargli del male, se no per quale motivo se ne stavano lì a fissarlo? Forse stava soltanto delirando.

Dopo la “visita medica” lo avevano incatenato ad una brandina, impossibilitando ogni suo tentativo di movimento. I polsi gli facevano male, si era ribellato così tanto che le catene avevano graffiato e tagliato la sua pelle candida, che ora aveva assunto un colorito violaceo e verdognolo. Ma la cosa più soffocante non era essere legati, non erano nemmeno le mura bianche a terrorizzarlo, ma quelle dannate pillole che aveva ingerito. Cosa gli stavano facendo? Non ne era certo, ma dei puntini colorati danzavano davanti ai suoi occhi ed era abbastanza sicuro che non fossero reali. 

Ma non c’era tempo per farsi altre paranoie, doveva uscire di lì. A tutti costi. Non voleva impazzire e di certo non voleva essere un’arma. 

Si, ma come?

Era passato diverso tempo, a breve la guardia sarebbe passata a portargli il pasto. Fosse, se avesse finto un malessere, sarebbe riuscito a farsi slegare.

Prese fiato, un’idea che non gli piacque gli balzò in mente.
Doveva farlo, allora perchè era così terrorizzato?

Iniziò a tirare le catene e a sfregarci i polsi contro, faceva dannatamente male, ma continuò. Ancora e ancora, si morse le labbra per non fare rumore.

Si lasciò andare solo quando sentì un liquido caldo scivolargli sulle dita e, con un tempismo terrificante, in quel momento entrò la guardia.

“Che cazzo fai?!”

Abbandonò il carrello all’ingresso e si avvicinò a lui. Velocemente gli slegò i polsi e le gambe, infine anche la catena al collo.

“Se scappi, ti sparo, mi hai capito?”

Lo tirò sù e lo strattonò fuori dalla piccola cella. 

Lo trascinò lungo un piccolo corridoio, svoltò a destra ed entrò in una sala quadrata, piena di altre porte identiche alla sua. Al centro c’era una scrivania quadrata lilla, piena di scartoffie e con un computer. Seduta dietro c’era una piccola donna ossuta, che con una mano scriveva sulla tastiera e con l’altra reggeva i tondi occhiali.

“Simon, chiama qualcuno che accompagni questo idiota dal Dr.Danjuro Tobita, è lui che se ne occupa giusto? Comunque io non posso, devo finire il giro”

Un’altra guardia, che passava in quel momento, si avvicinò. 

“Posso portarlo io, stavo andando da lui giusto in questo momento”.

La prima guardia si girò. “Ah grazie amico, ma sta attento, si è ferito da solo, potrebbe essere aggressivo.

La seconda guardia alzò il fucile. “Non mi preoccupa, andiamo”.

Mi afferrò il braccio e mi strattonò verso di sè. 

Imboccò un’uscita a sinistra e mi trascinò fino agli ascensori, premette il pulsante.

“Midoriya”. Di scatto feci per girarmi, ma lui mi interruppe. “Non farlo, ci sono telecamere ovunque, mi riconosci?”.

Cercai di ricordare, di chi era questa voce? Non potevo vederlo in volto, quindi mi dovevo basare solo su quella.

Calda, profonda e familiare, ma dove l’avevo sentita? Poi un ricordo sfrecciò sotto i mieiocchi e la malinconia mi assalì.

“M-mirio.. c-che ci..” tirai su con il naso e mi imposi di non piangere, “che ci fai tu qui?”

“Non c’è tempo, ti spiegherò tutto dopo, ma tu devi fare esattamente come dico io, okay? Sette volanti di polizia aspettando un mio segnale per fare irruzione, ma niente deve andare storto, okay?”

“S-si, ho capito, c-cosa devo fare?”

Le porte dell’ascensore si aprirono ed entrambi ci zittimmo.

Un dottore entrò, salutando la guardia.

“Dove lo porti?”
“Oh deve andare a fare le foto giù in salone, forse non è adatto all’esperimento e hanno deciso di venderlo”
“Ah capisco, beh con quel faccino ci guadagneremo, prego”
Si spostò e ci fece uscire.

“Siamo al piano terra, fingi di voler scappare”.

Mi buttai per terra ed inizia ad urlare, “LASCIAMI! LASCIAMI TI PREGO!”

“Alzati, stupido Omega!” Mi strattonò verso l’alto e cercò di trascinarmi fino ad una porta.

“NO! NO! LASCIAMI!”. 

Aprì la porta e mi spinse dentro, puntandomi contro il fucile, per poi chiuderla.

Una dottoressa stava preparando un telo bianco.

“Deve fare le fot- Non possiamo fargliele quando è sporco di sangue! Argh!”
Si alzò ed aprì un cassetto, non trovando ciò che cerava.

“Vado a prendere le bende, tienilo qui e chiudi la finestra, non vogliamo che scappi?”
"Sì signora, stia tranquilla” poggiò la punta del fucile contro il mio petto, “non gli verrà neanche in mente di farlo, mh?”

La dottoressa uscì di fretta e furia, sbattendosi la porta dietro. 

“..Okay è andata”, corse verso la finestra e la spalancò. Diede un'occhiata fuori, poi si girò verso di lui.
“Adesso ti lancio fuori, aspettami e non fare rumore, okay? Non è alto.”
“V-va bene”

Mi afferrò dai fianchi e mi alzò, facendomi saltare fuori dalla finestra ma, con un pessimo tempismo, entrò la dottoressa.

“Che stai- GUARDIE! GUARDIE! STA SCAPPANDO! GUARDIE!"

Ma la povera signora non fece in tempo a dire altro o a scappare, perchè il fucile la colpì in pieno viso, mandandola k.o.

Mirio saltò fuori e mi afferrò dai fianchi, iniziando a correre.

Sentii degli spari sfiorarci ed urlai terrorizzato. Ma Mirio svoltò e corse verso un’auto parcheggiata lì.

Salì a bordo e mi mollò nel posto passeggero. Velocemente chiamò un numero e diede l’ordine di irruzione. Ma le guardie erano vicine, che non ce l’avessimo fatta?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 29, 2022 ⏰

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