Seguire Noam Dolbruk era come stare al passo col vento.
Gli era venuta in mente quella metafora una mattina mentre un turbine di polvere gli aveva annodato i piedi sulla cima del belvedere e si era chiesto come si potesse stupirsi di un paesaggio visto quasi ogni giorno.
Forse la differenza stava proprio in quel sollevarsi di foglie introno alle loro gambe, e al modo in cui il vento le muoveva, e si era rivisto per un attimo quando, bambino, si fermava su simili pensieri.
Noam Dolbruk era leggero come il vento, e altrettanto mutevole, imprevedibile, pericoloso.
Non si poteva semplicemente seguirlo nella sua vita quotidiana: per stargli dietro si doveva provare a seguire i suoi pensieri, ed il vento quell'uomo lo aveva nella testa.
Non sapevi mai cosa avrebbe fatto di nuovo ed imprevisto quel giorno, quale scandalo avrebbe sollevato una sua dichiarazione buttata là come un sasso sull'acqua, con chi si sarebbe seduto a cena quella sera, in quale ricevimento diplomatico avrebbe fatto da intrattenitore o in quale locale fumoso e anonimo lo avrebbe recuperato mentre ballava o beveva in compagnia di sconosciuti che ignoravano la sua faccia.
E poi il suo tempo, che sembrava aver rubato ore a dio, così pieno di cose, di cose, di cose e di idee, di idee, di idee...
Qualcuno voleva uccidere un individuo così?
Niente di più normale.
Un individuo così poteva essere ucciso senza lasciare una traccia in tutto ciò che aveva toccato?
Decisamente no.
Aveva cominciato col domandarsi chi potesse volerlo togliere di mezzo, e col tempo quel pensiero aveva cominciato ad affascinarlo, fino a chiedersi che faccia potesse avere il nemico ideale di uno come Noam Dolbruk. Era un'altra creatura di volatile inconsistenza? O un essere presente, compatto, radicato alla terra?
Ci voleva tutta la sua conquistata fermezza per dirsi che non esistono amici o nemici ideali, e tutto avviene per giri di potere e interesse che sono bel lontani dagli archetipi di bene e male o di luce ed ombra. Ed un pensiero gli frullava per la testa: che la versione più sensata dei fatti fosse che quella minaccia di morte non fosse mai stata formulata, e si trattasse di una mossa pubblicitaria del partito stesso. Altrimenti si sarebbero impegnati di più, ad esempio, affinché la notizia rimanesse nascosta. Invece era circolata, per quanto le alte sfere puntualmente glissassero o smentissero. Potevano aver progettato tutto: prima candidavano un darbrandese nelle loro fila per raccogliere i voti dei progressisti, poi mettevano in giro la storia della minaccia e si affrettavano a mostrarsi protettivi ricavandone un bel guadagno di immagine, e infine tutto si sarebbe sgonfiato in una bolla di sapone. Realistico.
Ma quando si era con Noam era facile distrarsi dalla realtà.
O ritornare ai pensieri che si avevano da bambini.
O a quelli che si hanno la notte quando metà della nostra coscienza è già presa dal sonno.
Noam Dolbruk era un ponte sul tempo.
Viveva la vita come se lo avesse tutto a disposizione, diventava un vecchio, un adulto o un bambino, in barba ad ogni legge cronologica, a seconda delle persone con cui parlava, e confondeva se stesso e gli altri in un incantesimo senza fine.
Ma da questa padronanza del tempo il suo passato era escluso.
Da quel che si sapeva pubblicamente di lui, la sua gioventù era stata la più ordinaria della terra. Vita difficile in una terra difficile, studi, lavori saltuari e poi l'emigrazione nella capitale. Niente altro, e questo era strano, ancora più strano per il fatto che quell'uomo così trasparente e incline alla conversazione pareva sviare l'argomento ogni volta che gli si chiedeva della sua vita a Mòrask.

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"Orizzonte"
Ficción GeneralUna città immaginaria di un paese immaginario, in un tempo non definito, ma in realtà non così diversa da una qualunque città europea oggi. Un giovane attivista politico, da poco eletto in parlamento, pieno di carisma e buone intenzioni ma anche di...