Capitolo 29 - Le colpe sono di tutti

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Adoro lo scorrere della sabbia da un palmo della mano all'altro, questo fruscio che solletica la pelle e questi piccoli granelli che il vento leggero sposta di lato, facendoli cadere sulla mia coscia.

Sollevo lo sguardo da questa clessidra improvvisata e osservo Michael che continua a tirare Billy verso il bagnasciuga. Quel cane non vuole davvero saperne di bagnarsi ma, secondo me, dovrà farlo, il suo padrone non ha intenzione di desistere.

Sento le risa sommesse dei francesi dell'ombrellone qui accanto.

Li guardo con la coda dell'occhio, stanno osservando la lotta tra Michael e Billy, mi chiedo se hanno sorriso anche prima, quando ci hanno visto baciarci come ragazzini che non riescono a controllare i propri ormoni.

Vorrei scavarmi una buca qui, sulla spiaggia, e seppellirmi... una donna della mia età che fa queste cose in pubblico. Che figuraccia.

Michael non accetta l'opzione "no" da parte di nessuno.

Come la prenderà quando gli dirò che scambiarci quel bacio, per quindici minuti, è stato un errore enorme che non dovremo ripetere? Inoltre, non ho intenzione di prendere in considerazione la sua offerta di lavoro.

È lì in acqua che nuota con Billy e lo vedo lanciarmi delle occhiate rapide. Chissà cosa gli passa per la testa.

Ora lo vedo tirare Billy per farlo emergere dall'acqua. Quel cane, ora che dovrebbe uscire, vuole continuare a nuotare.

Hanno ragione quelli che sostengono che cane e padrone, spesso, si assomigliano.

"Eccoci" dice Michael arrivando con Billy al seguito, fa un cenno di saluto ai francesi.

"Che dici Liv, facciamo la strada di rientro con Billy ancora bagnato e andiamo a preparare il pranzo?"

"Sì, certo" dico tirandomi su e iniziando a raccogliere le nostre cose.

***

Non è la prima volta che lo vedo preparare il pranzo, lo osservo mentre spadella dei pomodorini e si gira a sorridermi.

Io vado avanti e indietro, tra la cucina e il portico, sistemo i piatti di porcellana bianchi che ho preso direttamente dalla lavastoviglie e scorro lo sguardo sulla piscina subito dietro al pergolato.

Con movimenti lenti sistemo i bicchieri e continuo a voltarmi per osservarlo.

È davvero un bell'uomo, non posso negarlo. Saranno le spalle larghe, i muscoli tonici ma non esagerati, le mani, i polsi. No, non saprei dire cosa mi piace di più di lui.

Presa dai miei pensieri sbatto con più foga la bottiglia di Chardonnay bianco che lui mi ha passato, dopo averla presa dal frigo, rischiando di romperla.

Lo vedo attraverso la vetrata girarsi dando le spalle ai fornelli e appoggiarsi alla cucina con un sorriso stampato sul viso. Con il cucchiaio di legno mi indica la padella e seguo il movimento delle sue labbra, ma non capisco, quindi rientro.

"Sono del mio orto" dice continuando a indicarmi i pomodorini e il basilico.

"Dai, fantastico, fai l'orto?" gli chiedo guardando la zona del giardino che lui mi sta indicando.

"Sì, vieni, ti mostro" dice abbassando la fiamma del fornello e guidandomi oltre il portico, mi mostra impettito un quadratino di terra rossa in cui spiccano un ciuffo di prezzemolo, due piante di basilico e quattro cespugli di pomodorini gialli.

Un'aiuola ... penso osservando il suo viso illuminato dalla soddisfazione.

"Beh, siamo quasi in autunno, è rimasto poco, prima avevo anche dei peperoni" dice come se avesse intuito i miei pensieri.

ERA AGOSTO 2001Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora