5. strano il mio destino

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«Ciao ma'» esordì Livia, osservando fisso lo schermo del cellulare davanti a lei, che ritraeva la figura di sua madre. La donna era stata chiamata dalla figlia e aveva risposto dopo qualche squillo, colta di sorpresa durante una intensa giornata lavorativa: «Non mi aspettavo una tua chiamata, hai il permesso di farla?»

«Ma certo, non preoccuparti. Come stai? A casa va tutto bene?» incalzò la bionda.

La madre rispose con poche parole che a casa procedeva tutto nella norma. Lei e suo marito erano colmi di lavoro e a stento avevano il tempo di prepararsi da mangiare.

«Hai visto il mio ingresso nel daytime? Lorella mi ha dato piena fiducia e mi ha già assegnato un paio di cover...»

«È meraviglioso, tesoro» la interruppe la donna, che continuava a guardarsi intorno come a voler trovare una continua conferma di poter parlare con la figlia.

Livia guardò il volto asettico di sua madre e smise di parlare.

«Scusa, Livia. È che mi hai colto in un momento campale... sto lavorando».

«Ma sì, perdonami... d'altronde sono le nove di sera, è normalissimo trovarti ancora in ufficio» rispose sarcastica la ragazza.

La donna la guardò mesta, mentre la figlia si rassegnò a chiudere la videochiamata accampando una scusa dell'ultimo minuto.

Il rapporto tra Livia e i suoi genitori Anna e Riccardo non era mai stato all'insegna della normalità. Erano tre persone completamente diverse: espansiva e solare lei, distaccati e seri loro. E, anche se non lo avevano mai ammesso ad alta voce, faticavano ad approvare al cento per cento la passione di Livia per il canto. La ragazza era praticamente quasi cresciuta da sola, sapeva cosa volesse dire prendersi cura di una casa, lavare i piatti, cucinare; i suoi genitori erano sempre in ufficio, lavoravano instancabilmente e qualche volta persino nei weekend. L'ultimo ricordo che ha di una giornata passata insieme in famiglia risaliva a circa sei anni prima. Quando era piccola, veniva lasciata spesso in compagnia dell'unica nonna che aveva. Livia ricorda ancora le giornate insieme passate a fare i biscotti alla cannella, in attesa che i suoi genitori venissero a riprenderla per portarla a casa dopo una giornata di scuola. Quando morì, la giovane aveva solo undici anni, i ricordi ci sono ma talmente sbiaditi che presto dovette fare i conti con il vuoto incolmabile che provava ogni qualvolta che vedeva i suoi amici in compagnia dei nonni, che sono la cosa più preziosa che una persona possa avere. I suoi genitori si rifugiarono nel lavoro, ancora più alacremente di prima. Vivevano praticamente di quello e le cose non erano cambiate con gli anni. Dopo quella breve (non) conversazione con sua madre, la giovane romana si buttò a peso morto sul letto e fissò a lungo il soffitto. Mancavano un paio di giorni alla registrazione della nuova puntata e il solo pensiero che si sarebbe esibita in una gara cover per la prima volta nello studio pieno di gente e con i suoi compagni dietro a guardarla, le procurava una gioia immensa mischiata a una sana ansia da prestazione. Aveva bisogno di sfogarsi e dare un senso a tutte le ore passate in sala a studiare.

«Ehi piccolina» sentì improvvisamente chiamarsi. La sua compagna di stanza Rita fece capolino dalla porta, sfoggiandole un dolce sorriso. «Tutto bene?»

«Ehi Rì... sì, diciamo di sì» rispose la romana, inginocchiandosi sul letto e intimando con un gesto alla sua amica di sedersi accanto a lei.

«Sicura? Questi occhietti non la pensano allo stesso modo» la incalzò la ballerina, accarezzandola in viso.

«Ho sentito mia madre poco fa...»

«Successo qualcosa di grave?» chiese allarmata Rita.

«No, no assolutamente. È che io e lei abbiamo un rapporto un po' particolare. I miei non sono proprio i tipici genitori da cliché, pensa che l'ultima volta che ho ricevuto un loro abbraccio è stato dopo l'esame di maturità questa estate».

𝐫𝐚𝐯𝐞, 𝐞𝐜𝐥𝐢𝐬𝐬𝐢 ☽ | Amici22Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora