18. "Sfida"

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"Per tutti i diavoli dell'inferno, che ti è saltato in testa?!"

Quel mattino Zjam lo aveva fatto convocare in fretta e furia ed adesso Noam stava lì, nel salotto di casa Kàrkoviy, seduto al tavolo rotondo dove tante volte avevano preso il tè con tanto di moglie e figlia di lui, e che invece era coperto da svariate testate giornalistiche che presentavano quasi tutte la stessa notizia in prima pagina, in varie declinazioni.

«Elezioni a Mòrask: è sfida aperta tra Noam Dolbruk e i principali gruppi industriali del paese»; «Fondi per lo sviluppo del Dàrbrand, le parole di Dolbruk: "Il risultato di quegli investimenti deve ricadere sul benessere della regione"»; «L'impegno di Dolbruk e Màrna: "No all'apertura di nuove aziende non amministrate dalla nostra gente"»; «Il candidato sindaco sostenuto da Liberi Insieme chiede l'adeguamento degli stipendi allo standard nazionale per il personale impiegato nelle industrie dislocate nel Dàrbrand»; «Orizzonte dice no allo sfruttamento delle risorse dei monti Mor-dareùk senza approvazione dello statuto autonomo» e via così, con toni più o meno gonfiati, parole più o meno fedeli, plausi o critiche: ma la sostanza era quella, ed era la verità.

Era accaduto durante la prima tribuna elettorale in cui il professore si era ufficialmente presentato come candidato per la poltrona di primo cittadino a Mòrask: Lant aveva sollevato subito la spinosa questione dei fondi per lo sviluppo delle aree economicamente arretrate e Noam gli aveva dato spago, arrivando alla fatidica affermazione che, in caso di vittoria, l'amministrazione Màrna avrebbe negato i permessi di estrazione ai grandi cartelli che spadroneggiavano nel Dàrbrand, salvo il soddisfare una serie di requisiti che prevedevano, di fatto, un ritorno economico per la regione stessa.

Apriti cielo: nemmeno si fosse trattata di una dichiarazione di guerra! Il giorno successivo i media si erano scatenati, travolgendo un impreparato Kàrkoviy, che per la prima volta si trovava a fare i conti con l'idea che aveva sempre dato per buona solo sulla carta: la possibilità di dover prendere in mano apertamente la questione "Dàrbrand" e di doverne fare un cavallo di battaglia per le future elezioni politiche, volente o nolente.

"Ti rendi conto della bomba che hai appena sganciato, in piena campagna elettorale?"

Sì – pensava Noam - ma l'incoscienza ci salverà, e sperò che il solito, rilassato sorriso bastasse ad alleggerire la tensione.

"Eddai, Zjam! Le vuoi vincere o no queste le amministrative? Mi hai chiesto di espormi, e nel farlo mi hai chiesto di accattivarmi l'elettorato dei miei concittadini... pensavi bastasse essere darbrandese di nascita perché il gioco fosse fatto?"

Un'ombra passò sul volto di Kàrkoviy. Lo pensava, altroché. Così come aveva pensato che una trasferta a Mòrask, qualche discorso brillante e una bella faccia avrebbero fatto il resto. Non li conosceva proprio, i darbrandesi.

"Hai minacciato gli uomini più potenti del paese!"

Se Zjam, nella sua ordinaria posatezza, era capace di alzare il tono, lo aveva appena fatto.

Noam smise di sorridere: gli era successo più volte di vedere il suo collega nervoso, in agitazione, irritato, ma mai nei suoi confronti o a causa sua. Certo, gli era capitato di metterlo in imbarazzo, di spingerlo a dissociarsi da alcune sue prese di posizione o di dover mediare davanti ad una telecamera con parole come "il signor Dolbruk è libero di esprimere la propria opinione: Liberi Insieme non chiede ai suoi membri di recitare il verbo del partito". Ma, a conti fatti, aveva sempre sostenuto che far parlare di sé – anche in modo controverso – portasse popolarità, e ogni screzio tra loro si era sempre risolto tutto in una scrollata di spalle.

Quel giorno era diverso: Noam sentiva la rabbia di Zjam, sentiva la sua frustrazione per esser stato scavalcato, sentiva la paura (quella paura che conosceva bene) che le cose sfuggissero dal suo controllo. Ma sentiva anche che si stava sforzando di non essere aggressivo con lui, e gliene era grato.

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