21.

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Stavo lavando i capelli di Federico e non riuscivo a realizzare come fossimo arrivati in quella situazione. Ma soprattutto, non sapevo cosa mi fosse preso: avevo notato la più che evidente reazione corporea del mio ex fidanzato, e avevo reagito con la solita sfacciataggine che da sempre aveva caratterizzato la mia relazione con Federico, soprattutto dal punto di vista sessuale. Avevo però transitoriamente dimenticato un piccolo particolare: il ragazzo davanti a me non era il mio fidanzato.
Anche se conoscevo a memoria ogni dettaglio del suo corpo, anche se sapevo perfettamente quali zone sfiorare per farlo impazzire, anche se ci avevo fatto una figlia insieme.
Una figlia che si trovava da sola nell'altra stanza, inconsapevole di ciò che i suoi genitori stavano facendo a pochi metri da lei; una figlia che piagnucolava ogni volta che si accorgeva di essere sola, e che adesso invece non faceva una piega.
Tra me e Federico, dopo quella frase, era calato il silenzio: mi limitai a strofinare i capelli, cercando di non abbassare lo sguardo. Dopo aver finito con i capelli, lui iniziò a insaponarsi il resto del corpo: sapevo di essere di troppo, ma ero come calamitata dal ragazzo seminudo nella doccia, incapace di lasciare quella stanza. Federico adesso mi guardava, gli occhi puntati nei miei; credevo che mi avrebbe ringraziato e fatto segno di poter uscire, ma non lo fece. E io non mi mossi. Anzi, mi mossi, ma nella direzione sbagliata. In quel momento però, la voglia di ridurre la distanza fisica tra noi superava di gran lunga i pensieri razionali che mi suggerivano di raggiungere mia figlia nell'altra stanza.
Mi avvicinai lentamente, facendo capire a Federico che doveva girarsi, e lui mi assecondò: iniziai ad insaponare la zona della schiena che con la mano libera non riusciva a raggiungere.
In quel momento i neuroni sembravano non voler collaborare: le mie mani iniziarono a scivolare su tutta la schiena, sulle braccia, poi sul collo, fino a quando Federico si voltò verso di me. Non cercai neanche di nascondere il tipo di pensieri che stavano occupando la mia mente, non mi preoccupai di tenere lo sguardo ad altezza viso: percorsi con gli occhi tutto il corpo del mio ex fidanzato soffermandomi sugli addominali tirati e, più in basso, sull'evidente erezione che premeva per liberarsi dal tessuto. Tutte le inibizioni erano crollate: ero sicura che anche il mio ex fidanzato fosse attraversato da sensazioni simili.
Quando Federico mi tirò nella doccia non rimasi sorpresa: inconsciamente, stavo aspettando quel momento dalla prima volta che lo avevo rivisto in quel bar. Seppur con una mano sola, fu svelto a spogliarmi. Sentivo il suo sguardo bruciare su ogni centimetro di pelle; in pochi secondi mi ritrovai appiccicata a lui, la sua intimità che premeva contro la coscia, la sua mano che mi stringeva il fondoschiena, impedendomi ogni tipo di movimento. Ci guardammo per secondi che sembrarono interminabili: solo due sottili strati di intimo separavano i nostri corpi e non vedevo l'ora che sparissero. Federico fece scorrere la mano sulla mia schiena, poi passò al seno e lo strinse leggermente, facendomi sospirare. Lo vidi sorridere a quella reazione, come se fosse davvero necessario un mio gesto per confermare ciò che già sapeva: mi stava letteralmente facendo perdere la testa. Mi lasciò un bacio all'angolo della bocca, poi sulla guancia, e si avvicinò all'orecchio.
"Mi sei mancata" mi sussurrò con la voce spezzata dall'eccitazione.
Continuò a lasciarmi degli umidi baci sul collo, sulla clavicola e giù fino al seno: lo accompagnai in quel percorso stringendo i suoi capelli, sperando che arrivasse al punto velocemente. Con un gesto repentino Federico fece aderire la mia schiena alla fredda parete della doccia, facendomi rabbrividire e allo stesso tempo, se possibile, eccitare ancora di più.
Nel momento in cui mi sfilava le mutandine, però, la realtà proruppe prepotentemente: Vittoria stava piangendo nell'altra stanza.

VITTORIA - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora