Capitolo 2 - La Habana

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Sono le diciotto e trenta ed io, Marco e Giovanna siamo immobili davanti all'ingresso della Villa.

Antonio si è avviato un'ora fa a piedi.

"Ora arriva Gabriele, vedrai che tipo" dice Samira che, al centro della strada, fa giravolte su se stessa con le braccia aperte come per accarezzare l'aria intorno. 

"Eccolo! Samira, togliti dalla strada" dice Giovanna indicandomi una Fiat Uno grigia.

Marco, Giovanna e Samira si fiondano sul sedile posteriore, non mi resta che salire accanto a Gabriele.

"Ciao bella!" mi porge la mano sorridendo.

"Ciao!" rispondo stringendogli la mano e scostandomi i capelli dal viso con l'altra. 

"Gabriele è di Lecce, è un barista freestyle!" interviene Marco da dietro.

"Sì, diciamo che ci provo a fare freestyle" dice Gabriele ridendo.

Lo osservo con la coda dell'occhio mentre con una mano tiene lo sterzo e con l'altra ingrana le marce, secondo me avrà ventiquattro anni circa, con la testa sfiora quasi il tetto della macchina e poi è biondo, occhi azzurri, barba lunga chiara e folta. 

Proprio un bel vichingo penso tra me.

Un tatuaggio tribale gli sbuca da sotto la manica destra della maglietta e gli si avvolge lungo il bicipite scolpito, vorrei chiedergli cosa raffigura, ma resto in silenzio.

"Eccoci in centro" dice Gabriele guardandomi mentre ancora lo osservo ammutolita.

Si avviano a passo sicuro ed io li seguo lungo una discesa che dal paese va al mare.

"È bello qui" dico inseguendo Giovanna che si volta a guardarmi con un mezzo sorriso.

Incrociamo gente che passeggia guardando gli articoli esposti sulle bancarelle ai lati, famiglie e gruppi di nostri coetanei. 

Guardo a destra e a sinistra quando sbuchiamo su una piazzetta oltre la quale vedo la spiaggia affollata e molte persone ancora in acqua e sorrido ad alcuni ragazzi seduti in circolo mentre bevono birre, forse, comprate a un piccolo Bar che vedo lì accanto.

Saliamo una scalinata che porta al primo piano e... "Wow" esclamo sbarrando gli occhi.

Scorro lo sguardo sulla terrazza di forse duecento metri quadri, affacciata per tre lati sul mare e coperta da foglie di palma. 

Gabriele entra e va spedito al bancone del Bar di legno chiaro. È attrezzato con i tappetini dei rum più famosi e tumbler pieni di foglie di menta, accessori per preparare i cocktail e il blocco per spillare le birre.

Dietro di lui osservo la parete in legno chiaro con mensole su cui sono esposte bottiglie di rum agricoli e commerciali, mentre la cassa è posta tra l'entrata e il bancone del Bar.

Antonio è già in sala, sta ripulendo e posizionando i tavoli di plastica verde.

Giovanna mi spinge a destra del pianerottolo ed entriamo in una stanza, a sinistra ci sono i bagni, lungo le pareti vedo accatastati fusti di birra e casse di alcolici, scatoloni contenenti non so cosa.

Proseguiamo oltre una parete in legno ed entriamo in quello che definirei un Privè retro-magazzino. Scorro lo sguardo sulla vetrata posta a destra e che permette di vedere il mare giù in basso, ad appena venti metri, a sinistra in alto, quella che credo sia la Torre di avvistamento in cima alla scogliera. Intravedo anche il paese.

Una ragazza è seduta di spalle a un tavolo accostato alla vetrata e si sta truccando guardandosi in uno specchietto.

"Francesca, lei è Livia" dice Samira. 

ERA AGOSTO 2001Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora