Capitolo 27

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Da Toni a Cheryl, 2 settimane prima, 15:56: "Ehy Cheryl, sono Toni, so che molto probabilmente non vuoi vedermi, né parlarmi, né cose simili, immagino tu abbia scoperto ciò che è successo con mio zio. Capisco che tu possa essere spaventata o schifata da me, ma ti prego, ti prego non dirlo a nessuno, almeno parliamone prima, per favore."

La rosa rimase a fissare lo schermo di quel telefono incredula per una quantità di tempo indefinita, ma sicuramente eccessiva. In tutto quel marasma di cose infinito aveva dimenticato quel giovedì mattina di panico, in cui si era svegliata seduta sul divano, ma non aveva trovato la rossa con la testa sulle sue gambe, cosa che aveva dato origine a un crescendo di paura che aveva portato la rosa a diventare preda di pensieri subdoli e irrazionali, come l'idea, che si era velocemente radicata in lei, che Cheryl avesse scoperto il suo segreto più intimo e l'avrebbe spifferato al mondo. Ora, invece, guardando quel messaggio, frutto dell'irrazionalità e della paura, che in quel momento erano state decisamente cattive consigliere, si sentiva in colpa ad essersi uniformata alla massa, pensando che Cheryl fosse così senza scrupoli da rivelare il suo segreto, segreto che, nonostante tutti gli agganci e tutti i soldi di quest'ultima, non avrebbe mai potuto scoprire. In quel momento si pentì amaramente di quella reazione che aveva avuto ormai due settimane. Quell'unica volta in cui non era restata razionale e aveva perso la lucidità le era costata cara e ora doveva pagarne il prezzo, ma non voleva dirlo a Cheryl, ora che sembrava che le acque si stessero calmando non voleva distruggere tutto. Adesso però, ora che si trovava a dover affrontare il problema, non aveva più quella stupidissima paura di ciò che avrebbe fatto la rossa, ormai erano legate da qualcosa di ancor più profondo di un matrimonio e le avrebbe affidato tutta sé stessa, nonostante tutto; aveva paura della sua reazione, aveva paura di deluderla per aver anche solo pensato che la rossa potesse avere un comportamento così spregevole, ma era ancor più spaventata all'idea che la Blossom sarebbe stata disgusta da ciò che Toni aveva fatto e quell'idea la terrorizzava, facendola tremare.

<<Quindi?>> chiese Cheryl risvegliandola dai suoi pensieri e costringendola ad affrontare quella conversazione. La rosa alzò lo sguardo sull'altra ragazza con l'espressione più neutra che riuscì a indossare, porgendole di nuovo il telefono; provò a deviare l'argomento, sperando disperatamente che la più alta avrebbe dimenticato di essere arrivata lì dall'altra parte della città per parlare del messaggio. <<Non avresti dovuto accendere il cellulare Cheryl, è pericoloso>> disse Toni sottovoce, lasciando che le sue corde vocali, affaticate dalla notte precedente, vibrassero rocamente, provocando un brivido che percorse tutta la spina dorsale della rossa. Nonostante quella strana e piacevole distrazione, quest'ultima tornò subito in sé <<FP ha detto che potevo accenderlo>> rispose tagliando corto. "Ottimo" bisbigliò Toni, più a sé stessa, come un pensiero che prende voce. <<Quindi?>> la incalzò Cheryl. La rosa, in un ultimo e disperato tentativo di non dover ritirare fuori quelle immagini che l'avevano perseguitata per anni, tentò <<Non è nulla di che Cheryl: quando sei scomparsa, mi ero svegliata convinta di trovarti lì e tu non c'eri e mi sono impanicata, non per un motivo preciso, avresti avuto ragione ad andare via, ma poi tu non c'eri a scuola e noi, beh insomma, la prima volta che abbiamo interagito non è andata bene, e ho avuto paura>> si giustificò <<So di aver sbagliato, ma in quel momento non stavo pensando davvero>> concluse. In realtà ciò che aveva detto non era falso, ma non rispondeva davvero alla domanda della rossa, la quale si sarebbe fermata a quella risposta, se quella strana connessione con la serpent non le avesse fatto percepire come dietro ci fosse ben altro, qualcosa che sentiva stesse distruggendo Toni da tempo, tanto tempo. La rossa poggiò in modo rassicurante la mano gelida sul ginocchio scoperto e bollente di Toni, accarezzandolo prudentemente, cercando di rassicurarla; provò a guardarla negli occhi, alla ricerca di una conferma, di un qualunque cenno, ma in risposta la rosa abbassò di scatto la testa, guardando in qualunque posto che non fossero gli occhi di Cheryl. La Blossom, pazientemente, quanto cautamente, allungò l'altra mano, sporgendosi un po' verso la più bassa e sistemando due dita sotto il suo mento scuro, invitandola ad alzare lo sguardo e Toni, seppur diffidente e spaventata all'idea di poter cedere sotto lo sguardo della più alta, non seppe resistere al suo tocco. Quando i suoi occhi nocciola, leggermente a mandorla, incontrarono quelli di Cheryl e percepirono un cambio radicale rispetto a quello che aveva durante la conversazione con Veronica e ancor di più percepirono la sicurezza di cui aveva bisogno lì dentro, cedette ai suoi ricordi, che le riempirono prima la mente, diradandosi lungo i nervi, i muscoli, le vene, giungendo al cuore, tornando ad avere accesso alla sua fragile anima. La rosa iniziò a parlare con voce flebile, sotto lo sguardo attento della Blossom, senza però dare un vero destinatario alle sue parole, come se lo stesse raccontando a sé stessa per renderlo concreto <<Quando avevo 5 anni i miei genitori sono morti durante un incidente in moto, ma questo lo sai già>> disse facendo un gran respiro <<L'unica opzione, quindi, fu affidarmi a mio zio. A nessuna corte sarebbe mai potuto importare di una bambina del Southside orfana di due genitori serpents, quindi nessuno si preoccupò di controllare l'affidabilità di quell'uomo. Era un alcolizzato, un cliché vero?>> disse con un sorriso amaro sul viso, guardandosi le ginocchia <<Ho vissuto due anni o poco meno con lui. Quando non era sobrio, quindi la maggior parte del tempo, era violento e non solo... Ogni sera, dopo che aveva passato i miei pomeriggi da sola a provare a fare quei pochi compiti che ero in grado di comprendere senza nessuno o piangendo alla ricerca dei mie genitori, dei miei genitori morti, tornava a casa ubriaco.>> ripercorrendo quei ricordi, una lacrima solitaria rigò la guancia di Toni, ma lei sembrò non accorgersene, persa nella sua memoria <<Entrava gridando, sbatteva la porta e qualunque cosa trovasse al suo passaggio, gridava cose: a volte non ero un grado di capirle per la mia età, altre erano ragionamenti completamente sconnessi. Io scappavo nella mia cameretta, terrorizzata da quell'enorme e rude uomo e mi nascondevo sotto la scrivania, portavo le ginocchia al petto, le avvolgevo con le braccia e ci nascondevo la testa dentro, la maggior parte delle volte piangendo; a volte le urla erano così forti che mi ronzavano le orecchi e dovevo premere i palmi contro di esse, sperando di attutire quel rumore.>> fece una breve pausa, prendendo un altro grande respiro <<Per i primi tempi si limitò a questo. Dopo non so quanto probabilmente il suo alcolismo peggiorò, non so cosa successe, il suo cervello non distingueva più il bene e il male, ciò che era morale e immorale. Così iniziò a venire a cercarmi nella mia cameretta, l'unico posto in cui credevo di essere al sicuro. Iniziò ad abusare di me, non più solo della mia mente, ma anche del mio corpo e fu così graduale che all'inizio, piccola com'ero, non me ne resi nemmeno conto. Iniziò massaggiandomi le cosce, dicendomi di succhiare le sue dita, mente lui si... si dava piacere>> disse, con una fatica enorme, iniziando a rendere reale tutta quella storia, dando un vero e proprio nome a ciò che era accaduto per la prima volta in 10 anni, sentendosi lacerare il cuore <<E alla fine l'ha fatto, mi ha derubata della mia- della mia purezza>> singhiozzò <<A 7 anni, con le dita, perché lui... lui era troppo grande per una bambina>> sentendo le sue stesse parole, rimbombare nella sua mente, cedette al dolore che sentiva dentro, scoppiando a piangere copiosamente, singhiozzando e tentando di prendere grandi respiri. In quel momento Cheryl sentì qualcosa rompersi, non come un vetro che cade e va in frantumi, come un pezzo di carne, che si strappa lentamente lacerandosi e in quel momento anche l'ultimo piccolo filamento che teneva insieme tutto aveva ceduto. Non sapeva se fosse il cuore di Toni o il suo, probabilmente entrambi, perché ormai i loro cuori erano così vicini da fondersi, diventando uno solo e unico. Sentì un moto di rabbia, che riuscì a convertire solo in lacrime, non riusciva ad accettare, a spiegarsi, a comprendere come una bambina, una povera, innocente, pura, bambina, una povera, innocente, pura, Toni, avesse potuto subire una situazione del genere e continuare ad andare avanti. Era così sgomenta da ciò che aveva sentito, che non era nemmeno in grado di articolare un pensiero. Si limitò a sporgersi verso Toni, provando ad accoglierla nelle sue braccia, cercando di tenere insieme i suoi pezzi tremanti, ma ricevendo in cambio un brusco rifiuto. <<Qui non sono io la vittima, Cheryl.>> disse decisa e con voce ferma, ma con ancora il fiato corto, dovuto al pianto. La rossa rimase inevitabilmente interdetta, ma non ebbe nemmeno il tempo di processare quella sorta di rifiuto, che la più bassa, riprese velocemente a parlare, come se, se avesse aspettato ancora, avrebbe perso le parole e la sua occasione di esprimersi. <<Una notte, non so, dovevo avere poco più di sette anni, tornò a casa, come sempre ubriaco, forse più del solito o forse a peggiorare la situazione fu solo il fatto che continuò a bere a casa. Non lo ricordo esattamente>> questa volta però parlava con tono più solenne, quasi funebre, senza nemmeno far tremare la sua voce per il pianto. <<Mi venne a prendere dalla mia stanza. Non appena sentì i suoi passi iniziai a tremare, come sempre ero terrorizzata, non sapevo mai cosa mi aspettasse, ma io non ne potevo più. Mi prese in braccio rudemente, mi stringeva così tanto da farmi mancare l'aria, anche perché tutto ciò che potevo sentire era la sua puzza di alcol mista a una nota di sudore, o viceversa. Ho provato a spingere con le braccia sulle sue spalle, per cercare di allontanarmi, ho irrigidito le gambe perché fosse più difficile tenermi, ho scalciato, ho gridato, gli ho detto di smettere, come facevo sempre, ma ovviamente non funzionò nemmeno quella volta. Come risposta mi ammutolì con un colpo secco alla nuca. Mi sistemò seduta su tavolo e mi ordinò di non muovermi, io non osai nemmeno pensare di farlo, altrimenti mi avrebbe massacrata. Lui tonò a sedersi e a bere, fissandomi, scrutandomi attentamente, con gli occhi di un lupo. Io volevo solo sparire, te lo giuro>> disse con un pizzico di disperazione nella voce, rivolgendosi a Cheryl <<Qualunque cosa era meglio di quello, di quell'attesa straziante, che non faceva altro che aumentare il mio terrore, e anche di tutto ciò che mi avrebbe fatto dopo, volevo sparire. Penso di aver davvero desiderato di morire>> dopo una breve pausa proseguì <<Dopo non so quanto, si alzò viscidamente e venne verso di me, iniziò a toccarmi, il corpo, a stringermi, a baciarmi ovunque. Io non volevo che lo facesse, quella puzza mi nauseava così tanto da farmi male allo stomaco, le sue mani mi stringevano, mi colpivano e mi facevano terribilmente male e la sua barba mi pungeva la faccia, le labbra e mi raschiava. Iniziai di nuovo a scalciare, a gridargli di smetterla, che mi faceva male, gridavo ai miei genitori di aiutarmi, ma loro non c'erano più. Spazientito si alzò, per un momento credetti di avercela fatta, di averlo convinto, ma subito dopo senti il rumore sordo dei vetri che esplodevano, rimbalzando via e la birra che restava nella bottiglia finirmi addosso. Aveva spaccato la bottiglia sul tavolo, mancandomi di qualche centimetro. Lui mi stese sul tavolo e mi blocco col suo corpo, premendomi sulla superfice di legno in modo tale che non mi muovessi e riprese da dove aveva interrotto. Quel gesto fu poco valido, visto che non mi sarei più mossa di un millimetro comunque. Ben presto la pressione del suo corpo enorme sul mio esile iniziò a farmi mancare il fiato. All'inizio pensai fosse la paura, ma poi smisi di percepire anche la sua presenza, le sue azioni, mi girava la testa e iniziai a faticare nel tenere gli occhi aperti. Provai a muovere le braccia, le allungai lungo il tavolo, facendo qualche scatto, qualche movimento per fargli capire che stavo per morire soffocata. Ovviamente era troppo ubriaco per capire qualunque cosa gli accadesse intorno. Le mie braccia non avevano più la forza di muoversi, ricaddero lunghe e inermi sul tavolo, le mie dita incontrarono qualcosa di freddo e duro, non riuscì nemmeno a realizzare cosa fosse, lo afferrai e con tutta la forza che una bambina di sette anni che stava soffocando poteva trovare, lo colpì. Lui ebbe uno spasmo, forse sorpresa, forse spavento, forse dolore. Dopo di che ricadde su di me, ma questa volta non mi toccava più, non mi baciava più, non faceva più niente. Iniziai a sentire un liquido caldo e denso scivolarmi addosso, era una sensazione orribile. Con le ultime energie che avevo, cercai di liberarmi dalla sua presa.>> si fermò per qualche secondo, cercando di bloccare le lacrime, stringendo gli occhi, fece un gran respiro e, senza riuscire a guardare Cheryl negli occhi, riprese a parlare, piena di vergogna e risentimento <<Aveva il collo della bottiglia infilato in gola, il sangue zampillava letteralmente fuori dal suo collo. Io l'ho ucciso, a sette anni, ho ucciso un uomo>> concluse, scoppiando in un profondo e doloroso pianto. <<Restai in quella casa da sola, con il suo cadavere, senza sapere cosa fare, forse per due o tre giorni, finché non mi trovò FP. Lui insabbiò tutto>> affermò con voce stupita <<Anziché punirmi, lui mi protesse, si prese cura di me. È il mio angelo custode.>> concluse. Ormai era in preda al pianto, i suoi singhiozzi erano frequenti e rumorosi, le lacrime salate le ricoprivano il viso, il suo respiro era pesante e affannoso, il tutto si aggiunse a una sensazione di freddo intenso che provava ormai da ore, si sentiva congelare al punto tale che i brividi erano diventati così intensi da essere spasmodici, forse per il freddo, forse per l'intensità del pianto, probabilmente a causa di entrambi. <<L'ho ucciso>> ripeteva sottovoce, rendendolo man mano più concreto: era la prima volta, in anni che diceva ad alta voce ciò che aveva fatto, probabilmente anche la prima volta in anni che lo affrontava davvero, infondo cosa avrebbe potuto affrontare una bambina di sette anni? Come ci si raffronta con la consapevolezza di essere degli assassini? Quella sete di giustizia che Toni nutriva nel suo animo era davvero intrinseca nella sua natura o era solo un bisogno di riscatto dopo l'omicidio dello zio? Aveva respinto quel momento per anni e adesso, davanti a Cheryl, una vittima, si mostrava come era davvero, una carnefice: un'assassina. Si fronteggiava con la consapevolezza di essersi arrogata di un diritto che solo gli dei possiedono: quello di togliere la vita e lei, in maniera ancora più sfrontata, non aveva mai nemmeno ricevuto una punizione. Respirò affondo e, fra le lacrima, si godette il profumo della rossa per gli ultimi momenti che avrebbe potuto passare al suo fianco. Ora che lo sapeva, ora che sapeva il suo segreto, la sua colpa più oscura, Cheryl non l'avrebbe più voluta nemmeno guardare, stare alla sua presenza. Come biasimarla? Probabilmente avrebbe preferito restare in quel manicomio, piuttosto che essere salvata da un mostro peggiore di coloro che l'avevano resa vittima. D'altronde la punizione divina di Toni era finalmente arrivata: non avrebbe più potuto vedere l'unica persona di cui desiderava la vista, non avrebbe più potuto annusare l'unico profumo di cui desiderava l'odore, non avrebbe più potuto udire l'unica voce di cui desiderava il suono, non avrebbe più potuto toccare l'unica pelle di cui desiderava il contatto e non avrebbe più potuto assaggiare le uniche labbra di cui desiderava il sapore. La sua punizione sarebbe stata una vita senza Cheryl. Era un mostro che non meritava amore e come tale sarebbe rimasta.

Sentì delle braccia protendersi verso di lei, avvolgerla lentamente in una stretta solida, la sua testa crollare. Per un momento pensò di essere morta, ma quella presa era troppo vigorosa e quel contatto troppo dolce per essere l'inferno. Il suo corpo fragile ricadde inerme fra le braccia di Cheryl, la sua testa crollò nell'incavo fra il suo collo e la sua spalla. I suoi polmoni furono improvvisamente empiti dal dolce profumo di ciliegie che la rossa portava sempre, sul suo viso ricaddero alcune ciocche ramate e il suo corpo fu avvolto dalla pelle più morbida del mondo. Forse era morta davvero, ma era in paradiso. <<Toni, piccola...>> sentì la voce di Cheryl vibrarle nella testa, segno che la rossa avesse la guancia poggiata su di essa, era flebile, un sussurro tremante, alterato dal pianto <<Non hai fatto niente.>> lo ripeté con voce più sicura, accarezzandole i capelli. Non c'era più traccia della maschera spavalda e altezzosa di Cheryl, c'era solo ed esclusivamente Cheryl, l'umana Cheryl <<Non hai fatto niente, solo ciò che era necessario. La tua vita era più importante della sua>> La rossa non sapeva se davvero alcune vite valessero più di altre o se ciò che avesse detto fosse solo un crimine contro la moralità umana, ma per lei la vita di Toni valeva di più. Forse perché aveva fra le braccia non solo il corpo, ma anche l'anima lacerata della persona che aveva salvato la sua, forse perché si rendeva conto di come stesse tenendo insieme l'anima dell'unica persona che era in grado di comprendere tutti i soprusi e gli abusi che la rossa aveva subito, perché li aveva subiti anche Toni, forse perché le loro anime erano gemelle.

Nel caldo abbraccio di Cheryl, sotto la sua protezione e fra le sue premurose carezze, la rosa sembrava essersi placata, forse troppo. Il suo respiro era lentissimo e pesante, i suoi occhi chiusi, le sue braccia ciondolavano inermi, come il resto del suo corpo, quei brividi spasmodici erano completamente scomparsi. Cheryl poteva percepire il corpo semispoglio di Toni bollente sotto il suo tatto. La scosse leggermente, sussurrando il suo nome, senza ricevere risposta. Aumentò l'intensità delle scosse, ancora nessuna risposta. La scosse violentemente.

<<TONI! MIO DIO, TONI!>>

𝐈𝐋 𝐌𝐀𝐍𝐈𝐂𝐎𝐌𝐈𝐎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora