Due mesi dopo
Misi in moto la macchina e mi incamminai per le strade di Torino. L'allenamento era stato particolarmente pesante e non vedevo l'ora di essere a casa per rilassarmi e abbracciare mia figlia. Già, mia figlia, che da ottobre abitava al quarto piano del mio palazzo con Silvia.
A quanto pare, la ragazza aveva già trovato un lavoro a Torino prima del nostro incontro, ed era intenzionata a trasferirsi per permettere a me e a mia figlia di viverci quotidianamente. Avevo apprezzato quel gesto e le ero grato per questo. Da ormai più di un mese la mia vita era cambiata; ero un papà a tempo pieno, io e Silvia eravamo perfettamente coordinati sulla gestione della nostra strana famiglia e tutto andava per il meglio. Vedevo Vittoria crescere, fare i capricci, piangere per i dentini, e nonostante la fatica ero totalmente appagato da quella nuova vita.
Suonai il campanello di casa della mia ex fidanzata e, come ogni martedì, la trovai intenta a preparare il risotto.
"Ciao Fede, oggi radicchio. Come è andato l'allenamento?"
Le raccontai la mia giornata e le lasciai un dolce bacio sulla guancia, come ogni giorno. Era strano, dal momento che ci vedevamo ormai quotidianamente, ma mantenere quell'usanza mi serviva per tenere le distanze tra noi. Come se quel saluto dimostrasse l'eccezionalità del tempo che passavamo insieme. Come se davvero quel gesto inutile potesse cancellare le notti in cui avevamo dormito insieme.
Mentre riflettevo su queste cose la vocina di Vittoria mi destò; la tolsi dall'astronave, che ci aveva seguito a Torino, e le lasciai un tenero bacio. Mi sembrava che giorno dopo giorno mi riconoscesse sempre un po' di più.
"Ha un debole per te", mi diceva sempre Silvia, felice di questo nostro rapporto ma decisamente gelosetta delle mie capacità di calmare nostra figlia quando neanche lei ci riusciva.
Mentre cenavamo parlammo del più e del meno: del nuovo pediatra di Vittoria, del corso di nuoto a cui Silvia voleva iscriverla, dei suoi capricci. Parlavamo tanto, principalmente della bambina ma anche delle nostre vite: gli allenamenti, il suo lavoro, le nostre famiglie che ci tempestavano di telefonate per avere notizie di Vittoria. Ma mai di noi.
Sembrava che avessimo entrambi represso i nostri reciproci sentimenti per un bene più grande. Tuttavia, riuscivo a percepire nello sguardo di Silvia qualcosa di più forte di ciò che dimostrava. Ed ero certo che anche lei fosse più che consapevole dei miei sentimenti.
Qualche settimana prima, Vittoria aveva avuto qualche linea di febbre e mi ero fermato più a lungo del previsto da loro per assicurarmi che la bimba non stesse troppo male; Silvia sembrava preoccupata e particolarmente stanca, per questo mi offrii di restare per la notte per controllare Vittoria.
Verso le due, Silvia era piombata in camera di mia figlia e mi aveva trovato accoccolato sulla poltrona. "Dai Fede vieni a letto, non puoi dormire li". La seguii mezzo addormentato, forse anche spinto dal desiderio di stare più vicino possibile a lei, ma non appena entrai nel suo letto mi svegliai di colpo. Silvia infatti senza dire nulla si era avvicinata a me posando la testa sul mio petto, come faceva ogni sera quando eravamo fidanzati. Adesso però non lo eravamo più e la situazione era decisamente più intricata. La mattina ci eravamo svegliati abbracciati, molto più vicini rispetto a qualche ora prima. Lei fece finta di niente, non parlò e io mi accodai al suo silenzio. Il pensiero di quella notte, la vicinanza tra noi, aveva tormentato i miei pensieri da quel momento, ma non riuscivo a trovare il coraggio di parlarne con lei.
Qualche ora più tardi, terminata la cena, salutai Vittoria e sua madre e raggiunsi il mio appartamento, ignaro degli eventi che di lì a poco ci avrebbero obbligati a discutere di noi.
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VITTORIA - Federico Chiesa
FanfictionUno scherzo del destino farà conoscere Silvia, studentessa dalla vita tranquilla, e Federico, calciatore. Dopo una relazione travolgente, le cose si complicano e la ragazza decide di partire per lasciarsi il passato alle spalle. Certe cose però sono...