Capitolo 28

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Un rumore sordo di tacchi vibrò, riempiendo la sala d'aspetto quasi completamente vuota, eccezion fatta per qualche infermiere che, di tanto in tanto, sbucava dai corridoi; seppur il ticchettio sordo stesse rompendo il silenzio tombale di quel luogo, non attirò l'attenzione di nessuna di esse. Veronica entrò trafelata, sventolando le porte di vetro trasparente che bloccavano il suo passaggio. Era primo pomeriggio, l'una probabilmente, ma non ne aveva la certezza, dato che in quella sala stranamente non vi erano orologi. Era riuscita appena in tempo a risistemarsi dopo essersi svegliata poche ore prima nel letto di Toni; ora era lì, che camminava a passo svelto e sconnesso, con alcune gocce di sudore che le imperlavano la fronte, nonostante il freddo pungente, con i capelli scompigliati e ancora umidi sulle punte dopo la doccia. Fortunatamente non fu difficile per lei scorgere la testa rossa fra le file di sedie biancastre; era accasciata su una di esse, con la guancia destra posata sul palmo e il capo leggermente inclinato verso il basso: guardandola di spalle era difficile dire se si fosse appisolata o fosse semplicemente incantata. Veronica si precipitò sulla sedia accanto alla sua, quasi gettandocisi sopra, spaventando Cheryl, che sobbalzò, poiché, completamente assorta nei suoi pensieri, non sentiva nulla, nemmeno il frastuono dei tacchi della corvina. La rossa rivolse lo sguardo verso la newyorkese, alla quale fu subito evidente la gravità della situazione: la ragazza di fronte a lei, che solo poche ore prima sembrava essere tornata nella sua forma più smagliante, ora aveva il viso distrutto. Gli occhi gonfi, ancora intrisi di lacrime, faticavano a restare aperti alla luce, le guance, di solito pallidissime, ora erano chiazzate di rosso, solcate dalle lacrime e macchiate del mascara, ormai quasi completamente sciolto, anche i bordi del naso e l'arco di cupido erano arrossati e irritati dal ripetuto strofinio con i fazzoletti, incorniciando il perfetto ritratto di una ragazza disperata.
<<Ho cercato di fare il prima possibile, che è successo?>> chiese agitata, posando la mano sul ginocchio della Blossom e mettendo da parte la rivalità piuttosto infantile che, da qualche giorno a quella parte, si stava creando fra le due. La sua domanda era più che lecita, non solo per una naturale interesse nei confronti della sua migliore amica, quanto per il fatto di essersi precipitata lì in poco più di venti minuti, dopo una chiamata disperata e sconnessa della rossa, dalla quale le uniche informazioni che aveva ricavato fra lacrime e parole sbocconcellate dai singhiozzi erano "Toni non si sveglia, non si sveglia!" e "sta arrivando l'ambulanza". Cheryl, guardandola a fatica negli occhi, rispose <<Io non lo so, non lo so!>> tirando su col naso e senza riuscire a trattenere le lacrime, facendo stringere il cuore nella corvina. <<Stavamo parlando e Toni stava piangendo, era agitata, tremava e singhiozzava, io l'ho abbracciata e ha smesso, ma non si muoveva più e non riuscivo a svegliarla e non reagiva e sembrava morta>> tentò di spiegare, tutto d'un fiato, accelerando sempre più il ritmo delle parole, terminando il discorso senza più ossigeno. Era mezz'ora che la rossa piangeva senza riuscire a calmarsi, a fatica era riuscita a contattare i 911 e spiegare la situazione all'operatore; evidentemente già da quel discorso sconnesso si evinceva un quadro della situazione critico, che aveva risparmiato le tipiche obbiezioni dell'addetto dall'altro lato della cornetta, e confermato dal fatto che anche l'infermiere in ambulanza non avesse avuto nulla da contestare alla richiesta della rossa -che in una situazione normale, non essendo una parente, sarebbe stata respinta senza mezzi termini- di restare in ambulanza con Toni, probabilmente per evitare di doversi occupare in prima persona di chiamare un contatto di emergenza o semplicemente per risparmiarsi la scenata di un'adolescente in lacrime. Dire che la rossa fosse nel panico sarebbe stato riduttivo, aveva faticato perfino a comporre il numero della Newyorkse, terrorizzata all'idea di non riavere più la rosa come prima; riconosceva quanto quest'ultima fosse stravolta mentre raccontava delle tragiche vicende con suo zio, la serpent era visibilmente distrutta, certamente erano pensieri difficili da ripercorrere e ancor più da raccontare, era innegabile, ma, probabilmente in maniera egoista, Cheryl non si spiegava come una vicenda puramente psicologica potesse influenzare il corpo a tal punto da farle perdere i sensi o peggio ucciderla. Era davvero possibile morire di crepacuore? Per quanto razionalmente assurda le sembrasse quella ipotesi, non riusciva ad attribuire nessun'altra causa a quella condizione medica tanto grave. Forse era stata colpa sua, quando, spinta dall'urgenza di parlare con Toni, le aveva addirittura impedito di vestirsi? In quel momento, con la razionalità di una mente non più ottenebrata dalla gelosia e l'irrazionalità di una annebbiata dalla paura di ciò che sarebbe potuto accadere alla rosa, Cheryl non poteva non sprofondare nella vergogna di aver sfruttato la debolezza e l'imbarazzo della più bassa per un tornaconto personale. Come avrebbe potuto convivere con quel rimorso? E se la serpent davvero non si fosse svegliata?
<<Ma...>> obiettò Veronica a quella risposta che, di fatti, le forniva poche informazioni ulteriori rispetto alla telefonata; in realtà non era sicura di voler proseguire, non voleva che le sue parole rendessero ancora più concreta quella situazione, nutrendo quel mostro che sentiva in aguato dietro di lei, di cui percepiva l'ombra alle sue spalle, che l'avrebbe potuta mettere al tappeto da lì a pochi minuti: la paura. La paura lancinante di perdere la sua migliore amica, una sorella. Come si affrontava la perdita di una persona così importante? Come poteva una persona da un momento all'altro smettere di esistere, sparire dalla faccia della terra? Come avrebbe potuto riuscire a svegliarsi ogni mattina con la consapevolezza di non vedere più Toni, con la consapevolezza che non era solo partita per un viaggio, ma non sarebbe mai più ritornata?
<<Quando ha... perso i sensi...>> iniziò con esitazione, scegliendo attentamente il suo lessico <<Lei respirava ancora? Si sentiva ancora il battito?>> chiese, un nodo in gola le impedì di utilizzare la fatidica parola: "morte". Perché lei non poteva essere morta, non poteva, giusto?
Colta la chiara accezione della domanda della sua amica, i singhiozzi della rossa si intensificarono, quasi impedendole di respirare. La corvina voleva sapere se Toni fosse morta. Morta. Quella parola, il suono che aveva avuto nella sua mente, raggelò il sangue nelle vene della Blossom. L'idea sempre più reale che la piccola serprent fosse morta fra le sue braccia, seminuda, dopo aver raccontato il momento più buio della sua breve esistenza la straziava. Cheryl le doveva la vita, le doveva la libertà. <<Veronica io non lo so, non lo so, vorrei così tanto saperlo...>> sospirò sconsolata, ormai quella terribile sensazione di vuoto si stava impadronendo si lei, forte quasi come quando solo l'anno precedente aveva iniziato a fiutare la possibilità che suo fratello fosse realmente deceduto. <<Non ho controllato se respirasse, né se avesse battito, ma era bollente...>> A quella risposta anche la newyorkese non poté far alto se non emettere un gemito di sconforto.
Facendo ricorso a tutta la forza morale che riuscì a trovare trattenne le lacrime e, come spesso capitava nella sua vita, pensò prima a chi le stava accanto e poi a sé stessa; seppur egoisticamente, addossarsi prima il dolore degli altri, era un modo per separarsi dal suo. <<Dai, vieni qui>> disse, torcendo il busto verso la ragazza alla sua sinistra e allargando le braccia, invitandola ad accoccolarsi fra di esse. La più alta, senza esitare, si gettò fra le braccia dell'altra ragazza, ricambiandolo e tirando su col naso un paio di volte. Per un momento si chiese come aveva fatto a finire in quella situazione: poco tempo dopo essere uscita da un manicomio, ad aspettare di sapere se la ragazza che le aveva salvato e poi spezzato il cuore fosse viva, rifugiandosi nell'abbraccio di colei con cui era appena iniziata una sorta di competizione. Tuttavia, in quel momento, sapeva che il meglio per sé stessa era mettere tutti i suoi pensieri da parte e lasciarsi sorreggere da qualcuno, era l'unico modo per restare in piedi. D'altro canto, non poteva non riconoscere il ruolo cruciale che Veronica aveva avuto nel suo salvataggio, il sostegno incondizionato che aveva dato a Toni e che, per induzione, stava trasmettendo anche a lei. Non le poteva imputare alcuna colpa se era stata con la rosa, non essendoci nulla fra la Blossom e la serpent, non poteva considerarsi né un tradimento né nulla di simile, forse solo un colpo basso; nonostante questo la Newyorkese si era dimostrata incondizionatamente disponibile e anche piuttosto amichevole nei suoi confronti, cosa a cui non era generalmente abituata. Forse, in un universo poco diverso dal loro, si sarebbe potuta azzardare a dire che erano piuttosto simili davvero. I suoi pensieri furono introdotti dal sussurro che vibrò fra la testa di Cheryl e la guancia della corvina, che percepì essere poggiata sui suoi capelli:<<tranquilla, andrà bene...>> sentì la sua cute essere accarezzata delicatamente:<<non dovresti dover sopportare tutto questo dolore, nessuno dovrebbe>>

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