23.

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Federico era salito nel suo appartamento per vestirsi prima di affrontare ciò che per troppi mesi avevamo evitato.
In quei lunghissimi minuti da sola, avevano iniziato a ripensare a tutte le volte che, per un motivo e per l'altro, avevamo rimandato quel momento. Questa volta però, accantonare il discorso sarebbe stato impossibile.
Nonostante l'apparente indifferenza che avevo indossato insieme ai vestiti puliti, ciò che era appena accaduto nel bagno mi aveva destabilizzato. Riuscivo a percepire le pulsazioni nel punto esatto del mio collo che Federico stava baciando, mi sembrava di sentire ancora le sue mani stringere la mia schiena, come se i suoi polpastrelli fossero rimasti impressi sulla mia carne. Il suo respiro caldo sulla guancia, il battito accelerato, la voglia di eliminare ogni barriera tra i nostri corpi: mi sembrava di essere ancora in quel bagno. Desideravo così tanto ridurre le distanze tra me e Federico che avevo quasi maledetto Vittoria per il pessimo tempismo.
Per evitare ulteriori distrazioni, cullai mia figlia con dolcezza per metterla a dormire. Lei mi guardava, con gli occhi spalancati che aveva ereditato dal suo papà, ma dopo aver canticchiato una canzoncina era caduta in un sonno profondo. Ne approfittai per asciugarmi un po' i capelli e poi raggiunsi il divano: per un attimo pensai che Federico avrebbe potuto evitare il confronto, ma non lo fece. Aprii la porta e lo trovai di fronte a me. Aveva ancora i capelli umidi e indossava una t-shirt bianca abbastanza aderente: i miei occhi, ormai calamitati dal corpo del mio ex fidanzato, vagavano dall'addome alle braccia e lui se ne accorse.
"Mi dai una mano a mettere la felpa? Sai col braccio in queste condizioni mi risulta difficile"
Lo feci entrare e lo aiutai con la manica destra.
"Grazie, sai non vorrei che ti deconcentrassi a forza di squadrarmi" mi disse ridacchiando.
Rimasi sorpresa da tanta sfacciataggine, ma risi anche io: che senso aveva negare dopo quello che stavamo per fare in bagno?
"Si, forse è meglio" risposi a Federico senza la minima esitazione.
Ci sedemmo sul divano, aspettando che l'altro dicesse qualcosa. Iniziammo a parlare insieme, ma mi zittii e feci continuare Federico.
"Vado subito al punto, da quando ci siamo rivisti ho ripensato a noi, alla nostra storia... le cose non andavano bene, è vero, ma non riesco a capire perché non mi hai detto della gravidanza"
Sospirai. Immaginavo che Federico avesse riflettuto su ciò che era accaduto più di un anno prima, ma soltanto adesso, sentendo la sua voce spezzata, capivo fino in fondo quanto avesse sofferto.
"So cosa stai pensando Fede, ma toglitelo dalla testa. Non ho mai dubitato di te come persona e sono sempre stata sicura che, se avessi voluto, tu ci saresti stato per noi. Quella sera avevo in mente di dirti che in realtà ero incinta e che il test non si era sbagliato, ma poi abbiamo iniziato a litigare e ho pensato di far passare la serata prima di rivelarti tutto."
"Però poi hai cambiato idea, visto che te ne sei andata"
Lo guardai: i miei occhi iniziavano ad inumidirsi al ricordo degli eventi di quella sera di ottobre. Federico si avvicinò, come per incoraggiarmi a continuare.
"In realtà non me ne sono andata subito. Sono stata in terrazza per un po', e quando poi sono rientrata ti ho sentito parlare in cucina, probabilmente con Manuel"
Lui mi fissava senza capire cosa stessi per dire, io cercavo di prendere tempo, consapevole che le mie parole lo avrebbero ferito.
All'improvviso, come in un lampo, vidi il suo volto cambiare. Federico sembrava essersi ricordato tutto d'un tratto di quella conversazione, uno sfogo privato con un amico che sarebbe dovuto rimanere tale, ma che invece aveva finito per essere la causa della mia partenza.

VITTORIA - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora