Prologo - Oggi come ieri

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Sono seduta su una panchina della terrazza panoramica di Torre dell'Orso e scorro le mani sul mio tubino di cotone blu a pois bianchi. 

Mi sistemo gli occhiali per proteggermi dalla luce e guardo il mio orologio Casio dorato sospirando: sono le diciotto, eppure il sole brucia ancora sulla mia pelle.

È il primo settembre 2022.

Percorro con lo sguardo, oltre la scogliera, la spiaggia che arriva fino agli scogli che chiamano le Due Sorelle.

Il mare è di un colore che non so definire, tra il blu chiaro e il celeste. Osservo le piccole onde infrangersi senza sosta sulla sabbia bianca fino alla pineta retrostante. Percepisco il brusio della gente ancora in spiaggia.

Mi volto a sinistra, la Torre mi sembra più danneggiata rispetto a una ventina di anni fa e più a ridosso della scogliera dalla quale grossi blocchi si sono staccati e giacciono, poco sotto, nell'acqua bassa e limpida. Alle mie spalle c'è il paese.

Scuoto la testa sorridendo, fino a ieri ero a Roma immersa nella mia vita quotidiana e oggi sono di nuovo qui nel Salento.

Non avevo scelta: lunedì mi aspetta un'importante trattativa di lavoro a Lecce, ma continuo a chiedermi per quale maledetto motivo, oggi, ho noleggiato un'auto e sono venuta a Torre dell'Orso.

Qui, ventun anni fa, un vortice forte come una tromba d'aria nel mare del Salento ha risvegliato e rimescolato i miei sentimenti più profondi e spazzato via il sorriso dalle mie labbra per molto tempo. 

Ricordo tutto come se fosse ieri.

Prendo un foglio sgualcito dalla borsa in cui ho sempre il mio pc. È un vecchio calendario di quelli che facevo in quegli anni.
Delle X sono segnate con una penna blu sotto le date e ai lati rileggo i nomi e le dediche dei miei compagni di quell'avventura.

Lo ripongo, mi alzo e mi avvicino al bordo della scogliera continuando a guardare in basso.

Le mie labbra sono tirate e le braccia conserte, osservo la costruzione bianca che arriva fino alla spiaggia e la sua terrazza in cui c'era La Habana. 

La rumeria era coperta da una struttura di foglie di palma. Ora vedo le travi di ferro verde. Manca il bancone del Bar che occupava tutto il lato destro del locale. Guardo le finestre di quello che era il nostro Privé retro-magazzino.

All'improvviso percepisco, di nuovo, l'atmosfera di quell'agosto 2001 e un brivido mi scuote la schiena.

Ecco i tavoli di gente che beve e festeggia, le luci si riverberano colorate sul mare e la musica cubana si diffonde nell'aria.

Vito indossa il suo pareo e cammina per la sala sollevando il vassoio con gli shottini di rum e i cocktail a base di Havana club e Pampero.

Gabriele volteggia le bottiglie dietro al bancone del Bar e Alberto è seduto alla cassa a preparare il conto per i clienti e poi...

io, Francesca e Giovanna, poco più che ventenni, come delle veneri, illuminiamo con la nostra presenza leggera la terrazza de La Habana.

E infine...eccolo... Michael... lo vedo venirmi incontro con passo deciso, ma sul suo volto scorgo uno sguardo intenso e un sorriso che mi scioglie.

Sento un pugno nello stomaco ripensando a quello che è accaduto.

Un rumore forte e sordo mi riporta al presente e mi sento osservata. Guardo a destra e mi sembra di scorgere una sagoma o un'ombra oltre il cespuglio... ma no, mi sbaglio, non c'è proprio nessuno.

Scorgo solo passanti presi dalle loro commissioni nel trambusto tipico di un pomeriggio di fine estate.

ERA AGOSTO 2001Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora