19.

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Ci misi qualche secondo per elaborare quell'informazione: chiesi al ragazzo che mi aveva chiamato il nome dell'ospedale e mi preparai. In dieci minuti mi ero vestita, avevo vestito Vittoria e l'avevo caricata in macchina. Mentre guidavo verso l'ospedale non sapevo cosa aspettarmi: sul momento non avevo avuto la lucidità di chiedere nulla a Matthijs, quindi la mia mente saltellava tra i pensieri più negativi. Quando lo avevo conosciuto, Federico stava recuperando dalla rottura del crociato; pur non avendo vissuto quel periodo in prima persona, il ragazzo mi aveva raccontato tutte le difficoltà, anche psicologiche, causate dall'infortunio. La Juventus infatti, temendo l'impatto dello sfortunato evento sulla crescita del calciatore, aveva deciso di non riscattarlo. Così lui si era ritrovato a Firenze, a dover giocare per quei tifosi non che gli avevano ancora perdonato il tradimento di qualche anno prima.
Alla fine però, Federico era riuscito a riprendersi completamente dal problema al ginocchio, e avevamo più volte scherzato sul fatto che, senza quell'infortunio, non ci saremmo probabilmente mai conosciuti.
Parcheggiai e raggiunsi la corsia che mi avevano indicato al telefono. Nel corridoio trovai alcuni compagni di squadra di Federico, che probabilmente videro la mia faccia sconvolta e si avvicinarono con dolcezza. Il biondo, che riconobbi come il ragazzo della telefonata, prese la parola, non prima di aver fatto una carezza a Vittoria.
"Tranquilla, niente di grave. Ha preso una botta al polso e deve fare dei controlli".
"Ciao bellissima, finalmente ci conosciamo" mi voltai verso la voce, riconoscendo Locatelli, e mi accorsi che le attenzioni del ragazzo non erano rivolte a me. Vittoria gettò le braccia verso di lui, affascinata dal ricciolo.
"Dai, dalla a me e vai da lui".
Lasciai mia figlia tra le braccia del centrocampista, e i suoi compagni si avvicinarono subito per coccolare la piccola Chiesa.
Era forse la prima volta che lasciavo Vittoria tra le braccia di perfetti sconosciuti: certo, erano amici di Federico, avevo incrociato qualcuno dopo una partita della nazionale, ma non avrei definito nessuno di loro una persona di fiducia. Eppure la cura con cui quel gruppo di calciatori stava coccolando mia figlia mi fece spuntare un sorriso.
Entrai nella stanza del ragazzo e lo trovai disteso sul letto, con il braccio destro immobilizzato.
"Ehi mi dispiace, avevo detto ai ragazzi di non disturbarti" mi disse, quasi contrariato dalla mia presenza. Un'altra persona sarebbe sicuramente rimasta male per il tono del ragazzo, ma io che lo conoscevo bene sapevo che stava solo cercando di mostrarsi invulnerabile, a maggior ragione davanti a me. Qualche settimana prima infatti, Federico era arrivato a casa decisamente di cattivo umore. Mi era venuto spontaneo chiedere al ragazzo spiegazioni, ma lui aveva deciso di tenere per sé le sue preoccupazioni sostenendo che 'non siamo fidanzati, non sei più obbligata a sopportare i miei problemi'. Avevo insistito, in fin dei conti era pur sempre il papà di mia figlia, ma era stato categorico; solo adesso capivo che quell'atteggiamento era causato dal voler essere forte con me. Mostrarsi deboli, mi diceva sempre, è una delle cose più intime: e noi non avevamo più quel tipo di rapporto.
"Ma ci mancherebbe Fede, non sei un estraneo. Che hai combinato questa volta?" Dissi con un sorriso, cercando di smorzare la situazione.
"Sono caduto male, ho fatto tutto da solo, è stata abbastanza comica la scena" rispose sorridendo; ero felice di vedere che non aveva preso la cosa troppo drammaticamente.
"Vittoria?" Chiese subito dopo, leggermente preoccupato.
"È fuori con i tuoi amici".
"Tu hai lasciato mia figlia con quegli irresponsabili? E io che pensavo fossi una mamma perfetta" disse serio. Un lieve sorriso increspò però le sue labbra, rivelando così l'ironia delle sue parole.
In quel momento Locatelli entrò con mia figlia ancora in braccio. "Non si fida il tuo papino, non si ricorda a chi ha chiesto consigli appena ha saputo di te, ha la memoria corta". Disse il ragazzo canzonando il mio ex fidanzato, che rise ed arrossì contemporaneamente. Sapere che Federico aveva chiesto aiuto ai suoi amici mi intenerì molto.
Quel quadretto venne però interrotto dal medico, che fece il suo ingresso nella stanza e, dopo aver rivolto un sorriso a Vittoria, esclamò: "ok Federico, ho il referto."

VITTORIA - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora