26. lost in the echo

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Tutto intorno a me vorticava. 

Strinsi le coperte come se aggrappandomi ad esse potessi salvarmi. Ma il buio persisteva, due flebili risate arrivarono ovattate alle mie orecchie stanche, e un urlo di dolore venne soffocato dal cuscino. Gli occhi, umidi di lacrime, si mossero frenetici sotto alle mie ciglia.

Mi svegliai di soprassalto, con la fronte imperlata di sudore, alla luce della luna. Avevo fatto l'incubo , che ricorreva ogni anno come promemoria. Quello che mi impediva di andare avanti. Quello che non mi permetteva di vivere come avrei voluto.

Come avevo anche solo potuto pensare di farcela? Di lasciarmi tutto alle spalle?

Come un fantasma, quell'incubo viveva alle mie spalle seguendo ogni mio passo e spostamento, aspettando il momento giusto per ripresentarsi ed insinuare il tarlo tra le pieghe dei miei pensieri.

Accesi frettolosamente le luci della stanza e spalancai la finestra; nonostante fosse notte fonda ebbi il desiderio di afferrare una sigaretta ed una boccata di nicotina. L'aria fresca non mi avrebbe calmata mai più. Lo capii quando, il giorno del funerale dei nostri genitori, Chan mi posò una mano sulla spalla e mi disse che prendere un pò d'aria mi avrebbe aiutata a calmare il pianto.  Mi sedetti sul davanzale della finestra e attesi che la fiamma dell'accendino raggiungesse l'orlo della sigaretta, e quando prese fuoco, aspirai a pieni polmoni. E gli occhi si chiusero automaticamente ad assaporare quel dolore antico, ma a cui ero riuscita in qualche modo ad abituarmi. Non l'avrei superato, chiaramente.

Mi persi, così, tra i ricordi felici di una vita passata, torturandomi affinché fossi in grado di affacciarmi alla realtà il prima possibile. Sbuffai fuori il fumo, che si disperse nell'aria fino a dissolversi, e quando ebbi finito, non mi addormentai più. 

Era il 17 aprile.

Somewhere I Belong [Lee Felix]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora