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Erano passati due giorni dall'infortunio. A quanto pare mi ero fratturato lo scafoide e avrei quindi dovuto tenere il braccio destro ingessato per quattro settimane. Subito dopo la comunicazione del medico, ero stato preso dallo sconforto: un mese intero senza potermi allenare sarebbe stato duro da superare, ma avevo cercato di affrontare il tutto con filosofia. 'Il pensiero positivo aiuta anche il recupero fisico', così mi aveva detto il fisioterapista della Juventus in ospedale subito dopo aver saputo la diagnosi.
Quella sera ero tornato a casa con Silvia, che si era offerta di aiutarmi con tutte le cose che, con una sola mano, non riuscivo a fare con scioltezza.
Già il primo giorno mi ero reso conto di quanto fosse difficile svolgere anche le faccende più basilari. Per lavarmi i denti impiegavo un'eternità, per non parlare di quando avevo malauguratamente pensato di prepararmi un petto di pollo al volo ritrovandomi a mangiarlo a morsi perché non riuscivo a tagliarlo. Ad essere sinceri, Silvia aveva timidamente accennato alla possibilità di stare per un po' nel suo appartamento, ma avevo rifiutato la proposta: il tempo che condividevamo era già troppo per due persone che stavano cercando di mantenere le distanze tra loro.
La sera del secondo giorno, però, mi ritrovai costretto a chiedere aiuto a Silvia. Mi presentai alla sua porta in accappatoio, con addosso solo i boxer. Mi ero spogliato per fare la doccia, ma appena prima di entrare mi ero reso conto che non sarei mai riuscito a sigillare il braccio ingessato e lavarmi da solo: o forse, per qualche assurdo motivo, il buon senso che negli ultimi mesi mi aveva impedito di ritrovarmi in situazioni imbarazzanti con la mia ex fidanzata stava iniziando a svenire.
Non appena aprì la porta, scorsi nei suoi occhi incredulità e anche un po' di disagio.
"Scusami, stavo entrando in doccia, ma non riesco a sigillare questa cazzo di busta, mi dai una mano?"
"Sei rimasto imbranato" mi rispose lei ridendo, incapace di celare l'agitazione per ciò che si prospettava.
Entrai in casa, vidi che Vittoria giocava nel box che avevamo comprato qualche settimana prima, e seguii Silvia verso il bagno.
"Dai dammi il braccio, poi puoi farti la doccia qui".
Tolsi l'accappatoio e percepii lo sforzo di Silvia per non squadrarmi da capo a piedi; tuttavia, notai il suo volto distendersi non appena si accorse che non ero completamente nudo.
Iniziò ad arrotolare la busta intorno al gesso, e poi la fermò con lo scotch. A vedere quanto poco tempo ci aveva messo sembrava la cosa più facile del mondo.
La situazione tra noi era strana: percepivo alla perfezione quel misto di tensione e desiderio causato dalla vicinanza dei nostri corpi e dalla simultanea consapevolezza di non poter valicare quel sottile confine che avrebbe rappresentato un punto di non ritorno. Inaspettatamente però, mentre il mio cervello ragionava sul come mantenere le distanze, il mio corpo agì nel modo opposto. Le presi un polso prima che potesse uscire dalla stanza, e le chiesi tutto d'un fiato: "puoi aiutarmi con i capelli?"
Mi aspettavo che Silvia mi ridesse in faccia, invece si tolse il maglioncino che aveva addosso, restando con la sola canottiera per evitare di bagnarsi, e mi fece cenno di entrare in doccia. Potevo scorgere la forma dei suoi seni sotto il cotone leggero; constatai che non indossava il reggiseno, e feci fatica a nascondere la reazione del mio corpo a quella scoperta. Le voltai le spalle, sperando di celare l'eccitazione che stava crescendo nei miei boxer, ma il sorrisetto della mia ex mi fece capire che aveva notato tutto.
L'atmosfera in quel bagno stava diventando decisamente scottante, non solo per l'acqua calda che aveva iniziato a scorrere sulla mia schiena, e diventò se possibile ancora più soffocante quando Silvia mi sussurrò: "vedo che ti faccio ancora un certo effetto".
Sorrisi, cercando di controllare le pulsioni del mio corpo. Ciononostante, ero pienamente consapevole del fatto che ci stavamo pericolosamente, inesorabilmente avvicinando al punto di rottura di quell'equilibrio che per due mesi ci eravamo sforzati di mantenere.

VITTORIA - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora