Capitolo 13 - "Tana"
Erano tornati in albergo entrambi esausti, per ragioni diverse che non si erano raccontati. Durante la cena, Noam aveva parlato insolitamente poco, ogni tanto si sfilava gli occhiali, si stropicciava gli occhi, sorrideva e ripeteva "Che giornata lunga!", perciò Adrian tutto si aspettava fuorché sentirsi proporre, solo un paio di ore dopo: "Andiamo a fare un giro: è importante vedere Mòrask di notte".
Avrebbe voluto rispondere che era stanco, che non c'era nessuna urgenza di fare i turisti, che passeggiare per la città per svago non era una scelta sicura, che quel pomeriggio aveva dovuto sbarazzarsi di una ficcanaso un po' troppo troppo astuta e non era affatto certo di essersene sbarazzato davvero ed altre cose così... Invece non disse niente, si rimise le scarpe, il cappotto, la sciarpa e via dietro a quell'uomo fatto di vento a cui non era in grado di dire un solo, maledetto no.
Era contagioso, il vento di Noam: anche in quella città sfuggente e sottilmente ostile, la sua energia riempiva tutti gli angoli.
"Ecco, mettiti qua in mezzo: non ti sembra che tutti gli edifici siano piccoli e insignificanti? E pensa quando c'è nebbia!"
(In piedi al centro di piazza Xolk, di fronte all'hotel).
"Il sistema di portici di Mòrask è il più esteso del Kònorrand: qui nevica o piove per nove mesi all'anno e i portici sono la salvezza di quelli come me che perdono sempre gli ombrelli!"
(A passeggio lungo un porticato deserto, odore vitreo, di grotta, tutto intorno).
"Ma di notte diventano la terra di chi ha voglia di passeggiare da solo senza esserlo... ci trovi sempre almeno un gatto randagio, o, a volte, un uomo randagio che ti fa compagnia senza fare domande."
(C'erano, in effetti, diversi gatti: a caccia di avanzi davanti a locali chiusi o in cerca, anche loro, di compagnia per la serata).
"Questa è Piazza Vittoria, l'ombelico di Mòrask. Prima dell'annessione era il centro della vita civile per eccellenza: quello è il vecchio Palazzo Ducale, questa colonna, invece, il punto da cui partivano le 4 strade principali... solo che una delle quattro non c'è più: ai tempi in cui non esisteva il concetto di piano regolatore, qualcuno ci ha costruito in mezzo..."
La colonna era lunga e stretta, quasi un'antenna che cercava di ricevere segnali da chissà dove: pochi fronzoli, solo marmo scuro e liscio, salvo sul basamento, che era invece decorato con motivi floreali ed animali e riportava un'iscrizione in lingua dar-breuk. Noam si accorse che Adrian stava cercando di leggerla, e intonò una canzonetta in rima, lieve e malinconica, come una ninna nanna.
"I versi scritti là." spiegò, in risposta allo sguardo interrogativo dell'interlocutore "Una canzone popolare anonima cantata dai montanari... o dagli ubriachi che barcollano a casa dopo una festa a ballo. I bambini di Mòrask ci crescono insieme, la conosciamo tutti."
"Cosa significa?"
"Questo passaggio nello specifico dice qualcosa del tipo l'incoscienza ti salverà la vita, pur se, anche in questo caso, forse incoscienza è una traduzione imperfetta."
Sorrise e intonò altri versi, passeggiando attorno alla colonna. Sembrava davvero di ascoltare la nenia di una madre che vuole addormentare il figlio e la voce di Noam era sempre troppo morbida, di una morbidezza a tratti intima, imbarazzante.
"In fondo, questa canzone non è altro che una lista delle cose che l'autore trova salvifiche per gli esseri umani, ma dice parecchio della gente di qua. È culturalmente istruttiva."
"Me ne traduca qualcuna, così mi istruisco anche io."
"Beh, andando in ordine nel testo..." fece mente locale "ci salveranno la vita: la resistenza (intesa proprio come resistenza alla fatica), le radici, l'incoscienza, la disobbedienza, l'ironia e la purezza."

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"Orizzonte"
Fiksi UmumUna città immaginaria di un paese immaginario, in un tempo non definito, ma in realtà non così diversa da una qualunque città europea oggi. Un giovane attivista politico, da poco eletto in parlamento, pieno di carisma e buone intenzioni ma anche di...