Quando la valanga cominciò a rotolare.
Quando si rese conto di essere stato coinvolto in un gioco perverso di cui non gli erano state lette tutte le regole.
Quando si rese conto che avrebbe potuto anche tirarsi indietro e dire di no.
E invece non disse di no.
...
Perché Noam non aveva detto di no?
Perché aveva accettato quella richiesta pericolosa e stupida di cui oltretutto – era evidente – non era affatto contento?
Prima o poi glielo avrebbe detto, forse. Così come gli aveva detto di suo padre e dell'attentato del Nòdoask. Noam non era uno che mentiva, al massimo era uno che smetteva di parlare prima di giungere al punto in cui spettava all'interlocutore fare la domanda scomoda. Ma col tempo le dava da solo, le sue risposte scomode, e anche quella volta lo avrebbe fatto in un momento casuale, fuori luogo, forse quando non serviva più.
Lui funzionava così. Non lo faceva apposta, non era una strategia calcolata per tenere gli altri sulla corda o per divertirsi a fargli sgranare gli occhi: lo faceva inconsapevolmente e non si accorgeva del modo in cui manipolava l'attenzione e l'emotività di chi gli stava attorno: elettori, colleghi di partito, vicini di casa, sconosciuti. Lui.
Ma se Noam non dava le risposte giuste nel momento in cui servivano, c'era qualcun altro che invece poteva farlo. Che era in dovere di farlo.
Questo pensava mentre veniva ammesso nell'ufficio di Segùr Òraviy, il suo diretto committente, brillante giovanotto in carriera, portaborse di Kàrkoviy, e, per Adrian, anche il figlio di Kàmil Òraviy, proprietario del Gruppo Òraviy, nella cui squadra di sicurezza aveva lavorato per anni.
"Sono venuto a chiedere qualche chiarimento in merito alla mia posizione." iniziò "Se mi permette qualche minuto..."
"Vesna, per la miseria! Lei è sempre rigido come uno stoccafisso! Si metta comodo e prenda un caffè, abbiamo tutto il tempo del mondo!"
Si conoscevano tiepidamente, ma abbastanza da essere in confidenza, erano circa coetanei e si erano trovati più volte a condividere un pacchetto di sigarette o a scambiarsi chiacchiere oziose: di lui sapeva che non aveva alcun interesse nell'industria informatica e dunque non intendeva prendere le redini dell'impresa paterna, che aveva una laurea in economia e nutriva ambizioni politiche, ma non si sarebbe immaginato di incontrarlo alle dipendenze del leader di Liberi inisieme. Non avevano proseguito alcuna frequentazione dopo che Adrian aveva lasciato le dipendenze della Òraviy, ma poiché Segùr aveva cieca fiducia nelle valutazioni del padre a proposito di risorse umane, quando gli era stato richiesto di reclutare una guardia del corpo privata capace di "diventare invisibile" per un membro del partito si era rivolto senza indugio a lui.
"Io ho meno di mezz'ora." fece Adrian in risposta al plateale e poco realistico commento sul tempo "Devo accompagnare il signor Dolbruk a..." (a salire una scala? No, non suonava bene) "A fare delle commissioni."
"Su e giù dal belvedere, eh?" Segùr rise, divertito "Le avevo detto che le avrei affidato un incarico che l'avrebbe strappata alla monotonia, e lei non voleva credermi. Allora, avevo ragione o no? Non trova che il signor Dolbruk sia un uomo sorprendente?"
Era molto di più che "sorprendente" – avrebbe dovuto dirgli, se fosse stato in vena di aprire quello spinoso argomento - era autentico. Generoso, trasparente, altruista, onesto e molte altre cose. Noam era una persona che si faceva fatica a credere reale, ma dopo tutti quei mesi a contatto con lui, Adrian avrebbe potuto scommettere sulla sua completa buona fede.
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"Orizzonte"
Fiksi UmumUna città immaginaria di un paese immaginario, in un tempo non definito, ma in realtà non così diversa da una qualunque città europea oggi. Un giovane attivista politico, da poco eletto in parlamento, pieno di carisma e buone intenzioni ma anche di...