25.

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Restammo in silenzio per qualche minuto: sapevo che Federico avesse capito tutto, non era necessario esplicitare le cose. Dal momento in cui avevo menzionato Loca il suo volto si era incupito: potevo immaginare i pensieri che occupavano la sua mente.
Notai che aveva gli occhi lucidi e mi avvicinai: non volevo che si sentisse colpevole, ma ero consapevole che solo affrontando il discorso avremmo potuto finalmente mettere un punto a ciò che eravamo stati.
"Ehi Fede, ti prego non fare così"
"Ti ho sempre dato la colpa, e invece te ne sei andata a causa mia" disse rivolto più a se stesso che a me.
Non sapevo bene cosa dire: non potevo fingere, quella frase mi aveva spezzato il cuore e squarciato l'anima. Non potevo permettere che la vita che stava crescendo nel mio ventre percepisse di non essere desiderata.
"Fede guardami. So che non pensavi quelle cose, l'ho sempre saputo e ne ho avuto conferma quando hai preso Vittoria in braccio per la prima volta. Mi dispiace essere scappata, ma non riuscivo a vedere altre soluzioni: all'inizio ho pensato che davvero non volessi un figlio da me, e non avrei mai potuto metterti nella condizione di essere padre senza davvero desiderarlo. E ho deciso di partire. Dopo qualche giorno, a mentre fredda, ho capito che avresti accolto questa novità con tutto l'amore possibile e ho pensato di restare, di correre da te. Poi però mi sono tornate in mente le nostre discussioni. Non potevo permettermi altri litigi, altre urla, altre incomprensioni: dovevo e volevo affrontare i mesi successivi con tutta la tranquillità che una gravidanza richiede. E l'unico modo per farlo era allontanarmi dall'unica persona che desideravo avere al mio fianco."
Aspettai una sua risposta, ma lui sembrava perso tra i ricordi. Così gli presi la mano e per la prima volta svelai al mondo e a me stessa tutta la verità.
"Quando ho deciso di partire, l'ho fatto per noi. Anche dopo aver capito che quella frase era solo dettata dal momento, ho deciso comunque di andarmene. Ho rinunciato ad averti accanto, ti ho impedito di vivere la gravidanza con me e non ti immagini neanche quanto mi sia pesato. Ma se fossi rimasta, non saremmo mai riusciti a ricostruire il nostro rapporto: avevamo raggiunto un punto di non ritorno, e la gravidanza avrebbe rappresentato soltanto una tregua transitoria. Era necessario separarci. Ho sacrificato molto Fede, ho sacrificato anche Vittoria, ma speravo un giorno di poterle spiegare le mie scelte con te al mio fianco, qualche fratellino, e due genitori innamorati. Quindi non pensare che io me ne sia andata perché non ti amavo più. Ogni mio gesto è stato dettato dall'amore che provavo per te, che non mi ha mai abbandonato."
Lui si asciugò il viso e cercò di ricomporsi. Poi prese il telefono e mi fece leggere una nota.

28/10, ore 22:46
Sono passati tre giorni da quella sera e non so niente di te: non ti ho cercato e tu hai fatto lo stesso. Forse è giusto così: negli ultimi tempi non ci capivamo, stare lontani per un po' potrebbe farci bene. Ho la sensazione che un giorno tornerai e saremo in grado di rispondere a tutte le domande di questi giorni. Non dimenticarti mai che ti amo, oggi e sempre, nonostante tutto.

"Volevo inviartelo, ma poi non l'ho fatto. Mi dispiace averti ferita e averti spinta con le mie parole ad andartene. Mi dispiace non averti scritto, non averti cercato. Però non ho smesso di amarti, neanche per un secondo, neanche quando mi sono avvicinato a altre donne. Sei stata sempre nei miei pensieri e spero che potrai perdonarmi per quelle parole. Tu e Vittoria siete la cosa migliore che mi sia capitata, vi amo."

VITTORIA - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora