Capitolo 5 - Il discorso pippone

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"Non puoi mollarci così!" è la voce di Vito alterata.

Apro gli occhi con fatica, che botta, vorrei continuare a dormire, ma sento rumori e voci concitate provenire dal piano superiore della Villa.

"Non posso più restare! Sono stufa!" sento la voce di Samira.

Guardo il Casio dorato: sono appena le dodici. 

Sono matti a parlare ad alta voce a quest'ora?

Ho ancora in bocca il sapore del cornetto appena sfornato, che ho preso con Francesca e Giovanna a Otranto e mangiato in spiaggia in attesa dell'alba.

Mi tiro su e guardo il calendario, c'è una nuova X sui giorni tre, quattro e cinque agosto, quindi oggi è già lunedì sei, quasi una settimana che sono qui.

I letti di Giovanna, Samira e Marco sono già vuoti.

"Liv mi dispiace, vado via. Alberto e Vito vanno a fare la spesa alla Metro e mi lasciano a Lecce, da lì prendo un treno e torno a Roma" dice Samira irrompendo nel garage e vedendomi sveglia.

"No... ma come... vai via...? Perché?" mi agito nel letto.

"Sono qui da inizio di luglio e sono stufa, non ce la faccio a starci anche ad agosto, me ne torno a a casa" dice e i suoi occhi sono lucidi e rossi.

La guardo ammutolita prendere i suoi vestiti ammucchiati sul letto e scaraventarli in valigia.

"Ok Liv, allora ci rivediamo a Roma" dice mentre afferra la sua borsa, poi lascia andare le braccia sui fianchi e si guarda intorno scuotendo la testa "Mi faresti un favore? Mi saluteresti Giovanna, Francesca e Gabriele?" aggiunge.

"Certo, ti saluto tutti" sussurro stringendomi le ginocchia al petto.

Mi sorride, mi dà un bacio sulla guancia, tira su il portellone del garage da cui entra un po' di vento ed esce.

Quello che è successo con Samira mi ha tolto la fame, decido di starmene qui invece di andare al ristorante a pranzo.

Prendo il cd dei Pink Floyd e lo inserisco nello stereo, seleziono The Great Gig In The Sky e alzo il volume.

Ritorno a sdraiarmi e chiudo gli occhi.

Resto immobile sul letto alla fine del brano.

"Liv, la musica che hai messo è bellissima, adoro i Pink Floyd e questo pezzo è il mio preferito"

Apro gli occhi e metto a fuoco la figura di Matteo, il cugino di Alberto, appoggiato a uno stipite del portellone del garage.

"Ehi" dico sgranando gli occhi e mettendomi a sedere.

Ti prego rompiti, smetti di funzionare, penso fissando lo stereo nel momento in cui inizia la canzone successiva.

Matteo resta accanto al portellone, forse aspetta che io esca fuori.

Sbuffo senza farmi notare da lui, mi alzo dal letto e vado a sentire che vuole.

Mi sembra di avere di fronte Hugh Grant: capelli castani che gli cadono sugli occhi chiari con quel taglio all'ingiù.  Lo squadro: Matteo è un bel tipo, senza ombra di dubbio, peccato che sia così tanto VIP da non rientrare nella categoria ragazzi che mi potrebbero attrarre.

Si siede all'ombra, sul muretto appena fuori dal garage e guarda fisso il posto libero accanto a sé, poi guarda me e aspetta.

Lo raggiungo.

ERA AGOSTO 2001Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora