Capitolo 15 - Torre Guaceto

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Arriviamo a Torre Guaceto dal lato di Punta Penna Grossa.

Michael parcheggia proprio sotto il cartello che indica il nome della spiaggia.

"È meglio cambiarci ora" dice sbottonandosi la camicia e prendendo una maglietta e un pantaloncino dal sedile posteriore.

"Ok" va bene, mi cambierò di fronte a lui, cercando di calmare la mia agitazione causata dall'avergli visto togliersi la camicia.

Tolgo anche io, alla velocità della luce la mia, sfilo il reggiseno dandogli le spalle e stando attenta a non farmi vedere dai passanti. Infilo rapidissima il sopra del bichini e la maglietta.

Sbircio Michael sfilarsi il pantalone e anche il resto, mi giro di scatto per non vedere quello che lui sembra volermi mostrare senza grossi problemi.

"Ho fatto, puoi voltarti" mi dice ridendo "Esco così cambi anche tu il jeans" aggiunge scendendo dall'auto.

Sento aprire il bagagliaio, tiro giù l'aletta parasole e apro lo specchietto per controllare in che condizioni sono. I nostri occhi si incrociano lì, ma che fa mi sbircia?

Afferro il mio zainetto, Michael ne prende uno più grande e lo mette in spalla.

Lo guardo di traverso. Ma che avrà portato per avere uno zaino così grosso...

Lo seguo mentre si avvia in spiaggia.

C'è gente, ma molta meno rispetto alla folla di Torre dell'Orso.

Metto una mano all'altezza degli occhi per pararmi dalla luce e cercare di vedere la fine della spiaggia, sembra lunghissima e qualcosa mi dice che Michael voglia percorrerla tutta.

Lo capisco da come si dirige verso il bagnasciuga e si toglie i sandali. 

Mi aspetta rivolto con i piedi verso di me ma il busto è già ruotato e guarda la fine della spiaggia.

"Arriviamo alla Torre?" mi chiede.

"Non sono mai stata qui, mi fido" rispondo sorridendo.

"Bene, allora andiamo, è una lunga camminata, ma ne vale la pena" dice sistemandosi meglio lo zaino sulle spalle.

Percorriamo i primi centocinquanta metri di spiaggia e gli ombrelloni diventano sempre più distanti tra loro.

Passiamo davanti a una coppia stesa in silenzio al sole, scansiamo il castello di sabbia di una bimba bionda. Superiamo una famiglia con due cani accucciati accanto ai proprietari sotto un ombrellone giallo.

Percepisco che è una spiaggia unica, selvaggia, l'acqua è bassa e azzurrissima, un po' mossa da un vento caldo e costante. La sabbia è pulita, ci imbattiamo in dei tronchi e dobbiamo scavalcarli o aggirarli per andare oltre. Sulla destra canneti e macchia mediterranea a perdita d'occhio.

Cammino con i piedi in acqua fino alle caviglie, ho i sandali in una mano e mi guardo il pareo nuovo, azzurro, che ho messo al posto del solito pantaloncino, l'ho comprato l'altro giorno alla mia bancarella preferita dove avevo preso l'altro pareo con le tartarughine e lo zainetto.

L'ho avvolto secondo il metodo de La Habana. Gli schizzi dell'acqua smossa dalle mie gambe ne bagnano le punte, ai lati.

Mi volto a guardare Michael che cammina a circa tre metri dietro di me.

La luce delle undici e trenta del mattino mi abbaglia e mette in risalto il suo petto abbronzato.

Ha tolto la maglietta e procede sicuro, con le spalline dello zaino a contatto diretto della pelle, gli guardo i bermuda verdi con tasconi che gli arrivano al ginocchio, si stanno bagnando mentre anche lui procede con l'acqua alle caviglie. Mi sorride.

ERA AGOSTO 2001Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora