L'orologio digitale segnava le 21:37, Toni era stesa sul divano pigramente, sperando di affondarci dentro e scomparire. La pioggia tintinnava incessantemente sui vetri e le lamiere della sua roulotte, riempiendo quei piccoli spazi insignificanti nella sua mente che i pensieri lasciavano vuoti. Sarebbe voluta uscire dalla porta blindata della sua dimora e restare sotto la pioggia, diventando una delle tante gocce, che ricadevano sulle superfici della terra e di ciò di cui essa era ricoperta, impegnandosi in essa, sparendo per sempre con un po' di sole. Invece era lì, in preda alla disperazione, ai pensieri che affollavano la sua povera, esausta, mente. Un pacco di piselli surgelati sul suo addome, nel tentativo di affievolire il dolore e un po' di jazz in sottofondo, nella speranza che almeno riuscisse a rilassare, non tutta la sua mente, ma almeno quella parte che irrigidiva ogni suo muscolo. Ovviamente nemmeno uno dei suoi tentativi di liberarsi la mente stava funzionando, né i suoi pensieri filosoficamente esuberanti sulla pioggia, né la musica in sottofondo, né qualunque cosa avesse fatto fino a quel momento. Toni non fumava, in una buona parte andava contro la sua morale e contro il rispetto che nutriva per il benessere del suo corpo, ma a volte aveva bisogno di sentire la nicotina entrare in circolo nel suo sangue e prendersi cura dei suoi muscoli tesi, sciogliendoli a uno a uno in un caldo abbraccio, accogliendoli fra le loro morbide braccia, alleggerendoli. Non voleva cascarci, sapeva che quella sensazione, seppur piacevole, era una mancanza di rispetto per il suo giovane corpo, ma in quella situazione non riusciva a negare a sé stessa qualche minuto di leggerezza, seppur minima, poiché il fumo era tanto irrispettoso per sé, quanto lo era angosciarsi la mente. Così ci cascò, prese il pacchetto, tirando fuori una Winston blu lunga, classica, uno dei tipi più gettonati fra i ragazzi, le preferiva lunghe per impugnarle meglio, inoltre quel semplicemente aggettivo le dava l'impressione che sarebbero durate di più. Ne incastrò una fra le labbra, afferrando subito dopo un clipper, ne fissò il disegno, un cranio osseo mostruoso, appartenente a qualche animale con le corna, decorato da svariati ghirigori di colori sgargianti, al di sotto la scritta "civilisation". "Quanto è vero" pensò, riflettendo sul collegamento fra disegno e scritta, facendolo scattare subito dopo, accendendo la fiamma con la giusta combinazione di gas e scintilla, portandolo all'estremità del tubicino di tabacco, aspirando leggermente per accenderlo. Chissà perché Cheryl è andata da Betty, si chiese, aspirando profondamente dalla sigaretta, era consapevole di quanto il suo rifiuto giorni prima fosse stato sgarbato e avesse ovviamente mandato un messaggio ben chiaro, ma nonostante la freddezza di Cheryl nel trattare Toni durante i giorni seguenti al bacio quest'ultima era rimasta con la rosa; magari aveva già intenzione di andare via e aveva colto la prima occasione che si era presentata. La serpent sbuffò sconsolata, gettando fuori il fumo e aspirandone ancora subito dopo; portò il pensiero a sua madre, a ciò che la aveva detto FP e subito dopo a quanto ingiustamente la vita gliel'avesse strappata via. Ripensò a quella lontana sera in cui aveva commesso ciò di cui era imbarazzata al solo pensiero. Riportò la mente a Cheryl e a come anche il medico avesse constatato il suo drastico calo di peso e il modo in cui mangiasse molto meno di quanto avrebbe dovuto; poi pensò alla sua ferita, al modo in cui inevitabilmente l'avrebbe invalidate per il resto della vita, perché lo sapeva, un taglio così profondo, soprattutto se non curato a dovere, lascia gravi conseguenze. Stava sprofondando in quel buco nero che la sua mente era in quel momento e ancora una volta ripensò a Cheryl e a Mr. Blevins e, come in un film, le si proiettarono, ancora e ancora, nella mente le immagini di quell'uomo viscido che torturava la povera ragazza. La sua rabbia, la sua frustrazione e il suo risentimento tornarono a galla, portandola aspirare nuovamente la sigaretta, questa volta assicurandosi che i suoi polmoni fossero ben pieni.
Quella sera, però, il destino aveva altri piani in servo per lei. Fortunatamente due colpi secchi che risuonavano sulla superficie di legno la distrassero dai suoi mostri. Si sistemò lentamente seduta, ancora con la sigaretta fra le labbra, in modo tale da poter usare entrambe le mani come sostegno, e poi, lentamente e con molta fatica, si sistemò in piedi, assicurandosi di prendere il tubicino fumante fra indice e pollice, non prima di aver inalato un altro po' di fumo. Non aspettava nessuno e in quel momento sperava, quasi implorava, che dietro quella porta non ci fosse un altro dispetto di quel crudele destino che stava investendo la sua vita. Aprì la porta sconsolata, ma fu piacevolmente sorpresa quando vide chi si trovava dietro di essa, si spostò velocemente dall'ingresso, in modo tale che l'ospite potesse chiudere l'ombrello e entrare a riscaldarsi in un ambiente caldo e asciutto. <<Ho portato da bere, un sacco da bere e spero che tu abbia un sacco di ghiaccio>> disse, posando la busta di plastica piena di bottiglie che si scontravano tintinnando fra loro sulla piccola isola della cucina, tornando poi all'ingresso; si tolse il cappotto nero e dopo avergli dato una veloce sgrullata lo appese all'attaccapanni. La rosa, senza che nemmeno le fosse chiesto, si tolse la sigaretta dalla bocca e la avvicinò alle labbra dell'ospite, cedendogliela e lasciando che fosse ancora una volta aspirata profondamente. <<Mi leggi nel pensiero, proprio ciò di cui avevo bisogno>> sospirò, sbuffando contemporaneamente fuori una nube grigia poco densa. <<Avevi bisogno di una sigaretta o di qualcuno che ti leggesse nel pensiero?>> chiese la serpent ridacchiando, andando a sua volta verso la cucina per tirare fuori dalla busta le varie bottiglie e scoprendo anche qualche cartone di succo. <<Entrambi, forse l'ultima un po' di più>> rispose la seconda persona a sua volta, rivolgendo un occhiolino alla rosa. <<Accomodati>> disse la più bassa, sorridendo al suo ospite <<ho deciso che oggi metterò a disposizione le mie abilità da barista solo e soltanto per te>> concluse ricambiando l'occhiolino. L'ospite andò a sedersi, sprofondando nel divano e scrutò attentamente Toni tirare fuori dalla credenza due bicchieri piuttosto alti, al cui interno svuotò del ghiaccio, in modo tale da raffreddarli, decise di iniziare la serata con un po' di vodka, che versò riempiendo i bicchieri un po' più di quando avrebbe dovuto, il tutto non prima di aver scolato l'acqua che il ghiaccio aveva rilasciato, concluse con due succhi di frutta di gusti diversi che unì alla bevanda alcolica, girandoli poi con delle cannucce che aveva fortunatamente trovato nel cassetto. <<Che drink è?>> chiese l'ospite non riconoscendo tutti gli ingredienti, mentre la rosa portava i bicchieri nel salottino. <<Frutto dell'ispirazione del momento>> rispose, sedendosi anche lei sul divano e recuperando la sigaretta dalle labbra della seconda persona, aspirando per l'ultima volta prima di spegnerla nel posacenere. La rosa si sistemò al meglio che riuscì sul sofà, sprofondandoci dentro, ma non prima di aver afferrato il suo drink dal tavolino e averne fatto un lungo sorso; sentì subito il gusto dell'abbondante vodka mischiarsi a quello dell'ultimo tiro di Winston Blu e l'alcol riscaldarle prima la gola e poi il petto, fino a scendere allo stomaco. <<Come stai Ronnie?>> si rivolse verso di lei, guardandola intensamente, già consapevole di parte della risposta. <<Male, davvero malissimo>> disse, proprio come la rosa si aspettava; quest'ultima si sporse un po' verso di lei, allungando il braccio e sistemandoglielo sulle spalle e dietro al collo, in modo che la corvina potesse posarsi sulla sua spalla. Riprese a parlare, appena dopo aver fatto un gran sorso di ciò che aveva nel bicchiere <<Non riesco a smettere di pensare a ciò che ha detto Cheryl sta mattina, ho l'immagine di ciò che le fanno impressa in fronte e non riesco a mandarla via. Eh il modo in cui l'ha raccontato... sembrava così vuota. Non è giusto quello che le hanno fatto T, non lo è>> fece una breve pausa, probabilmente persa nei suoi pensieri, tacendo un sacco di altre cose che le frullavano in testa, perché anche solo dirle significava accettarle o renderle concrete o entrambi e la corvina cercava di rimandare quel momento il più possibile, nella speranza che con il passare del tempo sarebbe riuscita a trovare la forza. <<Tu come stai, invece?>> chiese a sua volta la newyorkese, anche lei sapeva già la risposta di Toni. La verità era che quella conversazione era completamente inutile, anche Veronica si rendeva conto di come la rosa stesse subendo tutta quella pressione, di come si sentisse responsabile di quella situazione e di un sacco di altre questioni che probabilmente non avrebbe mai capito, ma che percepiva gravassero sulla sua amica. <<Male Ronnie>> rispose, come da previsioni la più bassa; non era solita chiamarla con quel nomignolo, per lo più lo usava Archie e qualche volta Betty, loro due si chiamavano quasi sempre per cognome, anche quella, in qualche modo, era una cosa loro. Tuttavia il suono tenero che aveva il soprannome "Ronnie" e il modo in cui si addiceva alla corvina in quel periodo in cui, al contrario del solito, sembrava essere particolarmente fragile, aveva fatto sì che Toni iniziasse a usarlo, legandosi a lei in un modo ancora diverso. <<Davvero male, in realtà, ma non ci pensiamo ora ok?>> ripeté la rosa, spostando subito dopo il discorso, con l'obbiettivo di relegare la pesantezza di quella giornata all'ultima conversazione. Si alzò dal divano deglutendo l'ultimo sorso del suo drink e posò il bicchiere, ormai pieno solo di ghiaccio sul tavolino, si sistemò davanti a veronica, ponendo due dita sotto il suo mento, facendo un po' di pressione verso l'alto in modo tale che la corvina alzasse lo sguardo verso di lei <<Ora non ci pensiamo più Ronnie, ok?>> le chiese di nuovo, facendolo suonare quasi come un obbligo, ma guardandola con un sorriso rassicurante che la newyorkese non poté far altro se non ricambiare, incantandosi qualche secondo più del dovuto negli occhioni marroni della più bassa. Toni si separò da lei, facendole un occhiolino e si diresse verso l'impianto stereo per alzare un po' il volume, in modo tale che la musica non facesse più solo da sottofondo. <<Ti piace il jazz?>> chiese rivolgendosi una seconda volta verso la ragazza di fronte a lei <<E' musica da Toni>> rispose quest'ultima, ridacchiando, osservando la rosa di fronte a lei. <<Allora la cambio>> subito si propose la serpent. Lei amava la musica che ascoltava, ma era consapevole di quanto fosse inconsueta per una ragazza della sua età e quindi di come potesse non piacere affatto a chi le stesse intorno, di conseguenza aveva sempre qualche playlist "di riserva" che contenevano canzoni che erano un compromesso fa ciò che piaceva a lei e ciò che preferivano gli altri. <<Non ho detto che non mi piace, la musica da T è bella>> le sorrise. <<Dai torna qui che mi manchi>> proseguì la newyorkese, imitando un tono da bambina, guardando Toni con quelli che definivano "occhi da cucciola", indicano la parte che la più basa aveva lasciato vuota nel divano. Quest'ultima mimò con le labbra un veloce "corro" e, dopo aver regolato il volume alla giusta altezza, si precipitò accanto alla sua amica, non prima di aver afferrato dall'isola della cucina le bottiglie di alcol e succo già aperte, altri bicchieri puliti dalla dispensa e qualche birra che le era rimasta in frigo e aver poggiato tutto sul tavolino in soggiorno. <<Ora ci rilassiamo>> disse, sorridendo a Veronica, riempì i bicchieri, questa volta quasi completamente d'alcol, con pochissimo succo, stappò le birre e poi afferrò il pacchetto di sigarette, tirandone fuori due, posizionandone una fra le sue labbra e l'altra fra quelle dell'amica, accendendole entrambe lei stessa.
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𝐈𝐋 𝐌𝐀𝐍𝐈𝐂𝐎𝐌𝐈𝐎
RomanceUn matrimonio nell'orrore. Una tragica vicenda segna la vita di due ragazze, legandole per sempre, nel bene e nel male. Il male chiama il male, attraendo a sé errori, pregiudizi e fraintendimenti, tirando fuori fantasmi del passato e scheletri nell...