Capitolo 24

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Il sole sarebbe dovuto essere alto nel cielo a quell'ora e certamente lo era, ma ben coperto da nubi dense, di un grigio scuro che lasciava traspirare poca luce biancastra e terribilmente fastidiosa per gli occhi, soprattutto per 3 paia di occhi che stavano piangendo fino a poco tempo prima. Quelle nubi dovevano essere particolarmente dense, poiché la pioggia scendeva ininterrottamente dalla notte precedente, ricoprendo l'asfalto fino a creare uno strato trasparente che rifletteva le luci delle auto. Sarebbe stata una giornata perfetta per Toni, era sicuramente il suo clima preferito, ma purtroppo quella giornata non aveva riservato niente di positivo. Se non altro, almeno, il clima era perfettamente in linea con quella giornata disastrosa, che con un sole splendente in cielo sarebbe sembrata tutta una grande beffa dell'universo. Gli eventi delle prime 12 ore di quel lunedì erano state sufficientemente terribili da esaurire le sue energie per quell'intera settimana.

123. Erano 123 interminabili minuti che passavano sedute nella sala d'aspetto del comando di polizia, quella sedia di plastica blu era probabilmente la più scomoda Toni che avesse mai utilizzato. La testa di Veronica era sorretta dalla spalla della più bassa e le su braccia avvolgevano quello della rosa, si era accoccolata a lei circa un'ora e mezza prima e si era appisolata; avrebbe voluto aspettare sveglia, ma era esausta, aveva la mente troppo affollata e non abbastanza forza da affrontarlo. Per quanto riguarda la rosa, il suo sguardo era completamente assente, di tanto in tanto si fissava su qualche dettaglio della stanza: le sedie blu, che avevano alcune zone più chiare e opache, consumate dall'uso, l'orologio, la cui qualità era piuttosto scarsa e il cui ticchettio sembrava assordante in quel silenzio, il piccolo angolo davanti a lei, acconciato come una reception, con un mobile angolare piuttosto datato e la poliziotta seduta lì svogliatamente -non doveva essere un lavoro molto movimentato-, il cestino di plastica, un po' sbilenco con il bordo crepato, ricoperto dal sacchetto nero della spazzatura. La sua mente però era completamente altrove, la sua rabbia era tutto fuorché affievolita, si era intenerita leggermente solo nel momento in cui aveva sentito la corvina accoccolarsi a lei, ma i suoi pensieri, i suoi dubbi, le sue preoccupazioni e tutto il suo risentimento continuavano a riempirle la testa, affollandola e offuscandola. Si sentiva come in una stanza chiusa, buia, piena di specchi, ogni strada che le sembrava libera e che provava a intraprendere in realtà era sbarrata e la rosa continuava sbattere contro ogni specchio provando a fuggire verso quello che pareva uno spiraglio; allo stesso modo la sua mente: ogni volta che provava a distogliere il pensiero da qualcosa di negativo andava a sbatter contro qualcosa di peggio. Ciò che più di tutto la torturava era la consapevolezza della sorte terribile che Cheryl aveva subito, le si stringeva il cuore al solo pensiero della rossa che subiva quelle angherie, da sola su quella sedia, senza potersi ribellare, completamente violata nella mente, nel corpo e anche nell'anima, ma sapere che l'uomo che le aveva fatto trascorrere le lezioni più interessanti delle sue giornate, in cui riponeva la sua stima, a cui si era quasi affezionata, subito dopo le sue lezioni andava in quel posto a martoriare la povera Blossom non solo la faceva sentire in collera, ma anche e soprattutto in colpa, in colpa di essersi affidata alla persona responsabile di gran parte del male che ora impregnava le loro vite. Si sentiva in colpa di aver avuto l'idea di andare prima a scuola a parlare con il preside e aver inevitabilmente portato la più alta ad affrontare quella situazione. Cheryl invece era nel commissariato da ben 123 minuti, accompagnata da sua cugina Betty a denunciare l'accaduto e rilasciare una prima dichiarazione. Era l'unica soluzione che era rimasta loro e, d'altro canto, preferiva dover affrontare tutto nello stesso giorno; era paradossale il modo in cui, dopo aver reso partecipe le sue amiche di ciò che aveva subito si sentiva più tranquilla, più forte di altre 3 paia di spalle che ora potevano comprenderla, comprendere i suoi silenzi, le sue lacrime e le sue stranezze. Tuttavia sapevano che imboccando quella strada non sarebbero più potuti tornare indietro, tutto sarebbe diventato ancor più concreto, scritto su fogli, sistemati in cartelle, ordinate in registro: sarebbe rimasto lì per sempre. Nessuno di loro era davvero pronto a quel passo, ma che altra opzione avevano? L'unica speranza che Toni nutriva era che FP, capo della polizia, padre di Jughead, re dei Southside Serpents, potesse aiutarli, sia legalmente, sia a non uscirne troppo danneggiati. Il fatto che l'avesse già fatto, infrangendo a sua volta una buona quantità di leggi, solo per aiutare la rosa da un lato la incoraggiava, ma dall'altro la portava pensare che il fatto che l'avesse già fatto una volta non era garanzia che l'avrebbe fatto una seconda. Potevano solo sperare in una buona dose di fortuna.

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