14. "Thièl"

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Dopo che Marùsz e gli altri due (si ricordava di loro, ma, per quanto si sforzasse, gli sfuggivano i loro nomi) si erano dileguati, Adrian lo aveva trascinato in albergo con urgenza, e con la frase "Lei mi deve delle spiegazioni". Ma poi, una volta che la porta della hall si era chiusa, non aveva più detto niente: si era invece rivolto al receptionist, gli aveva chiesto qualcosa di caldo da bere e poi si era abbandonato a sedere su una poltrona ad aspettare che la bevanda fosse pronta.

Noam era rimasto in piedi immobile, rendendosi conto di quanto gli girasse la testa: aveva bevuto molto, era esausto e la tensione che si stava sgonfiando stava portando con sé via anche le ultime energie che gli erano rimaste.

"Vada a dormire." quasi gli ordinò Adrian.

Percepiva le parole come rallentate, e altrettanto rallentate erano le sue azioni. Ci mise un po' a decidere che invece desiderava restare con lui.

"Non vuoi le spiegazioni...?"

"Se potesse guardarsi allo specchio, saprebbe perché non gliele chiedo adesso."

Ma anche Adrian avrebbe dovuto guardarsi allo specchio: stanco, la fronte tesa, la postura testa, tese persino le mani quando presero la tazza che gli era stata portata, teso il cenno di ringraziamento rivolto al receptionist. Solo la sua voce rimaneva placida: quella sembrava proprio che non potesse tendersi mai e Noam se ne era lasciato tranquillizzare tante volte.

Ma quella sera no.

"Senti... ehm... sei... sei sempre stato armato, tutto questo tempo?"

Adrian per poco non si strozzò con la tisana.

"Che razza di domanda è?"

Era una domanda importante. E la risposta era importantissima.

"Vada a dormire." gli intimò di nuovo, con voce ferma.

Noam non disse altro, ma non si mosse.

"Signor Dolbruk," fece allora Adrian (era tantissimo che non lo chiamava così, e quella sera lo aveva già fatto due volte) "io ho gran rispetto della sua intelligenza, nonostante un attimo fa lei mi abbia dato qualche ragione per dubitarne. Dunque, come pensava che io potessi proteggerla? Facendo la voce grossa?" si prese una pausa, posò la tazza sul tavolino, socchiuse gli occhi, sprofondò nello schienale della poltrona "Ovviamente sono sempre stato armato e ovviamente, se questo la preoccupa, ho il permesso per il porto occulto."

Quasi che il problema fosse il permesso!

Ma Adrian aveva ragione: come aveva fatto e non pensarci mai? La colpa doveva essere proprio di quella voce salda, dei suoi silenzi privi di pretese, del fatto che gli fosse sempre apparso la persona più rassicurante della terra, il che non andava d'accordo con l'immagine di un uomo capace di sfoderare una pistola.

"Hai mai sparato a qualcuno?"

"Miseria! Le domande dovrei fargliele io, e gliele sto risparmiando solo per premura verso la sua salute."

Noam si stropicciò il viso con le mani e diede in una risata nervosa.

"Sì. Scusami. Le spiegazioni." si accertò che il portiere di notte fosse tornato dietro il bancone, intento a fare qualcosa col cellulare, sonnacchioso "Marùsz lo conosco da quando eravamo ragazzi. Non ci siamo più sentiti dopo che ho lasciato Mòrask, ma, come ti ho già raccontato, non ho tenuto nessun contatto negli ultimi sei anni, neppure con la mia famiglia, per ragioni che ti sono grato che tu non mi abbia mai chiesto. Anche gli altri due li conoscevo, ma di vista, amici di amici. Tutta la famiglia di Marùsz ha idee separatiste estreme e perciò qualche divergenza tra noi c'è sempre stata, ma una cosa, un tempo, l'avevamo in comune: la convinzione che il governo è marcio, gli sbirri sono marci, e tutto ciò che è autorità agirà sempre a svantaggio della gente di Mòrask, o, per dirla in modo più adolescenziale, ogni autorità è per sua natura malvagia. Poi ci sono state esperienze che mi hanno portato a mettermi in discussione e a fare una scelta che per le persone che frequentavo allora è inconcepibile, offensiva, vigliacca o peggio. Quando ho accettato di tornare qui, sapevo che avrei dovuto scontrarmi con situazioni del genere: sapevo di tornare nelle vesti di un venduto, un corrotto, un traditore, un leccaculo del governo e altre robe così. Niente che io non possa incassare: lo avevo messo in conto."

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