30.

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La mattina seguente mi svegliai, per la seconda volta in quella settimana, nel letto di Silvia. La guardai a lungo, soffermandomi sulle ciglia lunghe e sulle labbra leggermente schiuse. Guardarla dormire era, senza alcun dubbio, una delle mie cose preferite.
Dopo poco sentii Vittoria piangere e la raggiunsi, cercando di far dormire la ragazza ancora un po'. Non lo avrebbe mai ammesso, ma prendersi cura di tutto da sola era faticoso, e la mia famiglia aveva finito per essere un ulteriore impegno.
Il giorno prima, chiacchierando del più e del meno, i miei genitori si erano proposti di tenere Vittoria per qualche giorno per permettere a Silvia di fare il viaggio a Parigi regalato tempo prima dalle amiche, che aveva rimandato dopo aver scoperto la gravidanza. La prenotazione era valida ancora per pochi mesi, e Silvia non voleva perdere quella possibilità, considerata anche la cifra non indifferente spesa per quel regalo.
Mentre cullavo mia figlia, pensavo e ripensavo a quel viaggio: avremmo dovuto farlo insieme, avevamo già organizzato tutto, ma poi ci eravamo lasciati. Così, non appena Silvia si alzò e ci raggiunse in cucina, ancora assonnata, le dissi: "senti, ho tre giorni liberi la prossima settimana: lasciamo Vittoria dai miei o dai tuoi e andiamo a Parigi".
Rimasi stupito dalla sicurezza con cui avevo pronunciato quelle parole e anche Silvia sembrò confusa da quella proposta mattutina. Notai il suo sguardo e aggiunsi: "se ti va".
Lei si mise a ridere e si avvicinò: lasciò un tenero bacio sulla testa della piccola, poi si rivolse a me con le labbra ancora increspate dalla risata.
"Certo che mi va, amore".
Marcò l'ultima parola: sapevo che mi stava provocando. Due giorni prima, mentre eravamo al parco, mi ero rivolto a lei con quel nomignolo, facendo sorridere tutti i presenti.
"Prima però dovremmo parlare, non credi?"
Ero certo che Silvia mi avrebbe risposto così: l'avevo sempre presa in giro per questa mania di parlare sempre, di ogni argomento, a volte più del necessario. Le parole, mi diceva sempre, sono l'unica arma che abbiamo per spiegarci. Ed aveva fottutamente ragione. Alla fine, infatti, nel momento in cui parlare non aveva rappresentato più una possibilità, si eravamo inesorabilmente persi.
Ci accomodammo sul divano, molto più vicino rispetto alle altre volte, Vittoria nella sua astronave. Per la prima volta, sembravamo entrambi consapevoli di ciò che l'altro sentiva e desiderava e fu facile affrontare il discorso.
Volevamo stare insieme. Volevamo provare a ricostruire la famiglia a cui avevamo dato vita. Volevamo amarci, profondamente.
Le proposi di trasferirsi da me, ma Silvia rifiutò, ritenendo che fosse troppo presto per un passo del genere.
"Beh in effetti ci conosciamo da due anni, a Firenze abbiamo praticamente convissuto, abbiamo fatto una figlia... hai ragione, dobbiamo aspettare ancora un po'. Magari aspettiamo di fare il secondo figlio, che dici?"
Era la prima volta che parlavamo di figli dopo Vittoria e mi maledissi per aver tirato fuori un argomento simile in un momento del genere: in fin dei conti era successo tutto in tre giorni e forse stavo davvero correndo troppo. Lei però sorrise alle mie parole e mi rispose: "scordati altri figli per un po' Chiesa, devo già gestire voi due".
Fui sollevato dalla piega che avevo preso la conversazione e mi lasciai andare a quel momento di risate e leggerezza.
"Intanto andiamo a Parigi, poi vediamo come organizzarci qui, ok?"
Disse dopo un po', lasciando aperta la porta di una possibile futura convivenza.
Avrei voluto dirle che non desideravo altro che averla nel mio letto ogni mattina, svegliarmi con Vittoria alle due di notte, cucinare insieme. Ma se è vero che le parole ci permettono di spiegarci, è anche vero che a volte parlare non serve. Ci sono momenti in cui non devi spiegare niente, perché la persona che hai davanti ha già capito: in quel momento mi sentivo così e infatti smisi di blaterare e abbracciai Silvia. Lei mi strinse a sé e sussurrò: "mi era mancato sentire i tuoi occhi addosso di prima mattina".

VITTORIA - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora