«Ma... cosa?»
«Sono venuto a riprendermi il cappellino» ride Sebastian sotto i baffi incrociando le braccia.
«Come hai fatto a...»
«Oh piccola, capirai molto presto»
I suoi capelli biondi colore del grano splendono sotto la luce a neon del corridoio dell'ospedale, mentre mi sorpassa camminando verso l'uscita che dà sul parcheggio.
«Vieni. Corinna sapeva che sarei arrivato»
Senza capire benissimo quello che sta succedendo decido comunque di seguirlo; non può essere una persona poco affidabile se Corinna lo conosce e poi con me era stato così gentile...
«Quando mi avevi detto di salutare il campione, sapevi già che saresti venuto qui?» gli chiedo con gli occhi di una bambina alle sue prime scoperte, affiancandolo.
Lui annuisce, poi indica il cappellino che ho ancora tra le mani.
«Era il regalo per Michael...» sorride, e il mio sguardo torna sulla cuffietta che tocco delicatamente, sentendo la morbidezza della lana e passando le dita sullo stemma della Ferrari.
«Poi ho deciso che a te serviva più che a lui» la sua voce si fa malinconia e lo vedo alzare la testa e fissare l'ambulanza nel parcheggio davanti a noi, che avevamo raggiunto parlando.
«Là saranno già al completo, ti carico io» i suoi modi delicati fanno sì che quel 'al completo' non risulti amaro e triste. Mi prende per mano accompagnadomi fino alla sua auto qualche posto auto più avanti; mi fa salire, poi aspettiamo che la crocerossa ci passi davanti a sirene spiegate e partiamo standogli attaccati.Non so quanto tempo sia passato, perché la mia mente ha viaggiato tra ricordi, pensieri e domande, ma quando arriviamo il sole si trova già verso ovest. Scendo dall'auto mentre dalle porte posteriori dell'ambulanza due soccorritori fanno scendere Corinna e tirano giù la barella di Michael. L'autista va ad aprire ai due ragazzi che si precipitano al fianco della madre, poi con la massima velocità due medici aprono le porte che danno sull'ala interventi e tutti scompaiono dietro i vetri oscurati del portone, lasciandoci fuori in balia della preoccupazione.
«Sarà meglio aspettarli fuori» sospira Seb, rimasto senza opportunità di scelta.
«Sì» affermo ridendo appena vedo la sua faccia.
«Ti va un gelato? Così stacchiamo un pò da questa situazione»
Inizialmente l'idea di un gelato non mi pare male, ma poi la mente mi riporta a quel pomeriggio, quella telefonata, quelle parole e quella paura.
«Cioccolata calda?» chiedo guardandolo da sotto in sù sperando che non mi obblighi a fare ulteriore luce sui brutti ricordi «È un pò freddo per un gelato»
La mano di Seb mi accarezza i capelli ricordandomi mio padre e tutto quello che ho lasciato a casa.
«Adesso cerco un bar qui vicino»
Prende il cellulare dalla tasca e inizia la ricerca mentre io scrivo, dopo tanto e sperando che non sia troppo in pensiero, a mio padre. Dopo aver ricevuto una risposta e mandatogli una foto per fargli vedere che va tutto - almeno per quello che riguarda me - bene, lo saluto proprio nell'attimo in cui arriva Seb che si infila il cellulare nella tasca dei pantaloni.
«Tra due minuti avrai la tua cioccolata»
Qualcosa nei suoi modi riesce a farmi sorridere nonostante la situazione a dir poco orribile in cui ci troviamo.
«Ma facciamo in fretta» dice tornando serio «Stanno già girando delle voci e voglio metterne Corinna al corrente»
Annuisco e andiamo verso l'auto salendo in pochi secondi.
«Pensi che verranno pressati molto?» gli chiedo prima che possa mettere in moto e lui sospira.
«Beh, dopotutto è solo il 7 volte campione del mondo, il più vincente degli ultimi anni...» risponde quasi sorridendo al pensiero «E anche una persona davvero speciale» sussurra poi, quasi volesse tenersi per sé quelle parole.
«Per me è come un secondo padre»
I suoi occhi si posano su di me, mentre i miei guardano il cielo che si vede dal parabrezza.
«Mi ha cresciuta come fossi una dei suoi figli... gli voglio molto bene» qualche lacrima ricompare agli angoli dei miei occhi e Seb se ne accorge.
«Si sistemerà tutto. Non avere paura. Devi essere forte»
'Devi essere forte'...'Devi essere forte'...
La pensavo sempre. Soprattutto la sera quando scendevano le stelle e la luna illuminava in parte la stanza. Mio padre diceva che io e Maggie avevamo i suoi stessi occhi e lo stesso colore dei capelli; ogni volta che ci guardava la sua mente tornava ai lineamenti della donna che amava. Io, oltre a ricordarla da fuori, per l'aspetto, le somiglio anche per il carattere. Determinata, curiosa, testarda e libera.
Mia sorella, invece, è più simile a papà. Pensa prima di fare qualunque cosa, anche due volte, è introversa e rischia solo se è sicura di riuscire ad arrivare all'obiettivo.
Poi un giorno quei bellissimi occhi si erano spenti.
Era in autostrada e stava tornando dal lavoro.
Un'auto che veniva dalla sua sinistra le ha tagliato improvvisamente la strada facendo scontrare violentemente le due vetture. Quella di mamma è volata in aria ed è rotolata sull'asfalto fino a fermarsi a vari metri dal punto dell'incidente. I soccorsi sono arrivati dopo poco, ma il corpo di mamma era già senza vita.
Non ho voluto vedere le foto dell'incidente, avrei pianto troppo.
Papà mi ha solo raccontato com'erano andate le cose.
Da quel giorno sono passati quasi tre anni.«Ehi» sbatto le palpebre per riprendermi «Siamo arrivati»
Mi stropiccio gli occhi e guardo davanti a me, notando il bar pieno di tavolini e gente che beve caffè.
«Tutto bene?» la voce di Seb mi fa girare verso di lui. Probabilmente sono rossa in viso perché inizio a sentire caldo nonostante i pochi gradi di dicembre.
«S-si... sto bene»
«Sicura?»
Annuisco incerta e apro la portiera dell'auto sperando di fargli capire che preferisco non approfondire la questione.
Appena poggio i piedi a terra faccio un respiro profondo mentre la mia mente torna comprensibilmente in ospedale.
Stavolta, però, la protagonista dell'incidente non è mia madre. Ma un'altra persona a cui posso dire di tenere quasi allo stesso modo.~ ☆ ~
Capitolo pieno di dramma e brutti ricordi.
Cosa ne pensate?
Baci<3
°•Liv

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Cɪʀᴄʟᴇs |𝙼𝚒𝚌𝚔 𝚂𝚌𝚑𝚞𝚖𝚊𝚌𝚑𝚎𝚛|
Fanfiction[IN SOSPESO] Per molti motorsport significa soltanto correre in cerchio su vetture guidate da stupidi ragazzini che occupano le loro giornate sfidando la morte a 300km/h. Per Mick e Aley, invece, anche se entrambi si ostinano ancora a non volerlo c...