Capitolo 17 - Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza

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Sento le palpebre pesanti e non riesco ad aprire gli occhi.

Le mie braccia sono bloccate e non posso muovere la mano sinistra.

Mi sembra di essere stata travolta da un trattore.

Mi fa male tutto, soprattutto lì.

Il mio cervello prova a mettere in ordine i pezzi, ma è come se fosse intorpidito. Come flashback mi appaiono immagini confuse di me e Michael che mi creano ancora uno stato di subbuglio ed eccitazione incontrollata.

Di una cosa il mio cervello mi da certezza: è stata una lunga notte di passione.

Riprovo ad alzare le palpebre, finalmente apro gli occhi e vedo un comò. 

Ne scorgo il profilo di legno marrone lucido e le maniglie di bronzo, nonostante entri solo una flebile luce dalla finestra che intravedo con la coda dell'occhio, a sinistra.

Annuso il profumo di sandalo sulle lenzuola fresche e percepisco il calore di Michael alle mie spalle.

Cri cri cri cri cri cri sento il frinire delle cicale, sembrano impazzite.

Ora il braccio è più leggero e la mano è libera, mi sento accarezzare la pancia.

Richiudo le palpebre e resto immobile per continuare a godere della percezione di completezza che sento accanto a lui, sperando, così, di far durare questo momento all'infinito.

Driiiiiiiiin... 

Michael si stacca da me e ruota su se stesso per spegnere quella maledetta sveglia, mi volto verso di lui.

"Buongiorno" mi sussurra sorridendo.

Gli sorrido a mia volta. "Buongiorno" sussurro anche io.

Abbasso gli occhi, sento l'imbarazzo causato da tutto quello che abbiamo fatto la scorsa notte.

Michael si alza. "Mi dispiace, dobbiamo andare. Devo essere a pranzo dai miei alle tredici"

"Nessun problema" gli dico, ma sento una stretta allo stomaco.

Raccolgo i miei vestiti sparsi per la stanza, il pantaloncino a pinocchietto verde oliva e la maglietta bianca.

"Credo che questa sia tua" Michael mi porge qualcosa.

"Sì, è la mia cavigliera, grazie!" dico sbarrando gli occhi e prendendola dalle sue mani. "Peccato, si è rotta" aggiungo vedendo che il filo di argento è irrimediabilmente spezzato. Mancano anche i pendenti bordeaux. Mi avvicino al letto e guardo tra le lenzuola, ma ne trovo pochi, chissà dove sono finiti gli altri.

"Andiamo, ci fermiamo per strada a prendere un caffè" lo guardo ed è già vestito, ha messo una maglietta bianca e un jeans sbiadito.

***

"Buongiorno Luana" dice Michael alla tipa dietro al banco del Bar del residence in cui vive.

"Ohi guarda chi c'è! Ieri sera ti abbiamo dato per disperso..." risponde fissando Michael imbronciata.

Mi sento rivoltare lo stomaco per come lei gli ammicca e cerca di accarezzargli la mano.

"Liv, un caffè, un cappuccino, cornetto?" mi chiede Michael.

"Solo un caffè, grazie" rispondo avvicinandomi a lui e cercando di parare le occhiatacce della tipa che mi fissa con astio.

La guardo, ma non provo odio verso di lei, che ne so di chi è e cosa c'entra nella vita di Michael, io sono arrivata ora e non sono di certo entrata nel suo mondo, forse mi ci sono appena affacciata.

ERA AGOSTO 2001Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora