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Mentre chiudevo le valigie ripensavo a tutto ciò che stavo lasciando in quel piccolo appartamento di Brooklyn, che negli ultimi mesi era stato non solo la mia casa, ma soprattutto il mio rifugio. Ero partita in fretta e furia da Firenze, con la voglia di iniziare da zero con la mia vita. Lontana dalla mia famiglia, lontana dai miei amici ma soprattutto lontana da lui. Avevamo passato dei mesi bellissimi insieme, ma poi qualcosa si era incrinato e dopo l'ennesimo litigio, dopo quella frase pronunciata da lui, non potevo più restare.
Ero arrivata a New York a inizio novembre, carica di paure e di speranze. Per fortuna la cugina di mio padre, che vive negli Stati Uniti da una vita, mi ha aiutato a sistemarmi, a cercare una casa e a trovarmi un lavoretto. Qualche settimana dopo il mio arrivo mi ero trasferita nell'appartamento in cui ho poi vissuto per otto lunghi mesi. Avevo trovato lavoro in un istituto culturale, insegnavo italiano agli studenti e avevo la possibilità di leggere i numerosi volumi di storia presenti nella loro bellissima biblioteca. Dal primo giorno, avevo cercato di concentrarmi sulle cose migliori dell'esperienza che avevo deciso di intraprendere, ma la mia mente inevitabilmente tornava a ciò che avevo lasciato dietro di me. La famiglia, gli amici, un amore così folle da fare male.
Per fortuna a New York avevo trovato delle persone speciali. Dal primo momento, la cugina di mio padre mi aveva fatto entrare nella sua famiglia, facendomi sentire accolta e amata. Grazie al mio lavoro, avevo conosciuto Michelle, che frequentava la biblioteca per i suoi studi. Avevamo stretto subito amicizia e lei mi aveva gradualmente presentato tutto il suo gruppetto di amici, con i quali passai alcune delle notti più belle della mia vita.
Nonostante le difficoltà iniziali, lasciare tutto questo non era facile, ma ormai inevitabile. Avevo mentito alla mia famiglia, alla mia migliore amica: mi ero tenuta dentro un segreto così grande che, senza il sostegno di quella nuova famiglia americana, ne sarei uscita distrutta.
Non potevo più rimandare il mio ritorno, avevo sempre saputo che ad un certo punto sarei dovuta tornare in Italia, ma ora che la partenza era così vicina ero tentata di restare.
Mesi prima, sull'aereo che mi aveva portata verso la mia nuova vita, avevo promesso a me stessa che sarei tornata indietro, per rispondere a tutte le domande che i miei amici e la mia famiglia mi avevano posto dal giorno in cui avevo annunciato la partenza.
Ma soprattutto, avevo promesso che sarei tornata da lui.

VITTORIA - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora