13. Una famiglia normale

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«La cosa più bella dell'alcol è
che rende tutto più sopportabile. Puoi
scoparti tua cugina o la vicina
pregna e maritata e non fa niente.»

Prima legge di Topo sulla socialità.

Azzurra siede all'esterno del bar ed è sola. Agli altri tavoli, ci sono almeno due persone. Persone che chiacchierano, che si lamentano, persone che il cocktail lo ingurgitano a sorsetti da senza palle. Il suo è finito da venti minuti, di berne un altro ne ha un bisogno incompatibile con gli impegni lavorativi.

Non vuole andarci al lavoro, tiene i Gucci saldi sul naso perché l'ha impresso negli occhi che odia quel posto di merda e non ne può più. Ma non vuole nemmeno dormire tre o quattro ore per svegliarsi domani e andare ad affettare prosciutti, nonostante siano meglio le anziane che saltano la coda o i ritardati che le chiedono dove abbiano i formaggi in offerta.

Io la guardo, lei non guarda me. Forse mi percepisce, forse mi odia a prescindere come il resto dell'umanità. Sono lo straniero, quello che tutto ha visto e tutto ha conosciuto della gentaglia di questa città: deve avercela con me perché ne so i segreti di cui più si vergogna.

O il paio di Gucci neri lo indossa per non palesare la sua bassezza, per non far vedere agli altri che qua ci viene soltanto per continuare a guardare Francesco al bancone; lo so, e lei sente che so, e poiché non dovrei saperlo, non degnarmi di uno sguardo rivela tutto il suo astio.

È una giornata di sole e nuvole sparse, io taccio e Azzurra è caduta in basso, come se fosse possibile peggiorarsi. Stare da sola non l'aiuta, lei prende il telefono e come una ragazzina si mette a scorrere la sua triste vita sociale. Collega le cuffie, ha aperto Youtube perché è il modo più veloce per viaggiare altrove. Niente pensieri, basta nostalgia, basta colpevolizzarsi per aver spinto Francesco tra le braccia di altre, a dar loro sorrisi che Azzurra riceve da alcolizzati allupati per la sua perfezione fisica mentre si attorciglia al palo. Sbaglia canzone, ma le piace troppo per non ascoltarla; si sente capita e meno sola.

Azzurra ha ventinove anni da compiere e ne aveva sedici quando mosse i primi sculettamenti sul cubo, pare abbia iniziato ieri. Non ha finito di studiare, mai ne ha avuto voglia. Non ha finito d'impasticcarsi perché essere magra le serve quasi quanto il poco grano che riesce a tirar su con due "lavori".

Azzurra ha un seno enorme, mi chiedo come faccia a non perderlo nonostante si affami per "restare in forma".

Azzurra è ignorante, pigra, insicura, terrorizzata, inetta; ha di certo un disturbo alimentare, una ventina di debiti per droga, un appuntamento al cesso del Paradise stasera per saldarne uno con la bocca - fino a tre se l'origine du monde non sanguina come l'ultima volta che ha fatto una cazzata delle sue.

La musica la tocca dentro, il canto addolorato le provoca un lieve sussulto sulla sedia. Taccio, sto in disparte, sono lo straniero: osservo la miseria e la racconto perché, come Luca, sono cattivo. O mi hanno reso cattivo, che è esattamente quanto pensato da Azzurra per sé stessa nell'ascolto della canzone. Difficile tirare avanti per le ragazze come lei, che hanno perso la speranza e non sanno più fidarsi perché i primi a far del male sono coloro che dovrebbero voler bene.

Azzurra sussulta ancora, l'impulso di cambiare brano ha la pari forza dei ricordi che di prepotenza s'insinuano nelle riflessioni, ma, per effetto dell'assurdo consolarsi, è nella memoria che trova l'altrui colpa di averla resa quel che è diventata.

Boarspotting - La città si sta annoiando [VM 18]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora