È da ormai due ore che sono seduta nei posti dietro di una delle auto che ci riporterà in sede insieme, ovviamente, al furgone della squadra; alla guida il PT di Marcus e subito affianco proprio il pilota mezzo addormentato, con la testa poggiata alla testiera del sedile che balla da una parte all'altra a causa dell'asfalto mezzo distrutto delle strade italiane. Negli altri due posti dietro sono seduti due ingegneri con cui ho parlato raramente e con i quali comunque non ho voglia di chiacchierare. Resto a braccia incrociate a guardare fuori dal finestrino, la tempia poggiata al vetro e le cuffie nelle orecchie. Ho una gran voglia di rivedere Maggie e papà, ma allo stesso tempo ho paura della situazione che potrebbe venirsi a creare. Anche perché Mick non sa ancora niente e non ho la minima idea di come possa prenderla.
Sto per addormentarmi quando il cellulare mi vibra nella mano e giro lo schermo per vedere chi sia l'emittente del messaggio.Charles: Voi dove siete?
Al messaggio è allegata una foto di lui, Antonio e i loro PT in aereo. Il monegasco ha un bel sorriso a incorniciargli il viso, mentre l'altro pilota ha lo sguardo fisso sul cellulare e i due personal trainer, sfiniti dopo il weekend, sono crollati sui sedili.
Chiudo WhatsApp aprendo velocemente Google Maps per capire in quale parte d'Italia mi trovi: è già da qualche mese che vivo qui, ma la geografia non è mai stata il mio forte. Il puntino blu è vicino a Padova, così mi affretto a scrivere il nome corretto della città in chat.
Mentre invio il messaggio a Charles me ne arriva uno anche da Callum che chiede come si sia comportato Marcus durante il weekend; solo in un secondo momento domanda se io mi sia divertita. Gli rispondo che, per quanto possa essere bravo Marcus, mi ha fatto un po' penare e lui non aspetta un secondo a darmi ragione e ad augurarmi buona fortuna per il resto del campionato che passerò in F4.
Perché alla fine René mi ha confermato che, vista la mia poca esperienza, quest'anno affiancherò soltanto la formula 4, mentre Angelina continuerà ad occuparsi di F3 e F2, ma di non perdere comunque i contatti con gli altri ragazzi perché è bene che tutti siano legati e si sentano una famiglia.
Intanto che ho il telefono in mano decido di scrivere nel gruppo del team di F4 per informarli che il giorno successivo ho intenzione di fare una live su Instagram e che per martedì ho programmato di registrare almeno un video. Invio velocemente anche questo ultimo messaggio poi poggio il cellulare in grembo e lascio che le vibrazioni dell'auto mi cullino fino in sede.Mi sveglio poco dopo quando Marcus mi sfila una cuffietta dall'orecchio dicendomi che mancano solo cinque minuti all'arrivo e che devo tirarmi su altrimenti sarei sembrata uno zombie agli occhi di tutti. Non che mi interessi particolarmente l'opinione degli altri, soprattutto quando si parla di dormire, ma decido comunque di accontentarlo stiracchiandomi sul sedile e ricevendo uno scherzoso buongiorno dai due ingegneri a cui rispondo con un sorriso tirato ancora mezza addormentata.
Marcus mi passa una barretta energetica che probabilmente gli è rimasta in più dal weekend e io la prendo accorgendomi soltanto in quel momento di quanta fame abbia.
«Che ore sono?» chiedo addentando la prima parte della barretta che sa di cereali e frutta secca.
Marcus si sporge verso il navigatore satellitare dell'auto guardando l'orario. «Le sette e mezza. Perché?»
«Primo» rispondo contando sulle dita della mano «Ho fame. Secondo, Charles mi ha detto che sarebbero arrivati solo per l'ora di cena e che dovevamo aspettarli, ma tornado al punto uno, ho fame e non so se ci riuscirò»
«Per ora fatti bastare quello» mi risponde indicando la metà della baretta rimasta «Quando arriviamo possiamo passare a prenderci un panino, ma ricordati che c'è la cena e, conoscendo René, andremo di sicuro in qualche ristorante a mangiare italiano e, fidati, si scoppia solo dopo la prima portata»
Gli faccio segno con la mano di lasciare perdere, mentre continuo a masticare.
«Tranquillo che non scoppio»
«Dici? Callum una volta ha quasi rischiato di vomitare e il suo stomaco sembra un'aspirapolvere»
«Beh, allora sarà una bella gara. Anche io non scherzo» mi do qualche pacca sulla pancia scivolando sul sedile e prendendo quasi le sembianze di uno di quegli uomini di mezz'età che passano la domenica sera spaparanzati sul divano, con una birra in mano e la cinta dei pantaloni cadente a causa della troppa trippa messa su negli anni.
«Finesse mi dicevano» mi deride, per poi doversi accucciare dietro il sedile evitando la prima cosa 'lanciabile' che mi viene da tirargli addosso, in questo caso un cuscino blu per il collo.
«Accidenti ai tuoi riflessi da pilota»
Lui si stringe nelle spalle ridendo e io sospiro scuotendo la testa, mentre, alla guida, il suo PT lo rimprovera tirandogli uno scappellotto in un suo momento di disattenzione.L'arrivo in sede è stato più facile di quanto mi aspettassi, forse perché i ragazzi di F3 - o dovrei dire più precisamente solo Mick, in questo caso - sono ancora in viaggio, quindi ho avuto più tempo per prepararmi mentalmente alla chiacchierata che avremmo dovuto fare il prima possibile quando sarebbe arrivato; non tanto perché io ne abbia voglia, anzi me la risparmierei volentieri, ma perché mi sembra giusto metterlo al corrente che tra meno di ventiquattro ore si ritroverà davanti agli occhi un'altra parte della sua vecchia vita.
Come Marcus aveva detto durante il viaggio, René, dopo aver sistemato il grosso delle cose, ci ha accompagnato in un bel ristorante a qualche minuto dalla sede che, però, abbiamo raggiunto in auto vista la stanchezza di tutti dopo il weekend.
Arrivati là abbiamo preso i posti che René aveva già prenotato durante il tragitto e ci siamo seduti in un tavolone da venti persone. Io al fianco di Marcus e l'ingegnere di pista di Juan, che stava proprio al lato opposto. La cena aveva un menù fisso composto da tigelle e crescentine con quanto più salume e salse possibili. Abbiamo ordinato qualche boccale di birra per i palati più rustici e due bottiglie di vino rosso, che però non mi sono azzardata a bere altrimenti la mia testa sarebbe davvero andata in down.
Ormai erano le nove quando dalla porta d'entrata sono spuntati Charles, Antonio e compagnia a salutarci, per poi andare in hotel a riposarsi visto che avevano preferito fermarsi a mangiare una pizza durante la strada, vista la fame che avevano. Ovviamente dopo aver chiamato René dicendogli che non sarebbero arrivati in tempo e che potevamo partire per il ristorante senza aspettarli.
Il resto della serata l'ho passata ad ascoltare le conversazioni tra gli ingegneri e le risate di Marcus, qualcuno che tentava di spostare la conversazione sulle strategie per le prossime gare e qualcun'altro che lo zittiva, alzando il calice in aria e iniziando a cantare successi italiani di cui ignoravo l'esistenza.
Le mie dita passavano nervosamente dai capelli, all'angolo del tovagliolo ormai mezzo distrutto, al bordo del bicchiere. Avevo lasciato mezza tigella col prosciutto nel piatto e pensare che ne avevo mangiata solo un'altra e bevuto solo due bicchieri d'acqua - forse più per allentare la tensione che per bisogno di idratarmi - mi metteva in agitazione; ma era proprio questa agitazione a chiudermi lo stomaco. E Marcus se ne accorse.
«La finisci quella?» chiede, indicando il mio rimasuglio, per alleggerire la situazione.
«Non penso. La vuoi tu?»
«Vorrei dirti di sì, ma poi la conversazione si chiuderebbe qui»
Sospiro perché so che ha capito, ma so anche che non possiamo discuterne qui davanti a tutti.
«Marcus se vuoi ne parliamo dopo, ma dovrai venire in hotel a piedi con me»
«Nessun problema» alza le spalle e come se avessimo appena finito la chiacchierata più banale del mondo, torna a sorridere, spostando lo sguardo verso il suo ingegnere di pista che ha appena fatto una battuta su un uomo e una gallina.
Sento il petto alleggerirsi solo all'idea di liberarmi dai pensieri e il fine serata riesco a passarlo un po' più tranquillamente.«E quando arrivano?»
«Domani. Spero nel pomeriggio, ma non sono sicura»
«E lui non lo sa?»
«Se non l'hanno chiamato loro, no»
Io e Marcus eravamo gli unici che con quel freddo avevamo deciso di tornare a casa a piedi. René ci aveva permesso di camminare, ma intimandoci di muoverci perché la notte stava arrivando e non aveva la minima voglia di venirci a cercare per la strada.
Marcus camminava con le mani in tasca e nonostante tirasse un po' d'aria si ostinava a non voler tirare su il cappuccio della giacca. Io, con la zip alzata fino al mento e le spalle strette, rischiavo a ogni passo di barcollare, non so se per i piedi gelati o per il marciapiede pieno di rialzi.
«Secondo te dovrei parlargli stasera?»
«Prima lo sa, meglio è»
«Non sono sicura di riuscirci. Mi spaventa»
«Lui?»
«No, la situazione che si verrà a creare. Sarà più difficile fare finta che non esista. Mio padre vorrà vederlo e dovrò portarlo io in sede per farglielo incontrare; vorrà che io rimanga lì e magari sapere cosa pensiamo l'uno dell'altro»
«E tu dovrai solo dire la verità»
«E quale sarebbe?»
A quel punto, per la prima volta da quando avevamo messo piede fuori dal ristorante, i nostri occhi si erano incontrati. Proprio in quel momento eravamo passati sotto un lampione e le sue iridi avevano preso un colore verde tendente al giallo, dovuto alla luce. Il mio corpo si era come scaldato senza un apparente motivo e avevo sentito le mani bruciarmi dentro le tasche della giacca.
«Aley?»
La sua voce era stata come un lapsus che mi aveva fatto abbassare lo sguardo e tornare a sentire il freddo sulla pelle.
«Scusa...»
Avevo ripreso a camminare senza aspettare che mi affiancasse mentre sentivo il cuore cercare di calmarsi e il calore di affievolirsi.~ ☆ ~
Non uccidetemi. Non so neanche io quello che ho scritto. Forse i panettoni mi hanno dato alla testa.
O forse mi sono resa conto che serviva qualcosa per smuovere la storia...
Spero di non avervi fatto perdere la testa e di non aver perso lettori per questa mia scelta.
Ricordatevi che vi voglio bene.
°•Liv
(spero che non ci siano errori :))
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Cɪʀᴄʟᴇs |𝙼𝚒𝚌𝚔 𝚂𝚌𝚑𝚞𝚖𝚊𝚌𝚑𝚎𝚛|
Fanfic[IN SOSPESO] Per molti motorsport significa soltanto correre in cerchio su vetture guidate da stupidi ragazzini che occupano le loro giornate sfidando la morte a 300km/h. Per Mick e Aley, invece, anche se entrambi si ostinano ancora a non volerlo c...