CAPITOLO24

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Il viso di Josh, colmo di dolore e sofferenza, sparire davanti a me, la mia immagine, mentre mi lasciavo cadere sulle ginocchia disperato e piangente, Clara che mi abbracciava, per starmi più vicina possibile, quelle erano le uniche cose che affiorarono la mia mente per giorni, sia quando ero sveglio, sia quando dormivo; era peggio di un incubo.
A volte ricompariva l'incubo della caduta nel vuoto, a volte questo. Ormai la notte dovevo avere il terrore di chiudere occhio; non mi restava altro che sperare di non avere un infarto.
In quei mesi, mentre Russell e gli altri cercavano disperatamente di individuare il nascondiglio nemico e di capire come facessero a localizzarci ogni volta, non facevo altro che piangere, allenarmi, mangiare e dormire; e quest'ultima parte non mi riusciva nemmeno benissimo.
Continuavo a ripetere a me stesso che era stata colpa mia, che avevo perso tempo a ricaricare egoisticamente le mie energie anziché aiutare Josh, e l'accaduto fu la ricompensa della mia avarizia.
Qualche volta Clara e gli altri provavano a rivolgermi la parola, ma l'unico risultato che ottennero da me furono insensati mugolati, straziati è disperati. Ormai avevano lasciato perdere. Avevano capito che non mi sarei dato pace finché Josh non fosse ritornato al mio fianco, dov'è sempre stato, dove sempre deve essere e dove sempre sarà. Anche se con qualche piccola divergenza, io e Josh siamo sempre rimasti uniti, sin dal primo giorno che ci siamo conosciuti in istituto, sin da quando i nostri sguardi si sono incrociati per una frazione di secondo prima della scomparsa dei nostri genitori; era il destino. Io e Josh dovevano essere amici, dicevamo essere sempre uno accanto all'altro, per sostenerci a vicenda. Nulla di questo doveva cambiare; non potevo assolutamente permetterlo, non a discapito suo almeno.
Una persona così pura, sincera, leale e gentile come Josh non si sarebbe mai meritato questo. Una persona come lui non si sarebbe mai meritato di venire preso a pugni solo a scopo di farmi arrabbiare, non si sarebbe meritato di venire nuovamente massacrato al solo scopo di riuscire a catturarmi.
Una persona come lui non meriterebbe una briciola di questo.
Lui, che c'è sempre stato;
Josh, che nonostante a volte lo trattassi in malo modo, nonostante gli avessi gridato contro e tenuto il muso per una sciocchezza, nonostante io avessi quasi ammazzato il suo fidanzato, e nonostante altre cose, era rimasto con me; non mi aveva mai lasciato. Era sempre rimasto al mio fianco pronto ad aiutarmi in qualsiasi momento.
Una persona così fantastica non si meritava nemmeno di essermi amico.
Troppe sofferenze gli avevo causato, e troppe glie ne avrei causate ancora, involontariamente ovvio, e non potevo accettarlo.
Dovevo trovarlo, salvarlo, abbracciarlo e ringraziarlo. Per tutto quello che ha fatto per me. Per tutte le risate che è riuscito a strapparmi; per tutti i sorrisi che mi donava ogni giorno nonostante fosse triste; per tutte quelle volte che, anche se aveva un problema grave, non me ne parlava subito, per paura che, caricandomi anche il peso dei suoi disagi, sarei crollato. Ma ovviamente non andò mai andata così. Io resistevo, così come faceva lui. Ci sorreggevamo entrambi e mai sarebbe cambiato.
Continuai a versare lacrime, rannicchiato in un angolo vicino alla testata del letto, pensando a Josh.
Continuavo a fantasticare sulle terribili vicende che stesse passando.
A volte pensavo che fosse morto, la migliore ipotesi tra quelle che avevo elaborato fino a quel momento, a volte lo immaginavo in una stanza, incatenato ad un muro, subendo le torture peggiori. Riuscivo quasi a percepire le sue urla strazianti e colme di sofferenza. Quei lamenti erano costanti coltellate nella schiena e pugni allo stomaco per me; pressoché insopportabili.
Decisi di smettere di soffrire così. Decisi che era ora di ritrovare il mio amico, e riportarlo a casa da me.
Intensificai gli allenamenti, sia fisici che quelli del controllo del demone.
Col tempo riuscii a dominare quasi tutti gli elementi contemporaneamente, senza finire privo di sensi (cosa che mi era successa ormai un innumerevole quantità di volte durante le prove), mancava solo la capacità di gestire un elemento, uno solo, lo scudo, e successivamente agglomerarlo agli altri, per essere in grado di controllare tutto con leggiadria e facilità.
Fisicamente crebbi parecchio, non so se per via del mio tardo sviluppo, o per i muscoli che stavano crescendo; fatto sta che mi alzai di qualche centimetro e diventai un figurino. I miei pettorali erano ormai evidenti, e la tartaruga stava cominciando a formarsi, insieme alle fossette sull'addome. Era ciò che avevo sempre sognato da bambino, essere fisicamente ben messo.
Mi misi davanti allo specchio e decisi che era finalmente ora di tagliarsi la barba. I miei capelli, di un colore rosso ramato naturale, e la barba del medesimo colore, mettevano in risalto gli occhi verde acqua; a volte mi era davvero difficile definirne il colore; ero costantemente indeciso tra blu o verde, così optai per verde acqua, in modo da mischiare entrambe le opzioni.
Ci ripensai, non avevo così tanta barba da radere. Avevo si o no due o tre peli sui lati della mandibola, mi sentivo stupido a tagliarli, così li lasciai lì dov'erano.
Stavo uscendo dalla porta principale, quando Clara mi toccò una spalla
- Dove stai andando? - mi chiese preoccupata
- Fuori - risposi io freddamente
Non ne sapevo il motivo, ma sentivo l'estrema necessità di diventare introverso, scortese e rude, per sopravvivere con me stesso, per resistere ai miei sensi di colpa.
- Per quanto ancora pensi di comportarti così ? - chiese lei con voce spezzata - Will, siamo tutti addolorati per il rapimento di Josh, ma siamo anche preoccupati per te. - continuava a toccarmi la spalla, quando, con un forte scossone, mi girò, costringendomi a guardarla negli occhi. Cercai di posare lo sguardo sui suoi capelli, sul suo naso, qualsiasi parte tranne che i suoi occhi. - Will guardami, parlami. Ti prego. -
Finalmente riuscii a guardarla. Il suo sguardo pungente mi penetrava ogni singola parte dell'anima, ed io non riuscii a sopportarlo, così la liquidai velocemente.
- Sto solo uscendo. Non c'è bisogno di preoccuparsi tanto. - mi liberai bruscamente dalla sua presa e me ne andai. La sentii piangere, restando ferma, e continuando a fissarmi.
Mi dispiaceva farla soffrire, io la amavo, ma ne sentivo il bisogno; sentivo il bisogno di essere così brusco e chiuso in me stesso. Non potevo farne a meno.

Into the darknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora