Sirius Black: Il sole e un campo di girasoli

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Mi ricordo ancora la prima volta in cui sono riuscita a fare una magia. E' un ricordo impresso a fuoco nella mia mente, impossibile da dimenticare. Un ricordo tanto felice quanto tormentato, che ha segnato la mia vita con un pennarello indelebile e l'ha resa com'è ora.

Eravamo in montagna, i miei genitori ed io. Un posto tranquillo sulle alpi francesi, una zona che conoscevamo molto bene perché era il luogo di nascita di mia madre. Seguendo il percorso di un torrente, si arrivava senza troppe difficoltà ad un magnifico campo di girasoli. Belli, bellissimi. Io ero innamorata dei fiori. Di tutti i tipi di fiori, anche se i girasoli erano i miei preferiti. Il loro colore mi incantava, e la loro predisposizione al sole li rendevano a me affini. Come loro, anche io amavo il calore del sole sulla pelle, che si abbronzava fin troppo velocemente, e cercavo sempre il risvolto positivo in ogni situazione.

Fino a quando, un giorno, non si sono girati tutti verso di me.

Avevo tre anni, e non avevo idea di cosa stesse succedendo. Quindi feci la cosa che all'epoca mi sembrava più ovvia: corsi da mio padre.

I girasoli mi seguirono con lo sguardo, girandosi al mio passaggio.

Mio padre era il mio supereroe. Mi sembrava l'uomo più forte del mondo perché riusciva ad alzarmi con un braccio solo e aprire le noci schiacciandole con una mano. Guidava la motocicletta, e non vedevo l'ora di diventare grande per poter salire dietro di lui come faceva la mamma.

Mia mamma non prese bene il fatto che io fossi una strega. "Uno scherzo della natura", così mi chiamava. Un errore. Si vergognava di avere una figlia come me. 

Gli anni passarono tra litigate e discussioni durante le quali io e il mio gatto ci nascondevamo sotto il mio letto per sfuggire al fuoco incrociato. Alla fine decisero di lasciarsi. Io e papà ci trasferimmo in Inghilterra, e nel campo di girasoli non tornai mai più.

Quindici anni dopo

«Sirius, gira a destra!».

Era estremamente complesso parlare con il guidatore di una motocicletta mentre la motocicletta era in moto. Soprattutto quando entrambi eravamo sopra. Ma io ero troppo felice per lasciarmi abbattere da queste piccole difficoltà, e ci provavo lo stesso.

Sirius diede un violento strattone al manubrio, girandolo verso destra. La ruota posteriore sdrucciolò sopra la sabbiolina di quella strada sconnessa, e per poco non finimmo contro un albero. Ma poi la moto, comportandosi come se avesse una propria volontà, si rimise in piedi e con un rombo continuò imperterrita il suo percorso. Tutto questo, per Sirius, non era altro che un gioco, e lui si stava divertendo da morire. La sua risata simile ad un latrato riempiva le mie orecchie come se fosse musica, e io affondai le mani sotto la sua giacca di pelle, godendomi il calore del suo corpo. Eravamo solo io, lui, una moto e...

...un campo di girasoli.

Non pensavo di potermelo ricordare così bene dopo quindici anni. E non potevo sperare che fosse rimasto immutato in tutto quel tempo. Eppure eccolo lì, davanti a me, come se non fosse neanche passato un minuto. Tutto era ancora uguale. Tutto, tranne me.

Il ricordo della bambina che correva tra i girasoli mi riaffiorò la memoria. I girasoli non si giravano più al mio passaggio, perché avevo imparato ad incanalare la magia attraverso una bacchetta. Eppure, sembrava quasi come se avessero fatto un sospiro profondo. Come se si fossero animati. I loro petali brillavano, i loro cuori erano rivolti al sole.

Sentii qualcuno abbracciarmi la vita, e mi abbandonai dentro braccia che conoscevo fin troppo bene.

Anche io avevo trovato il mio sole.

Era iniziata come un'amicizia tra compagni di casa, che si era evoluta anno dopo anno, cibandosi di sorrisi, di risate, di fiori regalati e di fugaci baci alla luce della luna. Sirius mi aveva fatto scoprire quanta vita ci fosse nella notte. A me, che avevo sempre amato così tanto il giorno.

Come il giorno e la notte, dopo esserci trovati non ci eravamo più divisi.

«A cosa stai pensando?».

"Alla tua voce", mi sarebbe piaciuto rispondere. Ai brividi che solo lui mi sapeva far venire. Al futuro che stavamo programmando insieme, che stavamo costruendo giorno dopo giorno. Al sole, che non sarebbe mai tramontato sopra il nostro amore.

«E' così bello essere di nuovo qui...» sussurrai invece, lasciando che una lacrima scivolasse libera sulla mia guancia.

Nessuno conosceva davvero la storia di come avevo scoperto di essere una strega, e tutto ciò che da esso ne era derivato. Perfino Sirius sapeva solo che mia madre se ne era andata, ma non gli avevo mai detto il perché. Era un segreto che tenevo custodito in fondo al cuore, cercando di non pensarci perché i sensi di colpa mi avrebbero lacerato l'anima.

Eppure, davanti a quei girasoli tutto iniziò a tornare a galla. E io non riuscii a smettere di piangere. Quei fiori mi avevano donato tanto, ma mi avevano anche tolto ciò di cui una bambina di quell'età ha più bisogno. Una madre.

Incapace di cavarmi una parola dalla bocca, Sirius si affrettò a sistemare la coperta da pic-nic che ci eravamo portati dietro, per poi prendermi in braccio e sedersi su di essa con me sopra. Non mi fece ulteriori domande. Mi accarezzò i capelli, aspettando che fossi pronta per dire qualcosa. Accettando anche il mio silenzio, se era ciò di cui avevo bisogno. Ma io, dopo qualche minuto, iniziai a parlare, a dire tutto ciò che non avevo mai detto a voce alta.

Sirius ascoltava. Ascoltava e basta. I suoi magnifici occhi grigi che mi scandagliavano il volto. Le sue mani grandi che mi accarezzavano le guance o i capelli. Era l'unico che riusciva a farmi sentire speciale in ogni piccolo momento. Ogni suo gesto, ogni suo pensiero, era rivolto a me. Lo era anche quando iniziò a baciarmi sempre più vicino alle labbra, fino ad appoggiarle sulle mie. Quando iniziò a darmi quei baci che si possono dare solo quando si è da soli.

«Ho fame» mormorai dopo qualche minuto, staccandomi dalle sue labbra solo perché se non lo avessi fatto avrei iniziato a morderle.

«Ci sono dei carciofi, se vuoi» propose lui, guardandomi con un sorriso malandrino stampato in viso. Ci guardammo un attimo negli occhi, e poi scoppiammo a ridere. Perché entrambi sapevamo che i carciofi facevano disgusto sia a me che a lui, ed era una delle poche cose su cui eravamo d'accordo.

Eravamo solo io, lui, il sole e un campo di girasoli. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 12, 2022 ⏰

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