Capitolo 26 - Debiti di gioco con interessi

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Non capisco perché ci sia solo Michael al Bar, forse gli altri stanno per arrivare.

Mentre rimugino sull'assenza di Fabio e dei suoi colleghi, lui mi nota, lo vedo alzarsi e venire subito da me. Mi porge un flûte.

"Ciao Liv, grazie di aver accettato l'invito" dice sorridendomi.

"Ciao Michael. Gli altri non sono ancora arrivati?" gli chiedo guardandomi intorno.

"No" abbassa lo sguardo "Siamo solo noi due gli ospiti di questa cena"

"Ah. Come mai questa sorpresa?" gli chiedo facendo un passo indietro e guardando verso l'uscita.

"Vieni, sediamoci un attimo" fa cenno a un tavolino libero, metto le mani sui fianchi valutando cosa fare... sorrido incredula guardando a terra, sbuffo e decido di seguirlo. Il cameriere arriva dopo due secondi e posa un vassoio con degli stuzzichini davanti a noi.

Michael tende il flûte verso il mio accennando a un brindisi.

"Ai debiti di gioco" dice.

"Cosa? Non capisco" dico seria avvicinando il mio bicchiere al suo per rispondere al brindisi.

Mi osserva e noto che più che un sorriso ha solo un po' l'angolo delle labbra tirato su, poi scuote la testa e abbassa di nuovo lo sguardo.

Come se qualcuno avesse acceso e puntato un fascio di luce sul mio cervello, riappare l'immagine di noi due in una spiaggia, forse eravamo a Sant'Andrea o forse a Torre Guaceto, non saprei, in entrambi i posti credo di esserci andata con lui per la prima volta... la nebbia dei miei ricordi si schiarisce un po' e rivedo lui, bello come un sole che ride come un matto e poi apre un foglio di carta e legge ad alta voce "Offrire una cena elegante" ... poi vedo me che gli dico "in un posto bello, vestiti bene" ...forse avevamo giocato a carte e lui aveva perso? ...sì, è così...gli avevo dato una legnata a Burraco.

"Non ti riferirai mica alla tua sconfitta a Burraco?" gli dico puntandogli l'indice contro.

"Te ne ricordi allora" i suoi occhi luccicano.

Ci guardiamo per un tempo che mi sembra lunghissimo, poi scoppiamo a ridere nello stesso momento e ci fermiamo all'improvviso perché diverse persone sedute agli altri tavolini ci stanno osservando.

"Andiamo?" si alza e mi porge la mano.

I miei occhi sono incastrati nei suoi mentre acconsento alla sua richiesta, lui fa il gesto di mettermi una mano sul fianco per guidarmi, ma non mi tocca per davvero.

Un cameriere ci indica un ascensore e una volta tutti e tre dentro preme il tasto del terzo piano.

Michael mi sembra ancora più alto, osservo con la coda dell'occhio la sua camicia bianca perfetta e il suo pantalone elegante, forse è perché ho le scarpe basse, per questo gli arrivo appena alla base del collo con la testa.

Siamo troppo vicini, guardo le ante dell'ascensore, posso sentire il suo calore e il suo profumo di sandalo e non ho la possibilità di allontanarmi.

Deglutisco mentre mi sistemo i capelli dietro le orecchie.

L'ascensore si apre su una terrazza adibita a ristorante.

Il cameriere ci guida verso l'unico tavolo ancora libero, proprio vicino al parapetto. 

La vista da qui è diretta sulla Basilica Santa Croce, tanto che sembra quasi di poterla toccare con un dito. La luce che illumina la facciata barocca della Chiesa si riverbera sulla terrazza e sui tavoli sui quali ci sono solo dei piccoli lumi e varie candele poste in vasi di cristallo.

ERA AGOSTO 2001Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora