Adrian non si toglieva dalla testa la strana sensazione di turbamento che gli aveva trasmesso Noam fin dal mattino: eppure, la settimana era trascorsa senza ombre e fino alla sera prima stavano scherzando davanti a un bicchiere di vino. Non erano più tornati sulla conversazione avuta la notte dell'aggressione ed anzi nei giorni seguenti Noam era stato particolarmente attento e accondiscendente, al punto da fargli credere che tutto sommato si fosse spaventato anche lui e che questo avrebbe reso, da allora in poi, il suo lavoro più facile.
Ma quel giorno, pur ben nascosta dietro una maschera da Noam-personaggio-pubblico particolarmente esuberante, una strisciante inquietudine si affacciava tra un sorriso e l'altro, tra un discorso-fiume e l'altro, nei piccoli momenti di silenzio e nel suo sguardo quando credeva di non essere guardato.
Adrian aveva cercato di formulare le sue ipotesi: il dispiacere di lasciare una seconda volta Mòrask, il timore di mettere il professor Màrna in una posizione di rischio una volta che fosse stata resa nota la sua candidatura, magari un po' di ansia anticipatoria per il collegamento telefonico con Karkoviy, che Noam stimava come uomo ma che trovava poco lungimirante come politico.
Tutte ragioni ugualmente credibili, tutte ugualmente banali: banali per uno come Noam, banali per intaccare la sua fiduciosa leggerezza, banali, persino, per non essere dette a viso aperto.
Dunque, che cosa si agitava in quella testa? Forse solo l'umore di un sogno, o uno dei pensieri cupi che lo assalivano di tanto in tanto, come durante il loro viaggio in macchina, e che forse sarebbero sgusciati fuori in qualche bizzarra manifestazione emotiva o, al contrario, si sarebbero stemperati da soli, tornando a dormire in profondità.
Niente di nuovo o di diverso.
Eppure non riusciva a mettere a tacere il tarlo che lo rodeva: che Noam quel giorno gli stesse attivamente nascondendo qualcosa. Era appena un'impressione, ma lui era sempre stato bravo a svelare le menzogne. O le omissioni, che era più complesso, ma non così difficile con una persona che aveva imparato a conoscere tanto bene.
Così, quando non lo vide arrivare nella tempistica consueta sotto casa di Màrna, fu rapido ad allarmarsi: passarono solo pochi minuti – lo spazio di un intoppo per strada, un'informazione data a uno sconosciuto o una scarpa slacciata – prima che si affrettasse a telefonargli: "Il numero da lei chiamato non è al momento raggiungibile..."
Fu come se lo avesse già saputo o previsto.
Non pensò che Noam potesse essere arrivato in anticipo e fosse già salito dal professore, non pensò che qualcuno lo avesse riconosciuto e lo avesse fermato per parlargli, non pensò neppure – la peggiore delle ipotesi – che fosse stato di nuovo aggredito.
No, Noam sapeva di voler fare qualcosa che lui non avrebbe approvato, così lo aveva fatto senza dirglielo, ancora una volta, razza di idiota!
Innanzi tutto doveva capire dove si fosse diretto: per fortuna, prima di partire per Mòrask era riuscito almeno a convincerlo a dargli l'accesso al suo telefono per rintracciarne la posizione; questo gli permise di risalire al luogo in cui il cellulare era stato spento: non troppo lontano da dove si erano separati.
Data l'avversità del suo cliente a microfoni o localizzatori, lì terminava l'aiuto che la tecnologia poteva fornirgli, ma il centro di Mòrask non era immenso.
Raggiunse di corsa il punto in cui era cessato il segnale: una via commerciale, trasandata ma animata, poco lontana dall'ultimo hotel in cui avevano alloggiato. Noam aveva proceduto dritto per poi svoltare da qualche parte o era tornato indietro? In che tipo di posto poteva essere andato e perché? Pensò ad alcuni dei luoghi che gli aveva mostrato, pensò alle Tane, pensò che forse aveva deciso di incontrare la sua famiglia e voleva farlo da solo. Ma pensò anche ai tre balordi di qualche notte prima, a quel Marùzs di cui diceva d'essere stato amico: quanta altra gente del genere Noam conosceva lì? Di quanta non doveva fidarsi e invece – imprudente com'era – si fidava?

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"Orizzonte"
General FictionUna città immaginaria di un paese immaginario, in un tempo non definito, ma in realtà non così diversa da una qualunque città europea oggi. Un giovane attivista politico, da poco eletto in parlamento, pieno di carisma e buone intenzioni ma anche di...