10.

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Mentre mi avvicinavo alla porta di casa Chiesa fui colta da un'irrefrenabile voglia di fuggire: mi ero preparata a espressioni giudicanti e sguardi accusatori ma, ancora una volta, la famiglia del mio ex ragazzo mi stupì. Appena la porta si aprì vidi quattro volti sereni e curiosi, impazienti di conoscere quella nipotina sicuramente inaspettata. Salutai uno per uno Francesca, poi Enrico e Lorenzo e infine Adriana. Di tanto in tanto sbirciavano nella carrozzina, desiderosi di vedere la misteriosa bimba, ma nessuno fece il primo passo, come vincolati da un tacito accordo di famiglia.
"Ciao Silvia" mi voltai e vidi Federico scendere dalle scale: afferrò il cordolo, ma non abbastanza in fretta da celare il lieve tremore che rivelava la sua tensione.
"Ciao Fede" risposi con un lieve sorriso, prima di voltarmi a recuperare mia figlia dalla sua carrozzina. Mi avvicinai a lui e gli mostrai finalmente la piccola creatura che in una calda notte di quasi un anno prima avevamo generato.
"Ti presento Vittoria".
Riuscivo a percepire gli sguardi della famiglia Chiesa spostarsi da me a lui, e poi poggiarsi delicatamente su nostra figlia. Potevo sentire la tensione, l'emozione e la paura del mio ex fidanzato: riconoscevo nel suo linguaggio del corpo tutte le domande che avevano assillato la mia gravidanza. Sarò in grado? Riuscirò a prendermi cura di questa piccola creatura, ad essere per lei esempio e rifugio?
I primi giorni con mia figlia erano stati intensi e difficilissimi: avevo programmato di essere in Italia prima del parto per avere vicino la mia famiglia in un momento così delicato, ma Vittoria era impaziente di conoscere questo mondo. Così, mi ero ritrovata da sola, dall'altra parte dell'oceano, senza avere idea di cosa fare; mia mamma si era offerta di raggiungermi fin dal momento in cui avevo confessato le ragioni della mia partenza, ma mi ero opposta. Volevo farlo da sola, dimostrare a me stessa e al mondo di essere una donna adulta e non più una ragazzina: rifarei quella scelta altre mille volte. Nonostante le difficoltà, i primi mesi passati con la mia bimba mi fecero conoscere un tipo di intimità mai provata prima: prendermi cura di Vittoria era l'esperienza più estrema e gratificante della mia vita. Giorno dopo giorno, avevo imparato a conoscere i bisogni di mia figlia e tutto era diventato semplice e naturale: non avevo però dimenticato le paure e le ansie, per questo potevo capire alla perfezione lo stato d'animo di Federico.
Quando avvicinai mia figlia verso di lui, notai il suo sguardo terrorizzato, tanto che mentre gli porgevo la piccola mi sussurrò lievemente "non so se riesco".
"Oh andiamo, palleggi con le palline da ping pong, sarai in grado di prendere in braccio tua figlia" dissi riferendomi a un video postato qualche tempo prima sul profilo Instagram della Juventus. Il suo volto si distese, e sentii Lorenzo ridere. Gli mostrai come tenere le mani e aggiunsi: "ok se smetti di tremare la lascio".
Mi sorrise imbarazzato, ma la sua presa si fece subito più ferma, così  lasciai mia figlia tra le braccia di suo padre. Sapevo che alle mie spalle erano tutti travolti dall'emozione sprigionata dall'incontro. Vidi Vittoria piantare i suoi occhi in quelli di Federico, ormai visibilmente umidi, proprio come aveva fatto con me quattro mesi prima in sala parto. Potevo percepire la potenza di quel momento, perché lo avevo vissuto, ed esattamente come Federico ero rimasta pervasa dall'amore più puro e potente dell'universo. Francesca si avvicinò, le guance bagnate dalle lacrime, e mi sussurrò: "gli avevo detto che si sarebbe perdutamente innamorato nel giro di 10 secondi, ma mi sbagliavo, ne è bastato mezzo".

VITTORIA - Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora