4| sensi di colpa

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| 29 dicembre

«Un cono crema e cioccolato»
«Ecco a lei»
«Grazie»
Esco dalla gelateria sorpresa da me stessa per aver comprato un gelato nonostante i 10 gradi di questo pomeriggio. Mi avvicino ad una panchina poco distante e mi siedo, guardando i pochi bambini coraggiosi usciti con questo freddo a giocare a nascondino tra gli alberi. Sorrido tra me e me, ricordando i giorni in cui proprio qui, in questo parco, venivo a divertirmi con Mick, Gina e Maggie.
Sto per mettere in bocca un altro cucchiaino di crema quando sento il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni. Cercando di non fare casini lo tiro fuori, stando attenta a non sporcarmi col gelato.
È una chiamata.

'Gina'

Strano. C'eravamo scritte qualche ora fa e mi aveva detto che non avrebbe avuto tempo per sentirmi fino a stasera, visto che stavano alle piste da sci fino a pomeriggio tardi.
Premo la cornetta verde e accosto lo schermo all'orecchio.

-Si?-
-Aley, Mick ti ha già detto qualcosa?!-
-No? Perché?-

La sua voce è agitata e ha il fiato corto, cosa che fa mettere in ansia anche me.

-Aley... non so come dirtelo...-
-Gina mi stai facendo preoccupare!-

Sento il cuore aumentare i battiti, mentre dall'altra parte del cellulare la voce di Gina ha come sottofondo trambusto, schiamazzi e paura.

-Sta arrivando un elicottero...-

Un pausa, che non è però silenzio solo a causa dei rumori alle spalle della ragazza.

-Michael...-
-Gina cosa sta succedendo?!-

La sua voce si fa più bassa e viene interrotta da singhiozzi appena percettibili via telefono.

-Stavamo facendo un'ultima discesa... quando... oh, Aley!-

Delle sirene in lontananza aumentano il loro rumore, segno che si stanno avvicinando, e anche velocemente.

-Michael ha fatto un fuoripista-

Il respiro mi si blocca.

-É scivolato-

Le sue lacrime sembrano uscire dallo schermo e bagnare le mie guance.

-Ha... ha battuto la testa...-

Il mio cervello si spegne come fosse un interruttore della luce.

-Lo stanno venendo a prendere-

La chiamata mi si chiude tra le mani.
Il cono mi cade a terra.
Sento la testa pesante e la lascio cadere sui palmi sudati.
La paura prende il posto della ragione e non so con quale forza mi alzo in piedi e inizio a correre senza fermarmi.

'No. Non può essere successo, no! NO!'

Le tempie mi pulsano e sento che il fiato comincia a diminuire, ma le gambe si muovono da sole e non vogliono smettere di correre.
Ho gli occhi pieni di lacrime e non riesco a vedere dove sto andando.
Improvvisamente il mio piede prende contro a qualcosa e cado a terra, sfregando le ginocchia e i palmi sull'asfalto ruvido della strada.
Mi guardo le mani, mentre il sangue inizia ad uscire dalle ferite e l'odore del ferro mi riempie le narici.
Mi piego su me stessa, maledicendomi.

'Perché ho rifiutato di andare con loro?!'
'Potevo essergli vicina, invece sono qua e non posso fare niente!'

Mi rannicchio contro un muretto lì vicino, poggiando la fronte sulle braccia incrociate sulle ginocchia e lasciando che le lacrime mi righino le guance.
Passano alcuni minuti dove cerco di calmarmi facendo tornare normale il respiro, poi tasto la tasca destra dei pantaloni per prendere fuori il cellulare e chiamare mio padre, ma la trovo vuota.

'Cazzo! L'ho lasciato sulla panchina'

Quasi mi fossi dimenticata di tutto quello appena successo mi alzo in piedi e corro verso la gelateria, sperando che, nel mentre, non sia arrivato qualcuno a fottermi il cellulare.
Durante la corsa il vento picchia sul mio viso, facendo freddo dove pochi attimi prima erano passate le lacrime; strofino nuovamente la pelle diventata rossa a causa del pianto, ma le mani mi fanno male a causa delle abrasioni.
Finalmente arrivo alla gelateria e fortunatamente trovo il cellulare ancora sulla panchina. Lo prendo e compongo subito il numero di mio padre.
Uno squillo... due squilli... tre, quattro...

-Aley, tesoro, come stai? Tutto bene?-

Lui non lo può sapere, ma quelle domande fanno ribollire il mio stomaco, mentre la mia mente fa ritorno alle parole di Gina.

-Pa'...-

Mi mordo il labbro, evitando di piangere nuovamente.

-Puoi venirmi a prendere?-

Faccio un respiro profondo, sperando che dall'altra parte dello schermo non sia riuscito a percepire il mio malessere.

-È successo qualcosa?-
-No... fa solo molto freddo...-

Inizio a battere i denti facendo finta di aver bisogno di qualcosa di caldo.

-Ah. Ok, allora... Sto arrivando-

Annuisco nonostante non possa vedermi, poi metto giù la chiamata.
Qualche minuto più tardi una Volkswagen Golf 8 di un color nero lucido entrava dentro il parcheggio della gelateria.

*

«Cosa?! Non può essere?!»
«Aley, sei sicura?»
«Come devo dirvelo?!» ho il viso completamente rosso e le urla di mio padre e mia sorella non fanno che aumentarmi il male alla testa.
«Devo assolutamente telefonare a Corinna...»
«No!» Maggie blocca mio padre, tenendolo per un braccio «È già abbastanza spaventata. Non mettiamole addosso altra pressione»
Lui sembra ritrovare la ragione e, lentamente, quasi fosse in trance, si siede su una sedia poco distante, mettendosi le mani sulla faccia. Lo guardo, riuscendo a scorgere qualche lacrima che gli scivola sulla pelle arida per poi cadere sul tappeto sotto i suoi piedi.

Erano molto amici... lui e Michael.
Avevano fatto la scuola assieme e si erano divisi soltanto per il lavoro. Mio padre non poteva seguirlo ad ogni GP, ma si sentivano continuamente e, ogni tanto, lo andava a trovare quando correva nei circuiti più vicini a casa.
Quando era nata Maggie sembrava che la gioia più grande la provasse Michael; mio padre mi diceva che era molto bravo con i bambini e che passava gran parte del tempo libero con mia sorella a giocare. Quando Corinna, poi, pochi mesi dopo, aveva dato alla luce Gina-Maria, le due erano cresciute assieme, come fossero due gemelline. Spesso Michael chiedeva ai miei genitori di badare a Gina, mentre lui e Corinna erano in giro per il mondo, e loro erano felicissimi di poter rafforzare il legame con la piccola.
Due anni dopo, a distanza di pochi giorni l'uno dall'altra, due piccoli cuccioli dai pochi capelli biondi e dalla carnagione candida come il latte, aprirono i loro occhi celesti, facendo brillare quelli delle due famiglie davanti a loro.

«Papà...» cercai di risvegliarlo, abbassandomi per avere un contatto visivo.
I suoi occhi rossi incontrarono i miei che, invece, pian piano, stavano tornado del loro colore normale.
«Voglio andare a Méribel»


~ ☆ ~

'I'm not crying. You are crying.'

(Voglio specificare che i dettagli dell'incidente di Michael - quei pochi spiegati in questo capitolo da Gina - posso essere non del tutto veritieri e/o poco accurati. Questo soltanto perché quando Gina ha telefonato ad Aley l'incidente era appena successo e se ne sapeva ancora poco)

Come sempre spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Se volete lasciare una stellina (anche solo per Michael❤) o darmi qualche consiglio fate pure.
Un abbraccio <33
°•Liv

Cɪʀᴄʟᴇs |𝙼𝚒𝚌𝚔 𝚂𝚌𝚑𝚞𝚖𝚊𝚌𝚑𝚎𝚛|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora